Marine Aci

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IncoÞeO/nð:
La T¡mpaCiAcireale a S|rapiomboSulmare
vistada//azonadiAcquegrandi
(|otoO. va/enti)
Anno I nO 3
Aprile-Giugno 2000
Supplemento ad Ali Dorate
Reg. Tribunale di Catania nO 6/2000
Editore
Associazione AGORÀ
Via Roma, D' b/ - 95025 Aci Sant'Antonio (Cf)
Fax: 095/535750
Direttore editoriale
Santo Bella
Direttore Responsabile
Orazio Valenti
Stampa
Tipo-litografia Kennedy - Acireale
W2ÛÛÛ
Riproduzione anche pariale severamente vietata senza
1·.utoriUilone scritti dell·Editore.
Gli articoli contenuti In quelta rivi.ta
6ODO libere acelte redulli.
Aicoli, maoo"ritti, totoe alto material, Inviato In redulone,
non saæreltltuito aoche se non pubblicato.
SOMMAO
¯
pag, 4 ... Lettere in redazione
pago 6 ... Ivan Castrogiovanni
LOnordo V uo ed t/ monoScrttto Su/ 'ªó
pago 1W ... Fernando Mainenti
Guro d C n• "Üm Stotu e ÏU¨
pago I4 ... Saro Bella
L ddeSo de//e mortne dt¬t [Sec. Xvl- XI)
pago 22 ... Santo Castorina
1 ustoromoneSu/ oSte//o dt¬ct
pago 26 .. , Margherita M,D, Bottino
000 ¬cuegrondt. Uno pmpoSto dt /etturo orc
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pago B1 ... Gaetano Lo Monaco
Un tntZtoto Stt/tono. Htco/o GtuSeppe Spedo/tert
pago B4 ... Orazio Valenti
Io 7orre dttmpedoc/e
pago B8 Giuseppe Cultrone
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. pago 42 ... Domenico Bella
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_ � pag, ... Giovanni Cavallaro
" So/tne//e: ueSte SconoSctute
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pag, õU ... Giorgio Anfuso
L`eSempto de/porto dt Scog/tttt
Acque, ruote e mulini
nella terra di Aci
Uí >t0 Ü0ll&
Mentre Il presente numero della rivista Ê In stampa.
apprendiamo la notizia che Il libro di Sro Bella: "Acque.
ruote e mulini nella terra di Acl" Ê stato premiato dal Llons
Acese con Il prestlgloso premio "Augusto Alon",
L
'autore. che collabora con la nostra rivista. proprio in
questo numero pubblica un interessante .vticolo IvO/
l8
Im.
Il libro ha riscosso lusinghieri successi di critica e di vendite
tamo che solo poche copie restano ormai sui i banchi delle librerie
di Aciredle in attesa degli uhimi lettori. l'opera. pogiandosl su
una estes Ddocumentale quasi del tutto inedita racconta. con
stile asciutto ed acattivante le vicende delle rsorse idriche del
territorio Acese.
Non C la sola Acireale ad essere interessata daWaccurata
indagine, tutti i centri dell'hinterland: da Catania ad Aclcatena, ad
Acltreua. da Reitana a S. Venera. a (aporulini ad Adplatani ecc.
ACQ\L,RUO1LLMUL¡
-cu�LI AC1
V
vi trovano menzione e spunti storici che permettono una visione "diversa" di una storia locale solo da poco tempo
sottratta ad un metodo fortemente condizionato da un acceso campanilismo di stampo ottocentesco,
Proprio il trattare la storia locale al di fuori degli angusti ambiti localistici Cuno del temi d'Interesse dell'opera, Le
vicende SlOriche locali sono, infarti, inserite in contesti di più ampio respiro con i quali costantemente si raffrontano alla
ricerca di similitudini, di dlverslt:, di peculiarità, di caratteristiche che alla fne fanno assumere alle stesse quella
prospettiva, quella tridimenslonalità, che d: loro senso e signifcato,
Ma non E il solo tema di interesse di quest'opera che pur muovendosi intorno (e l'Intorno molte volte assume
corpose ed utili estensioni) al lungo (ben Ó anni) Þ|orosodell'acqua, dei suoi usI. delle lotte per il suo controllo,
toca temi di p.micolare interesse per una storiografa acese troppo avveua a muoversi per I consueri e tranquilli tragitti
da tempo tracciati dai suoi "mostri sacri", Alla cduta proprio di questa "sacralità", all'uscire dai confni segnati.
all'esplorazione di "buchi nerr, al percorrere strade nuove e poco esplorate, il libro del Bella pora un concreto contributo,
il tutto, si badi bene, saldamente ancorato con assoluto rigore metodologico ad una D documentale ed a ricerche su
quanto esiste di già pubblicato surrargomento di notevole portata.
Alla fne, come dice l'autore nell'Introduzione, Il libro: "permette di Individuare e comprendere nodi e strutture di
una storia che C ambientale, economica, fnanziaria. demografca, istituzionale e della cultura materiale del nostro
territorio" e, aggiungiamo noi, traccia con acute rfessioni: la genesi della tr�esla acese, i rapporti con la vicina
Catania, la dinamica dei nuclei popolati del terrtoro, le vicende di alcune famiglie egemonI.
Tra gli altri un tema cl appare particolarmente interessante, ci riferiamo alle vicende della famiglia Riggio che per
oltre I DÛanni ebbe in dominio fudale gli attuali comuni di Aci Catena, Aci S. Antonio, Valverde e Acibonaccorsi. Saro
Bella nel libro come, peraltro, affrma in una nota. ci dà delle anticipazioni di un altro lavoro che da lungo tempo ha in
corso sulla famiglia. Quelle che l'autore chiama "anticipazioni" ci danno notizie di prima mano sulle vicissitudini di ben
cinque generazioni di questa famiglia la cui conoscenza sino ad ora È stata inversamente proporzionale alla sua
importanza, L'autore ne segue le vicende in ambito europeo stabilendo nessi e connessioni utilissimi a spiegarci gli
accadimenti locali. Ila sua non Csemplice storia di eventi ma soprattuno storia di persone con talvolta, quando la D
documentale glielo consente, una sonile introspezione psicologic. Vengono cosl a galla I personaggi umani. I loro
pregi. le loro debolezze, I sentimenti, le ambizioni non sempre nobili. che spiegano gli eventi, peraltro cllocati In un
COntesto Storico adeguatamente tratteggiato.
Sono questi personagi a tutto tondo (da Vito Amico al Marchese di Casalotto, dagli Aragona al Velasquez ecc.) a
mitigare le asperità di una storia erudita ed ad attrarre i comuni lettori confortati tra l'altro dalla considerazione che in
fondo i personaggi. le logiche ed i meccanismi del potere restano uguali nonostante lo scorrere del tempo.
Se la corposa [rte dedicata al Riggio Csolo un 'anticipazione. siamo curiosi di sapere cosa CriselVa ancora l'autore.
Î si! Í indubbio che Saro Bella ha in serbo qualcosa d'altro, lo si legge in fligrana in tutto il suo lavoro e lo confessa
l'autore esplicitamente in alcune note dove. destando ad arte la nostra curiosità, ci lascia col fato sospeso,
Per concludere ci viene in mente una frase contenuta nella presentazione curata dal preside Alfnso Sciacca, - uno
dei punti di rifrimento della "nuova storia" acese" che a nostro giudizio felicemente descrive il libro ¶ÌÌ libro di Saro
Bella apre uno spaccato Interessante su circa sei secoli di storia con una chiave di lettura nuova e suggestiva •.
ÍBÑ0OÆf0O0
BTOHIB LOCBLÑ

La difesa delle marine di Aci
OI
H0r
1BÎÎ0
• AOORÀ
(sec� XVI�XVIl
A
ci omegliola lÚradiAci (olaci),
come veniva chiamalo il vasto ter­
ritorio adesso di pertinenza di ben
sei comuni, agli inizi del '500 era solto il dominio
baronale di casa Mastrantonio.
Salvatore, terzo barone della dinastia,
goverava, non senza qualhe affanno, il vaslo
territorio che, adagialo sul mare Ionio tra Catania
e la contea di Mascali, trovava a monte il suo
limite nella strada che univa i casali del bosco
di Catania e che, una volta costeggiate le
bllcche dello foeo poco dopo Vi agrande,
lirava finajta firwj/a per Fieri, per poi,
attraversando il bosco di Aci, incunearsi dentro
il passo del Pmo cinto di strettissimi alberi
ed asprissimi sassi brugiatj, scendere di quota
verso BOflgiardo, giungendo a Mascali, da
dove proseguiva verso Fiumefreddo Taormina
e Messina(l).
Lpopolazione poco numerosa, tanto che
nel censimento del 1501 raggiungeva a
malapena i 350 fuochi (famiglie), come dire:
aggiungendo vidue, miserabili ed evasori circa
3/4 mila persone, si trovava sparsa nei casali
disseminati all'interno del bosco che, pur
rimaneggiato dall'incessante colonizzazione,
dominava incontrastato il territorio restando
ancora lussureggiante nella parte settentronale,
dove si saldava con il bosco di Mascali.
Ldenominazione di taluni piccoli abitati,
Scarpi, Casalotto, Bonaccorsi, Ptanei, Vattiati,
Reitana. Musumeci, Sopramiano ecc. tradiva la
loro origine. Erano, infatti, nati per progressiva
espansione d'originari nuclei familiari che,
ottenute in censo del barone o della chiesa
piccole estensioni di terreni incolti
prevalentemente boschiv, v avevano costruito
le loro semplici dimore. Dimore che, lungo lo
scorrere degli anni, si erano moltiplicate per
alloggiare una sempre più numerosa
discendenza. Taluni vllaggi, i più vecchi, persa
col tempo la loro connotazione familiare, si
riconoscevano nel santo cui avevano dedicato
la chiesa (S. Mara di Belverde, S. Giovanni La
Punta, b Filippo ecc). A|n, per l o più posti
vicino al mare, erano nati durante i primi
decenni del 1100 come diretta derivazione di
priorati rurali dei benedettini di S.Agata di
Catania che in applicazione della regola "ora et
labora" avevano disseminato le pendici etnee
di insediamenti pionieri (Sant'Anna, Santa
Tecla, Santa Mara di fu Pccillu di Jaci, Sancto
Greari di Yachi).
Niente d'eccezionale comunque, piccoli
villaggi che agli inizi del '500 avevano trovato le
risorse per costruire una chiesetta alla quale,
come pulcini attoro alla chioccia, si erano
addossate, quasi a chiedere protezione, le
rustiche dimore. L fertilità dei luoghi aveva
contribuito ad incrementare il numero dei
villaggi tantodafar dire: [. . . lÈmoltve nesono,
(villaggi) anzi t u Ili tra il Bosco cinti di
amenissimi giarini di ogni sore di flli, con
tanta temperanza dell'aere, che vermente si
può stimare un paradiso di delizie o peretua
pn'mavera; e quefi, che sono verso Mongibelfo
per lo pare, che guarda a mezzodì dalla strada
in su, sono della giurisdizione di Catania. l
perché così quelle di Giaci (per JacO, come
queste, sono vile una distante daf'afra tra il
bosco con amenissimi giarini e vigne, donde
presero 0 nome le vigne di Giaci e le vigne di
Catania ed i popoli vigneri . .. J'''
Per la sparuta popolazione che
contenevano, nessuno dei casali riusciva a
prevalere sugli altri. Gli abitanti dediti
prevalentemente alla coltivazione delle vigne,
del lino, alla produzione della seta, alla
pastorizia trascorrevano l a loro vita nei
minuscoli vigneti o dentro il bosco dove in
alcuni mesi dell'anno avevano il pennesso del
barone di coltivare il lino. Ldistanza ed il duro
lavoro giornaliero non davano eccessive
opportunità di incontro ed ogni casale viveva,
pertanto, autonomamente i propri destini.
Il centro amministrativo e politico della
Terra, il vecchio castello di Aci, con il vicino
borgo racchiuso da mura oonai in larga parte
in rovina, torreggiava il mare come un triste
sparviero tenacemente appollaiato sulla nera
rupe basaltica. Borgo e castello oltre ad
alloggiare il barone quando stazionava nel
feudo, accoglievano le struUure di governo e
controllo dell'intera lerra.
La posizione del vecchio maniera,
eccentrica rispellO al territorio di Aci, nonché la
nuova "arte della guerra" che nella plvere da
sparo, nelle bombarde e nei cannoni stava
trovando anni ben più micidiali di quanto non
fossero spade, fecce ed alabarde, avevano già
reso meno utile il castello pronosticandone il
lento ma inesorabile degrado.
Pr il castello: non più re, regine e potenti
non più lunghi assedi, veloci scorribande,
misteriose secrete, magazzini pieni d'arme,
for.ieri ricolmi d'oro dei tempi degli Alagona; il
lento emergere di crep, rughe, crolli pian piano
devastava, come dviso di una bella donna sotto
l'impietoso incedere del tempo, il bel Îiero
ricco di storia e di lugubre fascino.
Pur se il castello innegabilmente rappre­
sentava il luogo del potere, non era certo il
centro della vita sociale della Terra. Un'altra
località aveva assunto col tempo una
importanza economica e sociale considere­
vole, tanto da rappresentare per un lungo
periodo il centro vitale di tulla la Hdi AO.
J:ac<ua presente in gran quantità aveva
detenni nato la forzata localizzazione d'impianti
adibiti al suo sfruttamento, e così tra Reitana e
Capo Mulini lungo il corso dei secoli erano sorti
svariati opifici: dai mulini per la molitura dei
grani, ad un esteso impianto adibilo alla
lavorazione delle fibre di lino denominato
Mangarwria, a macchine idrauliche quali
gualcherie, riserie, segherie ecc; opifici che dal
sin dal Trecento e sino a tullo l'Ottocento,
sappiamo esistenti in Licontrade(31.
I luoghi avevano oltre all'importante
valenza economica anche una funzione
sociale. Gli abitanti della terra costretli da
angherie baronali a macerare il lino nelle
gume (fossi pieni d'acqua) si ritrovavano Ira
luglio ed agosto nella zona della Manganaria
dove, nell'attesa che il lino completasse la
macerazione, socializzavano tra loro.
Paradossalmente le imposizioni baronali
che costringevano gli abitanti a fre<
l
uentare la
M(mganOlia (il barone vi percepiva decima
ed altri balzelli su tullo il lino coltivato nel
bosco di Aci) dava opportunità di scambiare'
informazioni, notizie, idee, comuni
aspirazioni. I popolani si trovavano così
sovente a raggiungere un'unione d'intenti che
certo non giovava al barone essendo spesso
rivolta verso l'emancipazione da un potere
Ô··
BTOH LOÆ
signorile a volte arrogante quanto tracotante.
J
ra la Reitana e La Manganaria esisteva
pure un piccolo agglomeralo di
carattere religioso. Tra i ruderi di un impianto
tennale d'epoca romana era sorto, nei primi del
'300, un ospedale. Si trattava di un hopitium,
costruito dalla chiesa catanese di S. Venera, che
sfruttava le peculiarità d'alcune polle d'acqua
sulfurea per curare malati, poveri e viandanti.
Una piccola cappella edificata vicino
all'ospedale, anch'essa dedicata a S. Venera,
veniva utilizzata dai fedeli per implorare la salute
del corpo e dell'anima(4).
Il luogo aveva assunto rinomanza ed
attirava fedeli i n gran numero: in particolare
durante la festa della Santa che vi si svolgeva il
26 di luglio. L:amuenza d tanta genie, favorita
dal priodo in cui i lavori dei campi diminuivano
consistentemente, consentiva lo svolgimento,
oltre ai dovuti festeggiamenti in onore della
Santa, di ben più prosaiche attività. ¼avevano
luogo, infatti, una miriade di piccoli commerci,
affari, scambi e traffici va, tanto che nel 1422 il
buon Alfonso V d'Aragona, che di commerci e
traffici se ne intendeva dawero, autorizzò,
durante quindici giomi e con inizio otto giomi
prima della festa di Santa Venera, 1O fiera che
attirò nei luoghi ancor più mercanti e venditori.
Per i bravi abitanti della Terra, la fiera era
utile a sbarcare il sempre magro lunario.
Erano tempi difficili e si faceva fatica tra
sommovimenti, epidemie di peste, e carestie,
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BTOH LOCÆ
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1utrÞ1 U1l 1DZ1
non dico ô condurre una vita decente, ma
anche a soprawivere.
In quel primo scorcio di secolo, alle
ordinarie difficoltà di sussistenza si era anche
aggiunto il pericolo dei Turchi che, non solo
puntavano a fare razzia di beni ma, sovente e
volentieri catturavano gli inermi abitanti delle
terre depredate per vcnderli come schiavi nei
mercati magrebini.
Era una fiorente attività da tempo
effelluala senza eccessivi scrpoli anche dagli
"infedeli", come gli islamici chiamavano i
cristiani, confermandoci, ave ve ne fosse
ancora bisogno, come lulla C relativo al
proprio punto di vista. Tale intenso traffico
portava ad un "jnlerscambio commerciale" di
notevole entità che, al solito, arricchiva taluni
commercianti delle opposte schiere e che, in
ultima analisi serviva solamente, a parità di
nussi, a "calmierare" ulterionnente il già irrisorio
costo del lavoro.
Certo, per il popolo siciliano non era una
brillante prospettiva rischiare giomo per giomo
di morire per "ordinaria amministrazione" o per
invasione di turchi, corsari e barbareschi e
pertanto, si badava a frequentare poco o niente
i lidi della costa dove anzi si collocava qualcuno
dei più coraggiosi per vigilare ed avvisare in
tempo spiacevoli visite.
Una di tali, sicuramente poco gradite visite,
interessò nel 1521 i nostri luoghi:
Quando vinniro li fusti a la Manganaria
Item nola comu in lo anno prediclo (1521)
de mense julii die vero XVII mensis
eiusdem, die jovis de mane ad hura di
malulini, in lo territorio di Yachi in la
contrata chamata di li Molina et di ÌO
Manganaria calaro chinco fusti di Turchi et
a la dieta hur misiro in terra di la banda
chamala Santa Anna certi Turchi, el li fusti
vinniro in lo porto di li Molina et li Turchi
fichiro terracsania et vinniro in li Molina et
Manganaria beni in ordini, et prisiro multi
genti et danni et piculilli per fina a numero
di trentatr pirsuni vel circa, et per fino a sei
altri amacsaro infra homini et fimmini, et
di li Turchi lu ammacsato uno. Li altri si
inbarcaro cum la prisa. Di la qualcosa
venendo nova a la gitati di Calhania mulli
pirsuni a cavallo el a pedi andar per dari
assicurso, ma non li valsi pirchi di
continenti si inbarcaro el andarosindi,
verum chi inanli alcsaro una bandera per
voliri fari reca ciii o, ma non loru di
aecordiu. '
Con queste poche righe il notaio catanese
Antonio Merlino (lo stesso che dieci anni
dopo avrebbe redatto l'atto che sanciva la fine
del dominio baronale e la reluizione al
demanio della Terra di Aci) ci ha tramandato
la nuda cronaca di un episodio, signifcativo
per la storia di Aci, che merita qualche
considerazione.
A prima vista può sembrare una delle
tante incursioni di cui C costellato il lungo
Cinquecento siciliano, ma non lasciamoci
ingannare dalle apparenze: l'episodio merita
sicuramente un utile approfondimento.
Si potrebbe pensare, come inconscia­
mente si Cportati, a considerare occasionali le
incursioni di turchi e pirati, vale a dire che i
predoni non avessero normalmente un
obiettivo preciso ma che si regolassero
secondo opporunità, o necessità. Questo,
sicuramente per il nostro caso, non C per
niente vero. I non graditi ospiti conoscevano
bene i luoghi e i sistemi di difesa, lo suggerisce
con sufficiente chiarezza la strategia usata.
hi conosce i luoghi (gli altri si devono
accontentare della cartina di cui alla
fg. 1) sa che, l'insenatura di Sant'Anna è
collocata poco prima dell'approdo di Capo
Mulini e che, la stessa risulta pressoché
invisibile da un posto di guardia posto
lateralmente all'attracco del Cal. I cinque
fusti sbarcarono i predoni proprio in tale luogo
perché erano sicuri di non essere awislali. Le
modalità dell'attacco sono, infatti,
caratteristiche di un'azione di sorpresa
effettuala da un nemico che conosceva bene
luoghi, punii di awistamento e caratteristiche
del territorio. Anche le imbarcazioni usate, i
fusti, vascelli a remi più piccoli e quindi più
agili delle galere, erano funzionali al l a
strategia, pennellevano, infatti, di manovrare
con maggiore facilità sotto cQsta,
destreggiandosi agevolmente tra scogli ed
insenature che, da parte loro, contribuivano
a rendere molto difficoltoso l'awistamento.
ll luogo dello sbarco -il promontorio di S.
Anna- permelleva, peraltro ai Turchi, di non
essere visibili da parte di vedelle localizzale
nella vicina insenatura di Capo Mulini, mentre
la rapida azione d'aggiramento da S. Anna
verso l'entroterra servì a tagliare le vie di
comunica-zione impedendo che fosse dato
l'allanne. Le vedette situate a CaI Mulini si
videro così strette tra i vascelli che, una volta
sbarcati gl i armati a S. Anna, erano
velocemente entrati nello sC(r e la
retroguardia della piccola armata che,
verosimilmente, li neutralizzò tanto facilmente
quanto velocemente. L'obiettivo era
l'agglomerato dei mul ini collocati poco
distante dal Capo e la zona della ManganOia,
come abbiamo visto in quel periodo dell'anno
molto frequentata; ma era soprattutto i l
pianoro antistante S. Venera al pozzo, dove
erano in corso gli apprestamenti per l'annuale
fiera di S. Venera e dove, Cprobabile, erano già
numerosi i mercanti ale prese con j preparativi
per poter l'indomani iniziare scambi e vendite.
Le loro mercanzie ed i loro denari erano i l
bersaglio principale dell'assalto.
In funzione dell'obiettivo anche il gioro
dell'incursione venne quindi accuratamente
scelto. Il ί luglio, giorno che precedeva
l'inizio della fiera, se da una parte, infatti,
assicurava già di trovare mercanti e
mercanzie, scongiurava dall'altra, la presenza
di un numero consistente d'uomini validi alle
armi, la cui reazione poteva sicuramente
rendere molto più difficoltosa l'impresa.
Anche la quantità d'armali impiegati
nell'incursione C significativa, infatti, le circa
¿üü unità utilizzate erano sufficienti a
controllare oltre all'inenne popolazione che
comprendeva donne e bambini usuali
frequentatori dei lavatoi della zona, anche le
poche persone armate in quel momento
presenti nei luoghi.
Vincursione fu abbastanza veloce, tanto
� BTOH LOCÆ
in ogni caso da impedire æcittadini di Catania
di accorrere in tempo. Il fatto che ad
intervenire furono i cittadini di Catania, peraltro
relativamente distanti dai luoghi, la dice lunga
sulla precarietà dei sistemi di difesa della 7erra.
Nessun casale raggiungeva il numero di
popolazione adeguato ad una risposta difensiva
efficace, né tantomeno il barone manteneva un
numero di militari così numeroso da poter
contrastare lo sbarco della piccola annata, C
probabile, peraltro, che tra le sei vittime
dell'incursione vi fosse qualche sgherro del
barone intento a controllare l'esazione dei
balzelli che alla Manganana si efettuava.
Così gli aiuti provenienti da Catania, giunti
qualche ora dopo l'incursione, non poterono
che assistere impotenti al veloce disimpegno
dei navigli nemici che si allontanavano
indisturbati dopo aver richiesto Ca chi?)
un'improbabile trattativa per il riscallo dei
poveri prigionieri.
Vassallo a CaI Mulini non fu un'azione
isolata. Qualche anno dopo Þla volta del cas"le
di Mascali, non senza, comunque, una
successiva fugace visita a Capo Mulini:
Di ii fusll vlml/m in lo casale di Mascali
ltem nolo como In anno prediclo AlU
indicionis IôZ4. de mense seplembrls
d/e ver 7 mensis eisdem dle veneris
de mane, in lo casale di Mascali ca/aro
(idiclrl fusli di Turclli el mlslro In lerra
circa quallroclrenlo pirsuni lo molino
all'arburl, el mldar fino a Iucasali, cir­
ca m/gla dui inlro lerra el prlsiro infm
Ilmllll domI; el plclll/lii circa oclallla
plrsuIII. El declli scapparo, prlslro etio",
Iucla lo roba, di modo chi diclo casali si
disabitao, el da poi inbarcati, v/lllliru a
lu porlll di li Mulina di Yachi sellcza
pagura alcuna, slectiro surli per fi llo a
la lIocli el poi silldi alldar, dicjiallo a/­
CUlli antichi chi ma; a lai loco vimliro
fusti.!')
Doveva ancora trascorrere mollo tempo,
prma che Capo Mulini trovasse più efficaci
forme di difesa, nel frattempo divenne un
bers"glio potenziale dei raid turchi che però
non riuscirono più a sorprendere con la stess.
facilità i frequentatori dei luoghi vicini al
pericoloso scalo. II ritoro al demanio della
!?rO dtAct permise, infatti, di destinare alla
difesa del territorio, ed in particolare dello
8chOr principale di Capo Mulini, notevoli
risorse economiche ed una maggiore
attenzione. Anche la funzione strategica della
Sicilia nel frattempo mutava, diveniva questa,
infatti, base di importanti operazioni militari.
AOORA •
C AOORÀ
Munita di nuove fortificazioni, progellale
secondo i più moderni principi dell'ingegneria
militare ed in grado di resistere alle anni da
fuoco venne pÏesidiat a, in quel tempo, da
contingenti spagnoli composti da migliaia di
soldati, mentre i suoi pori, adeguatamente
rinforzali e protetti, accoglievano flotle
composte da centinaia di imbarcazioni colme
di soldati e marinai pronti a partire per le
svariate imprese militari in Africa, nel Levante,
a Napoli. I bravi siciliani non seppero chi
temere di più, se le ipoteliche ed occasionali
razzie turche, o le ben più reali e continue
vessazioni cui erano sottoposti dai "salvatori"
spagnoli. Tanto che spesso, forse
rassegnandosi al male cercavano di liberarsi
con la forza del rimedio, dando vita ad
improwisc quanto cruente rivolte che spesso
Iortavano a carneficine da ambo le parj(1J.
Ne sanno qualcosa gli abitanti della Terra
di Aci, che nel 1570, esasperati per i ripetuti
soprusi, reagirono contro i soldati spagnoli
forzatamente alloggiati nei loro casali ed in
men che non si dica ne fecero macello.
Pgarono un altissimo prezzo in sangue ed in
denaro: ben diciassette di loro vennero
impiccati e le loro leste inviate a Palermo
servirono di macabro monito per tutti i
siciliani. Alla fine, solo un'ingente somma che,
peraltro, gravò sulle casse comunali per ben
Ire lustri, riuscì a calmare la sele di vendetta
di una giustizia più che mai cieca.
L
a vittoriosa battaglia di Lepanto (1571)
�e la successiva perdita di Tunisi (I 573)
significarono lo spartiacque per le grandi
imprese nelle acque del Mediterraneo· non
più grandiose azioni militari, non più micidiali
scontri tra centinaia di navi, non più costose
quanto effimere conquiste africane, ma da
allora solo operazioni di basso profilo, di
�polizia di mare" che servivano ad allentare
la presa dei mussulmani su una Sicilia ormai
sprovvsta di contingenti stranieri e soprattutto
di munite nottelSJ•
Sino a quando nel 1581 Turchia e Spagna,
consigliate da altre più pressanti faccende,
concordarono una tregua che ripetutamente
rinnovata sand, di fatto, la fine del confronto
cristiano-mussulmano. Da allora le forze
presenti nel Mediterraneo vennero
gradualmente ritirate per essere impiegate, le
turche, contro la Prsia, e le spagnole sul fronte
atlantico e nord-europeo.
[I Mediterraneo, lasciato dalla grande
guerra, scivolava così nuovamente verso quella
"guerra inferiore" - come è stata definita la
piratera - che lo avrebbe travagliato ancora per
diversi secoli. Pr dirla con 8raudella grande
storia abbandonavo il Medile"aneo(�).
Cerio per i siciliani, se la grande storia
significava soprattutto lunghe e sanguinose
guerre, l'essere abbandonali, tullo sommato,
non li rattristò più di tanto. Costituì invece un
gravoso fardello, l'endemica pirateria che
danneggiava i tramci mediterranei ed impediva
il commercio con la riva africana del
Mediterraneo, tradizionale e redditizio mercato
di riferimento dei siciliani. Da allora l'isola fu
terra di frontiera: colonia dimenticata di un
Imlero, quello spagnolo, in lenta agonia.
Da quel momento la difesa dell'isola gravò
essenzialmente sui siciliani mentre, da parte
loro, i turchi si servivano per la guerra di corsa
di pirati e barbareschi. Dovette così
necessariamente nuovamente mutare la
strategia difensiva dell'isola che da allora si basò
su un triplice sistema integrato di torri
d'avvistamento, di milizia territoriale e di
cavalleria leggera. I posti d'awistamento, sparsi
su tutto il litorale dell'isola, erano noralmente
fonnati da quattro uomini, avevano il compito
in caso di scandalo di inimichi di segnalare la
loro presenza ale stazioni successive tramite
fuml di jOlu e foCI di nocti mentre alcuni
soldati a cavallo davano l'allarme alle milizie
territoriali(,ol. Avveniva spesso così un
�grazioso minuetto" tra torri d'awistamento
e milizie armate che da terra, individuate le
imbarcazioni corsare, ne seguivano il
percorso marino passandosi torre dopo torre
i segnali d'allarme e abitato dopo abitato la
vigilanza ed il presidio del proprio territorio,
mentre dall'allra, in mare, il naviglio nemico
costeggiando cercava l'approdo favorevole
per sferrare l'attacco.
Tali UballetW certo non costituivano un
sano e apprezzato divertimento per la
popolazione giacché, particolarmente nel
tempo in cui il mare era propizio, sovente per
oltre sei mesi l'anno, ricorrenti erano gli allarmi
e pesanti i costi sostenuti da una popolazione
che doveva abbandonare luoghi e lavori
agricoli spesso per svariati giori.
Per difendere il loro territorio gli abitanti
dell a Terra di Aci erano costretti a presidiare
un litorale lungo ben ventiquattro chilometri,
per ci ò fare utilizzavano sette punti
d'awislamenlo. Tali Iosti di guardia, dapprima
costituiti da piccoli casotti di legno e 11glia,
nel 1627 furono forificati con la costruzione
di garitte di robusta muratura. Le garitte
alloggiavano quattro uomini che si
alternavano nella vigilanza, mentre soldati a
cavallo facevano la spola Ira queste per
raccogli ere eventuali allarmi. Appena
avvistato il nemico, le guardie a cavallo, i
cosiddetti cavallari davano l'allarme cd al
suono delle campane delle chiese, la popola­
zione della !veniva chiamata alle armitll).

a Terra di Aci aveva subito nel corso
� del Cinquecento importanti cam­
biamenti socio-economici. Riscattata dalla
servitù baronale era caduta solto gli artigli
rapaci di potenti famiglie catanesi da sempre
presenti nel territorio. Lentamente, favorito da
un prodigioso incremento della popolazione,
si era fatto strada un patriziato locale di nuova
formazione cile, esautorando progressiva­
mente le famiglie catanesi, riuscì a
conquistare il controllo del territorio nei primi
decenni del Seicento.
Significalive variazioni erano nel
frattempo, intervenute anche all'interno della
struttura sociale della Terra
.
Un casale, quello
di Aquilia (l'alluale centro storico di Acireale),
aveva preso il sopravvento su tutti gli altri e
dal suo turbinoso sviluppo era nato un grosso
agglomerato urbano costantemente intento
a brigare per prendere il sopravvento sugli altri
casali che, da parte loro, an�he se ognuno per
lor conto, cercavano in tutti i modi di difendere
autonomia e prestigio
.
Il vertiginoso incremento demografico
aveva alla fine favorito Aquilia una volta il
casole più picchiolo che si avviava così a
divenire, nel primo scorcio del Seicento, il
nucleo urbano di riferimento di tu Ilo il
territorio(1. Lnuova distribuzione territoriale
della popolazione con la formazione di un
nucleo urbano vicino al mare, comportò
anche la necessità di una diversa strategia
difensiva del territorio. acque da tali esigenze
il Iorfe del ToCco che, attestato sul costone
lavico, difendeva, dominando il vasto specchio
di mare antistante, la popolazione di Aquilia.
Era tuttavia sempre Capo Mulini sclwro
principale di Aci la località che andava difesa
con maggiore allenzione. Lapprodo aveva,
infatti, una funzione strategica determinante
poiché consentiva di poter disporre di una
darsena protetta capace di accogliere i navigli
che, con il piccolo cabotaggio, assicuravano i
collegamenti dell'isola. Gli itinerari marittimi
assumevano, infatti, una funzione vitale per i
collegamenti isolani essendo preferiti,
nonostante il pericolo rappresentato dalla
pirateria, alle insufficienti, tortuose e disagiate
frazzere isolane.

in ai primi decenni del 'b00.la difesa
. del litorale acese si risolveva, come
abbiamo visto, solamente i n un pronto
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avvistamento del naviglio nemico ed in un
precoce avvertimento di eventuali sbarchi.
Come dire una difesa essenzialmente passiva
che se da una parte allertava la popolazione,
dall'altra non aveva immediata possibilità di
contrastare il nemico se non a sbarco avenuto.
L'inversione di tendenza si ebbe con la
costruzione di torri munite di bocche da fuoco
in grado di bloccare i tentativi di sbarco. Tali torri,
collocate in punii che permettevano la
copertura della costa in funzione della gittala
utile dell'artiglieria che alloggiavano, consenti­
rono anche una difesa più attiva a tutto
AOOBÀ �
BTONB LOCBLZ

� AOORÀ
vantaggio delle numerose piccole imbarcazioni
che naviganQo sollo costa assicuravano t
collegamenti dell'isola. Jtevano, infatti, queste
navigare con relativa tranquillità godendo della
protezione sotto costa dei cannoni e dei morai
situate nelle torri. Il sistema difensivo trovò
completamento nei primi decenni del Seicento,
quando alle Ioni di 5.Anna ed Alessandrof1o, si
aggiunse il forle del Tocco che insieme al
Castello di Aci chiudeva i due estremi del
sistema. Il resto della costa settentrionale
(all'incirca da S. Tecla, dove arrivava la giUata
dell'artiglieria posta nel Tocco, sino al torrente
di Mangano estremo limite del territorio di Aci)
non ebbe mai posti fissi d'arliglieria,
probabilmente perché meno popolata.
Due dei quallro punti di difesa muniti di
artiglieria erano situati in prossimità della rada
di Capo Mulini (la torre di S Mna e la tonl degli
Alessandrano - ce ne siamo occupati nel
recente lavoro wAcque, ruote e mulini nella
Terra di A"); l'artiglieria presente in questi,
insieme con quel l a del Castello di Aci
pennetteva una suffciente difesa dell'approdo.
Una attenta descrizione di Capo Mulini e dei
suoi sistemi di difesa ci viene data in una
relazone del primo Seicento. Il documento è
particolannente significativo poiché l'estensore
è un waddettoailavori"; si trata, infatti, di: "Don
f"rancesco Lanario Duca di Carpignano
Cavoliero delhabito di Calalva del consiglio
di guerra di sua Maestà nello stato di Fiandra
Capitano d'arme a guera della cillà di Catania
per tullo Tavorina loro costrlli coste el mOine
sopra intendente generle delle fortizioni et
fabliche di essa città di Catania" in quel periodo
dimorante a Catania con l'incarico di rivedere
le fortifcazioni della città.
Il compito gli era stato affidato dal Vicerè
per sedare un acceso conflitto, tra gli abitanti di
Aquilia e gli altri casali, vertente sul l a
collocazione della fiera franca che i primi,
serendosi di motivazone in pare pretestuose,
volevano spostare nella loro piU principale,
B quei tempi ben lontana dall'armonioso
barocco che attualmente l a caratterizza, se il
Lanario nel medesimo documento così la
descrive:
l.. . l la piacza dello dello quorteri della
Aquilio situata inanti lo matri ecc/esia,
conobimo chiaramente esser loco molto
caldo essendo scovel10 et esposlo al sole di
ogni parte senza alcun reparo di casi ne
respir di venti per il che nella maggior pw1e
del giomo vi sia fsso il sole et vi manca aura
di venlO et lo rende caldissima el quasi
impraticabile in questi tempi come
pllsentemente non ci si vede assistere in
dello piano Iersona veruna forchè sOlto il
campanile di matina el il gioro abbasso
Sollo alcune appennate di piccole caselle et
c0l1e che vi sonno ad un lato di detto piano
et anco non teni alcuna comodità di acque
sorgenti cile per be,l si mandano a pigliOll
010 rDudel mare ll
Nella relazione il duca analizza con evdente
competenza la darsena del Capo ed i sistemi
di difesa esprimendosi in questi tennini:
I.•.I conforme per delte precalendate let­
tere mi viene ordinalo et andato a rico­
noscere il disbarco con alcuni
gentilllmini capi lelli quarteri
delAquilio ponendoci in una feluga et
misurato l'aflezza dell'acqua che è nel
capo delli molilli Þn tal modo chiamato
da essi} riconobbi lo dificoltà grandi che
Ilv;rebbe lo ;nimlco volendo tentar di
poner genli in lerra per essere quel mare
quasi tullo pieno di scogli coverl; dall'ac­
qua el anco che sia ca/ci iI alcuna par­
le di (ricevere) galer sia composta al
grecale che in detti mari sol fare danno
notabile.
Giunslmo sino ad una picola ;saletta la
quale con i capo della torr di S.ta Anna,
nuovamente fabbricata el finita da lui
alln; a questa parte per securza di del­
lo dlbarca, fannano una conca seu scaro
di mar et M dello capo et isoletta pre­
della vi è da un miglio incirca di distanza
alla ripa lel quale vi è ulla abboTlda"za
di vari et grossi sassi che remlino
difficul!oso ü poner genli in terra non
senza grn pericolo con schi (piccole im­
barcazionI) essendo quasi impossibile ap­
prossimarsi galere per far preda el
trallenervisi.
Oltre che detto spazio seu conca di mare
posto come mecza luna non solo viene
SCOlel10 et guardala da della tOle di Snta
Anna ma anco del castello di laci nel quale
vi è un pezzo chiamato sacro che lira quasi
un qual10 di miglio più auanti detta isola che
è un capo di delta conca di mari el di una
altra torre vicino di Sia Anna situata nel
mezzo a man sinistra del disbarco pretenso
delli giurati delli qU0l1eri dell'Aquilio lo quale
tonl è del barone di Lal1nicci di Calania et
vi è un peczotto che sparando passa quel
loco dove giungi il pezzo del castello di laei.
El essendoci da 1I0i conosciuto quel che
si dovla dalla parte di mare detenninamo
in dello capo di riconoscere il camino che
potrebbe fare l'inimici per assalire lo so­
pra decla Fera di S.ta Vennira, et
relrovamo essendosi in delto capo uniti i
quatlro giurati el molti persulIl di
considerattioni di lutti i quarterl /n detta
ripa del mare sudetto essici molli casel­
le "abitale da persone che fanno matto­
ni et ch/oram/dl et stanno armali con
archibugi li quali chiaramente si conosci
che servillo per guardie di detto loco ol­
tre le astarie el altre habilallionl che pre­
sentemente vi sono el di più li forasteri
et viandanti che con filughe el altri gene­
re dibarche che ordinariamente vi soglino
capitare el in nostra presenza ni
sopravenniro due per non poter passare
Inante per lo forte grecalala ù che vlen
fomlta quasi una continua habitatione
bellchè picclola d'onde ci Incamlnamo per
lo istesso camino che dai predelti giurati
et gentilhominl ci fuanteposto et mostra­
lo per giungere nello lo di detta Ímel
relrovamo detto camino esser di spada
d'un milio et un Quarto incirca di salta
et in alcune parti plano et i n altre sasso­
soet montuoso ave Quasi per dettastrata
è poco ditanti d'essa vi si retrvano da
decl et selli molinl d'acque l!bitali
ordinariamenti da molti genti per üron­
corso di macinare etIn ciasclleduno d'essi
vi stanno dul IIomini assunti et armati
ron archibugi et alcuni di dettimolni elle
stanno collocati in lochl eminenti nella
strata sudetta appariscono e possano
servire per fortificazione inrecolata
(militarmente non regolari) dalli Quali
può esserefacilmente ofesol'nimlco COM
pochi genti stando íi mm) a cavaleri
et domi nando i passagieri.
¡¸¸¸ ¡·|+r•
La descrizione del Lanario evidenzia
l'efficace integrazione del sistema e ci permette
di osservare come i punti muniti di artiglieria
trovavano vcendevole integrazione. L.:artiglieria
di S. Anna incrociava, infatti, il proprio tiro con
quella del Castello nell'assicurare una copertura
balstica di lunga gitata, mentre la torre degli
Aessandrano, armata di bocche da fuoco più
piccole contrastava eventuali vascelli che,
scampati al fuoco incrociato, tentavano di
penetrare nella rada. La popolazione
residente, in particolare gli uomini armati
stanziati nei mulini, costituiva una prima forza
di pronto intervento nell'attesa che dal
retroterra giungessero forze più consistenti.
L.:obiettivo a distanza di un secolo era in
ogni caso lo stesso: difendere Capo Mulini ed
il suo retToterra, in particolare durante lo
svolgimento della Fiera Franca di S. Venera,
evento che attirando nella zona gli abitanti di
tulli i casali della !erru e ricchi mercanti
·.
BTOH LOCÆ
provenienti da tutto il Regno, rendeva i luoghi
molto appetibili ai corsari.
Il sistema difensivo di Capo Mulini si
mantenne pressoché immutato sin al IõÌ4
quando fu necessario potenziarlo durante la
rivolta di Messina. Ma è questa una vicenda
che merita di essere analizzala a parle in una
prossima occasione. •

,.


.· � ͹ c ^n��
.. µ¬ t¶lvv«�t~t~�·o
NOTE
t) Pr la descrizone dci confini ci serviamo di: G. A. FlLOTEO DEGLI OMODEl,
Descrizione(ellaSiciliadelsecoloA1, in Oere Soriclleinedite.. . , a cura di G.
DI MARZO, IlefÎo 1826, p. 81 , e di alcuni documenti dell'Archivio Storico
Comune di Acireale (ASCA).
2) G. A. FILOTEO DEGLI m0DEI, Descrizione . . . ciI. p.8t
3) Vedi il mio recente lavoro: $ARO BELLA, Acque, Ruote e Mulini /ella 'Ierra
diAci, Catania 1999.
4) Trallo l'argomento nel mio lavoro: SARO BELLA, S. Hmera al fzzo:
L'ospedale, in Lògos W. IO, Acireale 1 996.
5) V.EPIFNIO A.GULLI, Cronaca Siclianadel5ECOÍO7.PA 1902, p. 63
6) lvi p. 79
7) DOMENICO LÍLRLÅ,L'oranizzazione militaredel Regnodi Sicilia tra
Cinquee Seicento, in Goveroe territorionellaSiciliaModeraSaggi, Catania
199,p.57.
8) lvi D. 74
9) FERNAND BRAUDEL, Civiltàe imperidel MeditclT/leonell'etàdi fifppoÜ,
3 ediz. Torino 1986, p.1274
IO) ASCA, GoveroGeneraleO. Vdi GuerreFan/i JOGuardie . . f. 34.
I l ) TQMMASO ÏDRL,La JOdi San/Anna. COn/ribuloalfa storiadi
Acireale, in MAtti e Rendiconti dell'Accademia Dafnica di Scienze Lettere ed
Arti in Acireale voI. Vanno 1 897, p. 207
12) SARO BELLA, Acque . . . op. ciI., pago 80.
13) Il documento si trova in divcrsi archivi: nell'Archivo Stato di Palermo,
nell' Archivio di Stato di Catania ed anchc, in fonna mutia e poco corret t a,
preSSO l'Archivio Comunale di Acireale.
AOOFÀ •

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