the fly

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Horacio Verbitsky Il volo Le rivelazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos Prefazione e traduzione di Claudio Tognonato BIBLIOTECA Feltrinelli Titolo dell'opera originale EL VUELO © Horacio Verbitsky, 1994 Traduzione dallo spagnolo di CLAUDIO TOGNONATO © Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione in "Serie Bianca" ottobre 1996 ISBN 88-07-17019-1 A mia sorella Alida © "History is a nightmare from which I am trying to awake." JAMES JOYCE, Ulysses Prefazione Sono passati ormai più di vent'anni da quando nel 1976 i militari argentini assun sero formalmente il potere. Quella mattina del 24 marzo non furono molti a esser ne sorpresi. Non solo per le strade non si videro i classici carri armati, non s olo non ci furono scontri o morti, ma non si rese nemmeno necessario sparare un colpo. Non furono sfoderate le armi, non ci fu bisogno di ostentare la forza. Ne ssuno poteva però immaginare ciò che sarebbe accaduto. I militari, prima ancora di occupare il Palazzo, avevano acquisito un monolitic o potere di "persuasione". Un potere in cui non occorreva alzare la voce per ess ere assecondati, anzi non era necessario nemmeno parlare perché si sarebbe stati o bbediti prima ancora di comandare, una costrizione nata nel terrore. Questo linguaggio, largamente conosciuto in Argentina, frutto dell'ordine milit are sperimentato a lungo nei frequenti colpi di stato che hanno interrotto - ma prima limitato, condizionato e vincolato - la vita democratica, questo linguaggi o della forza occupò il Palazzo come chi ritorna dopo una vacanza in una casa che è sempre stata la sua. In Argentina non ci sono mai stati gli stadi pieni di prigionieri politici come nel vicino Cile. La lezione di Pinochet era servita a qualcosa. Non si doveva p rovocare la condanna internazionale, ma piuttosto dare un'immagine di moderazion e e legalità. Un'immagine difficile da mantenere quando ciò che si vuole coprire è l'a nnientamento di ogni forma di opposizione. L'impunità di cui hanno goduto i milita ri argentini risiede nella vastità dei loro progetti: "Prima uccideremo tutti i so vversivi; poi uccideremo i loro collaboratori; poi i loro simpatizzanti; poi chi rimarrà indifferente, e infine uccideremo gli indecisi," affermava senza scompors i il gene11 rale Iberico Saint-Jean, governatore militare della provincia di Buenos Aires. L'ascesa al potere I militari cominciarono a prendere le redini del paese il 6 novembre 1974, cost ringendo il governo a decretare lo stato di assedio e quindi la sospensione di t utte le garanzie costituzionali dopo l'attentato che provocò la morte del capo del la Polizia. Il 6 febbraio 1975 riuscirono a ottenere il nullaosta per intervenir e nella regione di Tucumán, nel nord del paese, dove la guerriglia occupava una pi ccola area di montagna. A fine luglio dello stesso anno i militari tolsero di me

zzo, caricandolo su un aereo per il Brasile, l'uomo forte del governa di Isabel Perón: López Rega. A metà agosto una sommossa obbligò la Perón a mandare in pensione il co mandante dell'Esercito, considerato troppo moderato. Al suo posto venne nominato il generale Videla. Il 6 settembre i militari ottennero la formazione di un Con siglio interno di sicurezza per tutto ciò che riguardava la lotta antisovversiva. Il 18 novembre, infine, si assicurarono ufficialmente il comando delle azioni co ntro i "delinquenti sovversivi". Era da tempo ormai che si sentiva parlare di colpo di stato. Seguendo la tradiz ione, si affermava che ilgo/pe era inevitabile. Si inventavano due correnti: una "dura" sullo stile di Pinochet con i militari disposti a tutto; un'altra "moder ata", capeggiata da Videla che voleva salvare la patria dal pericolo marxista e che si proponeva di ristabilire l'ordine democratico e repubblicano. Si cercava così di guadagnare un certo consenso attorno a quelli che saranno effettivamente i golpisti. Un gruppo paramilitare, del resto, esisteva già: la Triplice A (Alleanza Anticomu nista Argentina) creata da López Rega sul modello degli squadroni della morte. Lor o compito era l'eliminazione degli oppositori, fossero questi deputati, preti, s indacalisti, giornalisti, operai o studenti. Anche per i militari si trattava di un'organizzazione che faceva molto comodo in quanto le si poteva attribuire qua lsivoglia crimine politico. Le forze dell'ordine, e molte volte l'Esercito, usav ano le stesse macchine senza targa, gli stessi metodi e perfino le stesse person e. La Triplice A fu attiva fino al giorno del colpo di stato, dopodiché non apparv e più pubblicamente con questo nome e i suoi membri entrarono a far parte dei grup pi clandestini della dittatura. 12 L'annientamento II 24 marzo 1976 il potere passò ai militari senza nessun incidente. Vennero sosp ese le attività dei partiti politici e dei sindacati, ma si fece sapere che queste erano misure transitorie e che la Giunta militare aveva come obiettivo il raffo rzamento della struttura democratica del paese. Gli argentini avrebbero dovuto a bituarsi a questo tipo di paradosso. Debole, quasi formale, comunque attendista, fu la reazione internazionale. Semb rava evidente che Videla non era Pinochet così come Isabel Perón non era Salvador Al lende. Il paragone con il caso cileno non è di grande aiuto. Purtroppo la condanna internazionale sarebbe arrivata troppo tardi. La Giunta militare volle eliminar e tutti i suoi nemici senza che si diffondesse la coscienza di tale annientament o. Fu inventata una strategia rivoluzionaria: niente arresti di massa, niente ca rceri, niente fucilazioni né assassinii clamorosi come quelli della Triplice A. Gl i oppositori sarebbero stati sequestrati da gruppi non identificati, caricati su vetture senza targa e fatti scomparire. Ebbe così inizio, lentamente, il più grande genocidio della storia argentina. I seq uestri furono sempre più frequenti e si ripetevano sempre secondo le stesse modali tà. Non erano gruppi incontrollati dell'estrema destra, come voleva far credere la Giunta, ma vi era una struttura centrale che li coordinava. Le operazioni veniv ano compiute nei posti di lavoro delle persone segnalate o per strada in pieno g iorno, mediante un piano che richiedeva la "zona franca" da parte delle forze di Polizia. Le loro volanti che, specialmente dopo il colpo di stato erano present i un po' dappertutto, stranamente non videro mai niente, anche se i sequestri si consumavano a poca distanza dal commissariato. Ma la stragrande maggioranza dei sequestri avveniva di notte in casa delle vittime. Il commando occupava la zona circostante ed entrava nelle case facendo uso della forza. Terrorizzava e imbav agliava perfino i bambini obbligandoli a essere presenti. La vittima veniva catt urata, brutalmente colpita e incappucciata, poi trascinata fino alle macchine ch e aspettavano mentre il resto del gruppo rubava tutto quello che poteva (in alcu ni casi arrivavano perfino con dei camion) o distruggeva quello che non poteva p ortarsi via picchiando e minacciando il resto della famiglia. Anche^ìiei casi in c ui i vicini o i parenti riuscivano a dare l'allarme, /la Polizia non arrivava ma i. Si incominciò così a capire l'inutilità di sporgere denuncia. La maggioranza della popolazione era terrorizzata e non era nemmeno facile trovare testimoni. Nessuno

aveva visto nulla. 13 In questo modo migliaia e migliaia di persone diedero forma a una fantasmatica categoria, quella dei desapareci-¿fosr-Nessun interrogativo trovò una risposta: la P olizia non aveva visto nulla, il Governo faceva finta di non capire di che cosa si stesse parlando, la Chiesa non si pronunciava, gli elenchi delle carceri non registravano le loro detenzioni, i magistrati non intervenivano. Intorno ai desa parecidos si era alzato un muro di silenzio. Con i diritti avevano perso anche l 'esistenza civile. Dal momento in cui avveniva il sequestro la persona restava t otalmente isolata dal mondo esterno. Depositata in uno dei numerosi campi di con centramento o in luoghi intermedi di detenzione dove veniva sottoposta a torture infernali, e lasciata all'oscuro della propria sorte. Alcuni venivano perfino a bbandonati dalla famiglia, che sotto la pressione di continue minacce, ricatti e richieste di denaro, viveva nel terrore di rappresaglie e quaèche volta fiduciosa che il silenzio, richiesto dai militari, fosse il miglior modo per ottenere qua lche informazione. Nei Centri clandestini di detenzione veniva sistematicamente applicata la tortu ra. "Se una volta finita la mia prigionia mi avessero domandato: sei stato tortu rato molto? avrei risposto: sì, tutt'e tre i mesi senza sosta. Se la domanda me la facessero oggi direi che fra poco saranno sette anni di tortura."1 Nella quasi totalità delle denunce ricevute dalla Commissione si constatò l'uso di metodi di tor tura. Le "sessioni" erano sorvegliate da un medico che controllava i limiti di t olleranza della vittima e determinava il proseguimento o la momentanea sospensio ne della tortura se la vittima non era in grado di reggerla. La valutazione preventiva per capire se la persona da sequestrare o sequestrata avesse qualcosa da dire d'interessante per i sequestratori era pressoché inesiste nte. Questo metodo indiscriminato portò al sequestro e alla tortura degli opposito ri ma anche dei loro famigliari, amici, colleghi di lavoro e di un numero rileva nte di persone senza alcun tipo di pratica politica o sindacale. Bastava molto p oco per essere considerato sospetto. Un equivoco, un'esitazione, come non ricord arsi a memoria il numero del proprio documento d'identità se si veniva fermati per strada, poteva essere fatale. Ciò spiega anche il fatto che molte vittime, che no n avevano niente da dichiarare, denunciassero chiunque pur di avere una pausa 1 Testimonianza di Miguel D'Agostino (fascicolo 3901) raccolta dalla Commission e nazionale per la scomparsa delle persone (Conadep). La Commissione, creata nel dicembre 1983 dal presidente Raúl Alfonsín, si occupò di far luce sulla violazione de i diritti umani durante la dittatura militare. 14 durante la tortura. Veniva così allargata a dismisura la rete delle persone che "n on volevano collaborare" con gli inquisitori, se non altro perché non sapevano chi denunciare. Il prigioniero poteva morire sotto tortura, essere fucilato o gettato in mezzo all'oceano. Il suo cadavere sarebbe stato forse sepolto nelle tombe comuni di ci miteri clandestini, cremato o buttato in fondo al mare con un blocco di cemento ai piedi.2 Anche se la dittatura militare aveva modificato il Codice penale introducendo l a pena capitale, ufficialmente non ci fu nessuna condanna a morte. Nonostante le migliaia di vittime, non fu eseguita in nessun caso una sentenza giudiziaria né c ivile né militare. Non fu quindi rispettata nemmeno questa precaria legalità che lo stesso regime aveva stabilito. Passavano così i giorni, i mesi, gli anni, senza avere mai nessuna notizia, trova ndo sempre risposte negative. Nessuno pareva sapere niente di loro. Erano scompa rsi. // ritomo della democrazia Quando il governo di Raúl Alfonsín cominciò a indagare sulla sorte degli scomparsi no n si trovò nulla: né prigionieri, né cadaveri, né stanze di tortura, né documentazione (ch e tuttavia si sapeva esserci per ogni caso). Dal materiale sequestrato insieme a Ua vittima ai libri considerati pericolosi e, in molti casi, perfino ai figli de

i presunti sovversivi, tutto era svanito, disperso, dileguato. Il Governo ordinò comunque al Consiglio superiore delle Forze Armate che procedes se al rinvio a giudizio dei membri delle tre Giunte militari per omicidio, priva zione illegittima della libertà e applicazione della tortura sui prigionieri. Dopo la sentenza militare ci si poteva appellare in seconda istanza davanti ai tribu nali civili. La decisione del Governo lasciò tutti un po' perplessi. In primo luogo non si cap iva perché i militari non venissero giudicati direttamente da un tribunale civile come qualsiasi altro cittadino, in secondo luogo, si temette che il processo si chiudesse dietro questi nove imputati. È significativo, per ca1 Prendendo in esame le cifre ufficiali delle cremazioni nel principale cimiter o di Buenos Aires si verifica nel periodo una crescita allarmante: 1974 13.120 1978 30.094 1975 15.405 1979 31.461 1976 20.500 1980 21.381 1977 32.683 (Fonte: Conadep fascicolo 6983). 15 pire le intenzioni di Alfonsin, segnalare che il progetto di legge che l'esecuti vo aveva inviato alle Camere per approvazione non prevedeva il passaggio a una s econda istanza civile. Dopo mesi di attesa i tribunali militari non si pronunciarono. Il Governo si vi de infine costretto ad ammettere che il Consiglio superiore delle Forze Armate n on era disposto a processare i propri pari. La causa passò ai tribunali civili dov e finalmente nel dicembre 1985 si arrivò a una condanna mite che lasciò molti insodd isfatti.3 Ma, forse, il punto più importante della sentenza era il punto 30, che c onsigliava il rinvio a giudizio di altri militari di grado intermedio. Poco temp o dopo si aprirono più di 1500 processi per violazione dei diritti umani. Alfonsin volle fermare il processo d'incriminazione delle Forze Armate e sancì ne ? dicembre 1 986 la legge del Punto finale che, per "pacificare" il paese, fissò u n termine di 60 giorni oltre il quale non sarebbero state più ammesse denunce per violazione dei diritti umani. Venne così limitata la possibilità di apertura di nuov e cause. Tre mesi dopo la scadenza dei 60 giorni un altro arbitrario giuridico v anificò tutti gli sforzi di chi cercava giustizia. La legge di Obbedienza dovuta a ssolse da tutti i crimini già documentati e giudicati lasciando i colpevoli in lib ertà e sostenendo che, al di fuori dei mandanti, i quadri intermedi - non avendo p otere decisionale -avevano agito in stato di costrizione. L'opera fu completata dal presidente Carlos Menem che, nell'ottobre 1989, dopo tre mesi di Governo, sancì l'indulto per 216 militari e civili coinvolti nel genoc idio e per 64 persone presumibilmente legate alla sovversione.4 La misura esclud eva i membri delle Giunte militari Videla e Massera che godranno di un nuovo ind ulto il 28 dicembre 1990. Dopo cinque anni di prigionia in una villa di proprietà dell'Esercito dove potevano ricevere amici e camerati, praticare sport e usufrui re della libera uscita durante i fine settimana, gli ergastolani tornarono in li bertà. La distruzione del passato I militari abbandonarono il governo nel 1983. Lasciarono il Palazzo non perché co stretti dalla mobilitazione delle for1 La sentenza stabiliva l'ergastolo per il generale Videla e per l'ammiraglio M assera; 17 anni per il generale Viola; 8 anni per l'ammiraglio Lam-bruschini e 4 anni e 6 mesi per il brigadiere Agosti. Gli altri membri delle Giunte militari vennero assolti. 4 L'elenco dei sovversivi presentava molti "errori", come nel caso dei ze democratiche, ma perché avevano portato a termine il compito: 1'annÍGhilimento di un'intera generazione che voleva modificare le strutture del paese. Ma perché una dittatura con una forza militare schiacciante ha scelto come strate gia quella di far scomparire gli oppositori? Perché dopo la tortura e l'inumana pr igionia queste persone non hanno avuto almeno il diritto a una condanna a morte?

Perché non sono stati sepolti, perché la distruzione dei corpi? Perché desaparecidos? Non c'è risposta che possa spiegare questa premeditata violazione di ogni diritto della persona. Di fronte a queste atrocità ogni logica decade, diventa inumana, e quando una logica diventa inumana non è più logica. Non è possibile pensare questi fa tti all'interno del proposito del singolo criminale che cerca di non lasciare tr acce, del delitto perfetto. Obiettivo strategico del progetto militare era la di struzione del passato. La Commissione del Governo Alfonsin incaricata d'indagare ha avuto enormi diffi coltà per ricostruire l'accaduto. Interi edifici erano stati rasi al suolo per poi edificarvi sopra altre strutture. Tutto era stato cancellato. La successiva necessità di eliminare in modo sbrigativo il passato recente, di pe rdonare coloro che non si ritengono nemmeno colpevoli, di mettere una pietra sop ra la tragedia dei desaparecidos è complice della stessa strategia dell'annientame nto. / II tentativo di annullare il passato è manifesto. Perché se non esistesse il passat o - in quella particolare forma di esistenza che è il non esserlo già - non esistere bbe nemmeno il presente e al futuro mancherebbe la possibilità di proiettarsi. Sen za l'assunzione/rifiuto del passato storico non vi è spazio per il futuro. Ogni te ntativo di annullare il passato, di far scomparire le sue tracce, lascerà dietro d i sé una terribile e leggera debolezza, comporterà l'assenza di prospettive, un cont inuo girare a vuoto intorno a un presente immemore, istantaneo, senza tempo, sen za essere, senza la possibilità di capire il proprio divenire. I militari argentini lo sapevano e hanno distrutto e fatto sparire tutto ciò che hanno trovato. I governi democratici che si sono susseguiti hanno scelto l'oblio . Non assumendo questa pesante ma inderogabile eredità hanno indirettamente comple tato la distruzione dell'operato dei militari. Ma il passato non scompare mai, resta, non passa mai perquattro militari uruguaiani, noti torturatori, insieme ai nomi di- persone scomp arse e altre con certificato di morte in perfetta regola. 17 che è già passato. La confessione del capitano Adolfo Francisco Scilingo ne è una prov a. // volo Molti desaparecidos sono stati gettati in mezzo all'oceano. Questa è l'atroce amm issione di Scilingo. Lo si sapeva già, ma fatti come questi non erano mai stati ri conosciuti né raccontati in prima persona da uno degli autori. Il volo - un termin e così lieve - diventa qui grave. Ung delle conseguenze di questa confessione è l'unificazione dei discorsi sulla s toria argentina degli ultimi due decenni. Finora si è parlato di una storia uffici ale e di un'altra raccontata dai pochi superstiti o dai famigliari delle vittime . Durante i primi anni della dittatura le Madri di Plaza de Mayo erano infatti e tichettate come Las locas de Plaza de Mayo (le pazze), quale ratifica della scis sione che si era prodotta nella società argentina tra discorso ufficiale e discors o minoritario. I pochi che testardamente continuavano a opporsi a quella logica non potevano che essere "impazziti". La prima storia era documentata dagli atti di un governo dittatoriale, il loro discorso era omogeneo, il loro agire sembrav a incontestabile. La seconda storia era costruita da un'immensa massa di ombre c he non potevano testimoniare, da interrogativi sulla loro sorte. I desaparecidos furono con la loro assenza la principale accusa contro il terrore. Dopo la conf essione di Scilingo la storia si unifica. I voli non erano che la macabra soluzi one finale a un'alternativa politica. Il linguaggio del libro non è facile. L'oggetto di cui si parla è l'innominabile, a nzi lo si vorrebbe nemmeno mai esistito. I desaparecidos non si trovano da nessu na parte, sono fantasmi che deambulano e ripercorrono una società che non si decid e a cancellarli, ignorarli, annullarli. Così pure nel modo di esprimersi si parla di fatti che non vogliono essere riconosciuti come tali. Nessuno dei carnefici h a il coraggio di nominare, di raccontare, di chiamare le cose con il loro vero n ome. Ognuno tenta di aggirare l'ostacolo della barbarie di cui è stato parte. Il l inguaggio vuoi essere indiretto, impersonale. Tenta di aggirare il problema, di

lasciar capire senza usare i termini appropriati. Sono parole non dette che, com e i desaparecidos, vogliono essere oggetto di rimozione. Ciò che viene raccontato da Scilingo nella sua confessione non è nuovo. Chi veramen te voleva sapere quei fatti li conosceva già da anni. Le stesse autorità militari si erano mosse per farli sapere, senza però mai ammetterli, per generare 18 panico e diserzione tra le fila dell'opposizione. I fatti sono stati poi conferm ati dal ritrovamento di cadaveri mutilati con evidenti segni di tortura, riporta ti a riva dalle onde sulle sabbie dorate di note località turistiche. Non scorderò m ai una donna, il cui figlio era stato gettato vivo in mezzo al mare, che nel 199 5 mi disse: "Sono stata invitata in vacanza a Villa Gesel, sul mare... ma non ce l'ho fatta, non potrò mai più fare il bagno in quelle acque". Tutti i responsabili di questa strage sono in libertà, l'unico oggi in carcere è l' ex capitano Scilingo accusato di frode (benché sia stata già dimostrata la sua innoc enza) per aver emesso assegni scoperti. Claudio Tognonato 19 1. La confessione Diciamo la verità "Sono stato all'Esma.1 Le voglio parlare," disse abbordandomi in metropolitana. Piccolo di statura, un gran naso e dei baffi, sui 45 anni. Con i pantaloni blu, camicia a righe a maniche corte e una valigetta da due soldi, somigliava a uno dei tanti sopravvissuti del più famoso campo di concentramento clandestino della d ittatura militare che per guadagnarsi la vita corrono da una parte all'altra sen za mai liberarsi da quel brutto sogno. Lo scambiai per uno di loro e gli risposi con una frase comprensiva per quello che aveva sofferto. "No. Ha capito male. Io," chiarì, "sono compagno di Ro-lón." Dunque non 0ra vittima ma carnefice. Il capitano di fregata Juan Carlos Rolón era uno degli ufficiali dei Servizi info rmativi della Scuola di meccanica della Marina militare che, nel 1994, insieme a l suo camerata Antonio Pernias scatenò una delle più gravi crisi politiche degli ult imi anni. Il presidente Carlos Menem aveva deciso di promuoverli capitani di vas cello, ma il giorno in cui il Senato avrebbe dovuto, come previsto dalla Costitu zione argentina, autorizzare la nomina, divulgai i loro precedenti sul giornale "Pàgina/12" di Buenos Aires, dove collabore come editorialista politico. Li tenevo sotto osservazione da diciotto anni, da quando, alla fine del 1976, avevo comin ciato a scrivere sulla "guerra sporca"2 in Argentina. Negli anni ottanta, durante i grandi processi per violazio' Scuola di meccanica della Marina militare argentina. [N.d.T.] 2 Termine coniat o dalla dittatura argentina per definire la repressione "legale da essa esercita ta. [NAT.] 21 ne dei diritti umani del regime militare tra il 1976 e il 1983, Pernias era stat o arrestato con l'accusa di aver torturato undici detenuti, prevalentemente donn e. Il caso fece molto clamore, trattandosi del gruppo originario delle Madri di Plaza de Mayo, sequestrate all'interno della chiesa di Santa Cruz alla vigilia d i Natale del 1977. Un altro ufficiale di Marina, Alfredo Astiz, si era infiltrat o tra di loro fingendosi fratello di uno scomparso e baciando una delle donne av eva dato il segnale d'inizio del sequestro. Di quel gruppo facevano parte le suo re francesi Alice Domon e Léonie Duquet. Dopo essere state torturate, vennero tutt e uccise. Per questo fatto, la Corte d'Appello di Parigi condannò Astiz all'ergast olo, unico militare che non può uscire dall'Argentina nemmeno per fare la guerra, a meno di farsi arrestare dalla Polizia. Pernias fu anche accusato dell'assassinio di un gruppo di sacerdoti pallottini nella chiesa di San Patricio, altro tra i casi più sconvolgenti degli anni settant a. Rolón fu indagato per il sequestro di una donna morta durante una perquisizione domiciliare. Per di più fu l'ufficiale della Marina argentina che diresse la sezi

one dei Servizi informativi dell'Esina e che tentò il lavaggio del cervello di un gruppo di prigionieri politici perché, sotto la minaccia di morte, si adoperassero in compiti intellettuali a favore della carriera politica dell'ammiraglio Emili o Massera, uno dei membri della Giunta militare che aveva l'ambizione di diventa re un leader carismatico al pari dell'ex presidente Juan Domingo Perón. Due leggi approvate dall'ex presidente Raúl Alfonsín dopo la sommossa dei militari carapintada 3 che si opponevano ai processi, salvarono dal carcere Rolón e Pernias: la legge del Punto finale impedì che Rolón venisse processato mentre Pernias tornò libero grazi e alla legge dell'Obbedienza dovuta.4 La Commissione nazionale per la scomparsa delle persone - formata, alla fine de lla dittatura, da una dozzina di personalità del mondo scientifico, artistico, cul turale, ecclesiastico e politico5 - aveva registrato altre denunce: in Venezuela , a migliaia di chilometri dall'Argentina, Pernias e Rolón 3 Carapintada (faccia dipinta) fu il nome attribuito ai militari, ribellat i si al governo di Alfonsín e che si erano dipinti il viso per mimetizzarsi. [N.d.T.] 4 La legge del Punto finale stabilì un termine oltre il quale non poteva no presentarsi nuove incriminazioni contro i responsabili della repressio ne, escludendo così la possibilità di nuovi processi. La legge di Obbedienza dovuta sentenziò la non responsabilità dei militari di un determinato livello nella tortura e uccisione dei prigionieri per aver eseguito direttive superio ri. [N.d.T.] 5 La Commissione si occupò di far luce sulla violazione dei diritti uma ni durante la dittatura militare. [N.d.T.] 22 avevano cercato di sequestrare l'ex dirigente d'azienda peronista Julio Broner, sospettato di aver mantenuto rapporti con la guerriglia montonera.6 Pernías aveva in mente di lanciare dardi imbevuti di una droga che avrebbe paralizzato la vitt ima. Per calcolare la dose esatta, aveva sperimentato i dardi su di un prigionie ro di cui non si è mai più saputo nulla. Era stato anche istruttore in un corso di " Lotta antisovversiva" per i torturatori che venivano dall'Uruguay, Paraguay, Bol ivia, Nicaragua, Brasile e Guatemala e aveva costituito una società immobiliare ch e vendeva le case saccheggiate dei detenuti, i oui famigliari venivano ricattati perché ne firmassero la cessione. Una volta venduti gli appartamenti, i prigionie ri venivano uccisi. Fin qui il tiramolla non era molto diverso da quelli che si erano succeduti dop o la fine della dittatura, ogni volta che l'esecutivo faceva richiesta di promoz ioni. La stampa li esaminava con la lente di ingrandimento e le organizzazioni p er i diritti umani comunicavano al Senato le proprie obiezioni, mentre il Govern o e gli Stati Maggiori esercitavano una pressione contraria. Questa volta, però, c 'era una differenza. Sentendosi abbandonati dalla Marina, Pernías e Rolón si erano d ecisi a parlare scatenando una reazione a catena. Fino a quel momento i militari avevano negato i fatti, screditando i testimoni accusati di continuare con altr i mezzi la lotta politica contro le Forze Armate. Pernías riconobbe la tortura come l'arma scelta di una guerra senza legge, ammise il coinvolgimento della Marina nel sequestro e nelKassassinio delle suore franc esi e suggerì che i sacerdoti pallottini fossero stati uccisi dalla Polizia federa le. Rolón fu più sfuggente. Affermò che, in nessun caso, avrebbe mai dato disposizioni "errate" come quelle a cui aveva obbedito, ma che erano state impartite da "sup eriori che ora, con il consenso del Senato, sono ammiragli". Fece inoltre sapere che nessuno aveva svolto un ruolo marginale, visto che la Marina aveva disposto che tutti gli ufficiali si dessero il turno nei gruppi di lavoro che agivano in quegli anni. "Non le pare che a Rolón stiano facendo una puttanata?" chiese l'uomo con la vali getta da due soldi. In che senso? Seguì un dialogo fatto di domande. "Crede davvero che Rolón abbia agito di propria iniziativa, che eravamo una banda

?" disse con tono di sfida. E cosa eravate se non una banda? Montoneros: organizzazione di guerriglia urbana della sinistra peronista. [N.d. T.] 23 "Una banda può disporre delle infrastnitture della Marina, muovere aerei?" Aerei? Aprì la valigetta ed estrasse una fotocopia: "Legga questo, le potrà interessare". Era una lettera-documento indirizzata-ai capo di Stato Maggiore della Marina, a mmiraglio Enrique Emilio Molina Pico. Vi si diceva che se la Commissione nomine del Senato 7 avesse negato le promozioni a Pernias e Rolón, si sarebbe dimostrata ingiusta e irriconoscente. Per tale ragione la Marj-na avrebbe dovuto render not i "quali furono i metodi che gli ufficiali ordinarono di adottare nella Scuola d i meccanica della Marina allo scopo di arrestare, interrogare ed eliminare il ne mico nella guerra contro la sovversione e, qualora fossero esistite, le liste di quelli che vengono erroneamente definiti desaparecidos". Eliminare il nemico? "Finisca di leggere." "Essendo stato distaccato all'Esina obbedì a ordini di superiori che ora sono sig nori ammiragli con l'autorizzazione dell'Onorevole Senato della Nazione. ' Quest a frase attirò la mia attenzione. Era un modo indiretto per dire: o tutti o nessun o. Sono le stesse parole di Rolón. "Continui a leggere." "Rendo noto che nel caso vengano negate le precedenti autorizzazioni, sollecite rò un'inchiesta giudiziaria approfondita per far sì che la verità trionfi definitivame nte sull'ipocrisia. Firmato: il capitano di corvetta Adolfo Francisco Sci-lingo. " "Ho qui la ricevuta firmata da una guardia del corpo di Videla," continuò. Quando nel 1990 Menem concesse l'indulto agli ex comandanti e l'ex dittatore Jo rge Videla fece una rivendicazione di legittimità, Scilingo recapitò personalmente u n'altra lettera a casa sua. "La legga ma non si preoccupi di memorizzare i dettagli, gliene lascerò una copia . Si renderà conto che abbiamo fatto cose peggiori dei nazisti." Il testo era agghiacciante. Diceva: "Nel 1977, essendo tenente di vascello dest inato alla Scuola di meccanica, che dipendeva operativamente dal Primo corpo del l'Esercito, essendo Lei comandante in capo e in adempimento degli ordi7 La Commissione valuta le proposte dell'esecutivo in merito alla promozione de gli ufficiali superiori delle Forze Armate. Il parere deve poi essere confermato dal Senato in seduta plenaria. [N.d.T.] 24 ni impartiti dall'esecutivo da Lei allora presieduto, partecipai a due trasferim enti aerei, il primo con tredici sovversivi a bordo di uno Skyvan della Prefettu ra e l'altro con diciassette terroristi su un Electra dell'Aviazione navale. Fu loro detto che sarebbero stati evacuati in un penitenziario del sud e che per ta le ragione dovevano essere vaccinati. Ricevettero una prima dose di anestetico, che poi durante il volo venne rinforzata da una più forte. Personalmente non riusc ii mai a superare lo shock che mi provocò l'ubbidire a tale ordine. Nonostante fos simo in piena guerra sporca, il metodo di esecuzione del nemico mi parve poco et ico per essere adottato da dei militari e ho ritenuto tuttavia che in Lei avrei trovato l'opportuno riconoscimento pubblico della responsabilità in tali fatti. "Rispondendo a proposito dei desaparecidos, Lei disse: ci sono sovversivi che v ivono sotto falso nome, altri sono morti in combattimento e sono stati sepolti a nonimamente, senza inoltre scartare l'ipotesi di qualche eccesso da parte dei mi ei subalterni. Dove dovrei collocarmi? Crede Lei che quei trasferimenti settiman

ali fossero il prodotto di eccessi inconsulti? Finiamola con il cinismo. Diciamo la verità. Renda nota la lista dei morti, anche se in quel momento Lei non si ass unse la responsabilità di firmare l'esecuzione dei medesimi. L'ingiusta condanna c he dice di aver subito portava la firma di un presidente che ha aperto il proces so, la firma del Pubblico ministero che ha chiesto la condanna, la firma del giu dice che ha motivato la sentenza. Tutti loro, a torto o a ragione, l'hanno fatto a viso aperto. Noi abbiamo il peso della responsabilità di migliaia di desapareci dos senza esserci mai scoperti né aver mai detto la verità e Lei parla di rivendicaz ioni di legittimità. La rivendicazione di legittimità non si ottiene per decreto." C oncludeva annunciando che se Vìdela non si fosse assunto le proprie Responsabilità, lui avrebbe fatto pubblicare la lettera "in modo tale che si sapesse la verità". Cosa le ha risposto Videla? "Non mi ha mai risposto nulla." Scilingo spedì una copia della lettera all'ammiraglio Jorge Osvaldo Ferrer, primo capo di Stato Maggiore della Marina durante il governo Menem. Diceva che, poiché non avevano rifiutato l'indulto, gli ex comandanti avevano accettato che il verd etto del tribunale, che condannava Videla e Massera all'ergastolo, non avesse qu ella motivazione politica da loro attribuita al momento del processo. Di consegu enza, aggiungeva, i suoi vecchi subalterni si erano trasformati in "esecutori di ordini che potevano avere il carattere di reato". La legge del Punto finale li aveva liberati da ogni condanna ma, scrisse loro, "ciò non cancella la nostra resp onsabilità per i fatti a 25 cui prendemmo parte". Non voleva, "per mancanza di assunzione della responsabili tà nella vicenda dei desaparecidos", essere colpevole di favoreggiamento e aveva d eciso di costituirsi alla Procura della Repubblica per rendere testimonianza "co n lo scopo che venga determinato se, nell'adempiere agli ordini, abbia io commes so un qualche illecito". In qualità di ufficiale più anziano del capitano di fregata Alfredo Astiz, aveva in tenzione di rendere testimonianza davanti al tribunale francese che lo aveva con dannato "per spiegare la verità dei fatti addebitati e ottenere un legittimo non l uogo a procedere". Ferrer doveva ordinare "la pubblicazione dei nomi dei sovvers ivi giustiziati da membri che facevano parte integrante dell'esercito, indipende ntemente dal metodo usato". Scilingo chiedeva che la sua lettera fosse sottopost a a Menem. Il fascicolo di fotocopie che estrasse dalla valigetta conteneva anche una nuov a lettera a Ferrer. Vista la mancata risposta alla precedente, non si sentiva ra ppresentato dai suoi superiori, ma "usato e gettato via". La Scuola navale milit are, diceva, "mi ha educato a essere ufficiale di Marina", ma nella Scuola di me ccanica della Marina "ho ricevuto l'ordine di agire ai confini della legge, il c he mi ha fatto diventare un delinquente". L'atteggiamento degli ex superiori ris petto all'indulto "mi rende complice di favoreggiamento". Finiva con un riferimento críptico. Diceva che nella vita civile aveva commesso g randi sbagli, "tanto nel comportamento che in ambito economico-imprenditoriale". Questi venivano attribuiti alla "superbia, al senso di onnipotenza e di superio rità che sentivo nei confronti dei civili" acquisiti durante la dittatura militare , "quando credevo che tanto i miei superiori che il sottoscritto fossimo i salva tori della patria. Le disgrazie patite mi hanno dimostrato che solo la verità, la democrazia e la giustizia sono la vera soluzione per il nostro paese". Lasciò una copia dei precedenti incartamenti indirizzati a Menem al palazzo del G overno. Gli chiedeva l'autorizzazione a testimoniare di fronte alla Procura dell a Repubblica e alla magistratura francese e a diffondere la lettera a Videla. Sp erava anche di essere ricevuto in udienza privata in modo da "conoscere il pensi ero del mio comandante in capo sulla questione in oggetto". Neppure Menem gli ri spose. Lode alla tortura Menem non sapeva chi fossero Pernias e Rolón. Il segretario per gli Affari milita ri del suo governo Vicente Massot 26

- un intellettuale cattolico di estrema destra, autore di diversi saggi in cui s i scagionavano Hitler e Franco - aveva messo i loro nomi assieme a quelli da pro muovere. Massot era stato inoltre grande amico dell'ammiraglio Rubén Jacinto Chamo rro, capo del campo di concentramento dove prestavano servizio Pernias, Rolón, Ast iz e Scilingo. Massot, che aveva l'abitudine di andare a far visita a Chamorro a ll'Esina, fu il primo funzionario del governo costituzionale a difendere pubblic amente la'tortura. Per motivare le promozioni disse: "Ciò che bisogna chiedersi in termini machiavellici è fino a che punto, in talune occasioni, il fine giustifich i i mezzi. Un detenuto sa dove si trova una bomba che sta per esplodere e che uc ciderà centinaia di persone. Per non aver applicato la tortura lei potrebbe essere responsabile del crollo di una scuola, della morte di centinaia di bambini". La stessa questione fu proposta dal ministro dell'Interno della dittatura, gene rale Albano Harguindeguy, al vescovo della Patagonia Miguel Hesayne. "No, signor generale. Il fine non giustifica i mezzi," rispose l'inflessibile sacerdote. He sayne ammonì che "una vittoria ottenuta con atti indegni si converte subito in sco nfitta", perché "un esercito che tortura non resterà impunito di fronte a Dio creato re". Respinse l'opzione che "secondo i princìpi machiavellici rinuncia a Cristo e al suo Vangelo" e disse che "la tortura, chiunque ne faccia uso, è immorale". La c ongettura machiavellica di Massot e Harguindeguy partiva da un falso presupposto . Nessuna organizzazione della guerriglia in Argentina attaccò mai una scuola. Nel le sale di tortura i prigionieri non venivano interrogati sulle bombe che stavan o per esplodere ma sugli appuntamenti futuri con i loro compagni. Menem, furibondo, smentì che si volesse premiare il carnefice delle suore frances i. "È un'ignobile menzogna. In nessun momento il governo ha favorito promozioni di quel genere. Non vi è alcuna possibilità." E assicurò che gli ufficiali che avevano p artecipato alle torture non sarebbero stati promossi. La sua risposta fu causa di costernazione sia nel governo sia tra i militari. Q uando gli fu comunicato che aveva già firmato le carte, Menem rimase vittima delle proprie parole. La Commissione nomine del Senato consigliò di respingere la richi esta, parere che sarebbe stato ratificato nella sessione pubblica. Dalla Casa Ro sada,8 però, telefonarono al presidente del gruppo peronista che sollecitò la Commis sione perché riconsiderasse il caso. 8 Sede del governo nazionale. [N.d.T.] 27 Si convenne allora che Pernías e Rolón si difendessero di fronte alla Commissione n omine del Senato. Se gli ex comandanti erano stati favoriti dall'indulto, anche chi aveva avuto una responsabilità molto minore avrebbe dovuto essere promosso, ar gomentò il presidente di quella Commissione, un senatore peronista che nel 1983 fu il candidato sconfitto del suo partito alla vicepresidenza. Proprio quando comi nciava la tempesta, i principali capi della Marina abbandonarono la nave: il cap o di Stato Maggiore Molina Pico si recò a Tunisi per ricevere insieme a Menem la f regata-scuola Libertad, mentre il vicecapo andò a Parigi per una mostra navale. Pe rnías e Rolón arrivarono al Parlamento da soli e in abiti borghesi. Nonostante il Se nato non avesse convalidato la loro promozione, ricoprivano già la funzione di cap itani di vascello. Esibire i propri gradi di fronte ai senatori sarebbe stata un a provocazione e travestirsi con quelli di capitano di fregata avrebbe sminuito la loro autorità di fronte ai subordinati. I senatori stupefatti, senza nemmeno po rre domande pressanti, si sentirono dire ciò che le Forze Armate avevano negato pe r quasi due decenni. Vi era un solo precedente. Il contrammiraglio in congedo Horacio Mayorga che, d urante una intervista nel 1985, aveva detto: "La gente si stupisce per la storia di Astiz. Sa quanti Astiz ci sono stati nella Marina? Trecento". Gli ufficiali dell'Esina erano persone serie che uccidevano per la patria, "tipi che non aveva no un soldo. Astiz, il giorno 15, era uno che per mangiare andava alla mensa del la portaerei. Era gente che si giocava tutto quello che aveva per fare ciò che fac eva. Se hanno ammazzato della gente? Certo. Tutti sanno che li facevamo fuori. Q uattro o cinque venivano messi in prigione e tra questi quanti erano i recuperab ili? Uno. Ed era già molto. La cosa peggiore è ciò che quella gente deve sopportare or

a. Molti sono stati cacciati di casa dalla moglie, altri sono andati fuori di te sta, sono impazziti". Quello che parlava non era un uomo senza storia. Nel 1972, Mayorga era stato il capo della base navale di Trelew, dove - prendendo a pretesto un tentativo di f uga - fu compiuto il massacro preconizzatore di una ventina di detenuti politici . Dieci anni dopo si offrì di difendere Chamorro e Astiz, due tra i suoi discepoli più famosi, di fronte alla giustizia militare. Mayorga negò che all'Esina venissero tagliate le dita ai detenuti con una sega per evitarne l'identificazione con le impronte digitali. "Menzogne! L'unica cosa che avevamo all'Esma era la picana." 9 Manifestò anche il dissenso ri9 Strumento di tortura formato da una punta metallica attraverso la 28 spetto ai vertici della Marina dell'epoca. "Secondo me avremmo dovuto fare le fu cilazioni negli stadi, con Coca-Cola gratis e diretta in Tv. Io non ero d'accord o a 'lavorare da sinistra'." Lavorare da sinistra è un eufemismo argentino per des crivere le procedure illegali e clandestine. Tentò di convincere dell'umanitarismo della Marina la scrittrice nordamericana Tina Rosenberg: "Lei mi chiederà perché do vevamo sprecare iniezioni per questi prigionieri. Eppure l'abbiamo fatto". Le di sse che aveva visto cose terribili ma necessarie per vincere la guerra e assimilò quelli della Marina ai giocatori di rugby uruguaiani che una decina di anni prim a erano stati protagonisti di un caso che suscitò sgomento allorquando il loro aer eo si schiantò sulla cordigliera delle Ande e i superstiti mangiarono, per sopravv ivere, i resti dei compagni. Eppure loro "non erano cannibali", disse Mayorga. L 'ammiraglio si qualificò come un buon cristiano con la coscienza tormentata. "Dobb iamo condannare la tortura. Il giorno in cui si smetterà di condannarla - anche se torturiamo - il giorno in cui si resterà insensibili di fronte alle madri che han no perso i propri figli guerriglieri - anche se guerriglieri - allora avremo sme sso di appartenere al genere umano." Negò però che i signori del mare avessero stupr ato o rubato. "Parlano di noi come se fossimo selvaggi africani... Siamo ufficia li della Marina! Non ci sporchiamo le mani per un orologio d'oro!" Quella prima e solitària eccezione al patto di silenzio non ebbe conseguenze. May orga era in congedo ormai da tredici anni, inoltre le sue dichiarazioni furono f atte a una rivista di scarsa diffusione e a una scrittrice che le pubblicò in un l ibro soltanto molti anni dopo. Pernias e Rolón erano invece ancora in servizio, parlavano in prima persona come esecutori di atti atroci e l'ambito scelto era il Senato, davanti a giornalisti di tutti i mass media del paese. Le conseguenze furono immediate. L'avvocato dei famigliari delle suore domandò che la Commissione chiedesse precisazioni a Pernia s circa il luogo dove erano state abbandonate le salme "per dar loro cristiana s epoltura". Alain Juppé, allora ministro degli Esteri francese, si recò a Buenos Aire s sottoponendo il caso al governo argentino, accolse la visita delle Madri di Pl aza de Mayo e dichiarò che "trattandosi di due cittadine francesi torturate e assa ssinate per le loro idee, la Francia non dimentica". Il gruppo formato dalle Madri di Plaza de Mayo e dalle suore francesi non era u n'organizzazione militare o politica, quale viene trasmessa l'elettricità alle diverse parti del corpo del detenuto. [NA T.} 29 ma solo una dozzina di persone disarmate il cui unico vincolo consisteva nell'es sere imparentate con altri desaparecidos. Al momento del sacrilegio non stavano mettendo una bomba, ma raccogliendo fondi in una chiesa per far stampare la prim a inserzione con un elenco parziale delle vittime. In una qualsiasi società che si ritenga mediamente civile, la battaglia contro un gruppo come questo non può esse re spacciato per un "atto di servizio" senza - così facendo - compromettere gravem ente l'immagine delle Forze Armate. Menem trascorse la prima settimana della crisi all'estero. Quando fece ritorno, i suoi commenti non provocarono meno stupore delle rivelazioni dei loquaci tort uratori: "C'è stata una guerra sporca, tra le parti in causa, una lottò per far prev alere la legge, l'altra infranse costantemente quella legge. Credo che in quell'

occasione vinse la legge e quella vittoria dev'essere mantenuta integra". Pernia s aveva appena finito di dire che la tortura era l'unica legge mentre l'interpre tazione di Menem era che aveva vinto la legge. Il blocco di senatori del partito peronista decise di non concedere le promozio ni, ma Menem andò avanti in un crescendo di eloquenza. Ai vertici dell'Esercito di sse che "grazie alla presenza delle Forze Armate abbiamo vinto la guerra sporca" . Davanti alla Polizia rese omaggio all'organizzatore degli squadroni della mort e che avevano agito durante il breve governo di Isabelita Perón, la Triplice A.10 Menem disse che il commissario Alberto Villar era stato "uno dei capi più illustri ". In una delle sue quotidiane sortite radiofoniche disse che "al di là degli erro ri commessi, scomparve l'apparato sovversivo e questo lo dobbiamo agli uomini de ll'esercito". La rivendicazione di un oscuro passato suscitò grande perplessità tra le Forze Arma te. Nella stessa settimana il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, tenente gene rale Martin Balza, aveva detto: "Nulla può essere fatto sul passato. Si può lavorare sul presente e sul futuro. Il passato dev'essere analizzato con cura, con autoc ritica e umiltà". Balza fu il primo capo di Stato Maggiore a rifiutare la logica p erversa degli anni settanta e proclamò che "l'etica deve essere messa sempre al pr imo posto. Il fine non giustifica i mezzi. Non vi è giustificazione etica dei fini se si parte da procedure illegali". I vertici della Marina e dell'esecutivo chi edendo la promozione dei due capitani ostacolarono il difficile e doloroso tragi tto delle istituzioni militari dalla melma dello stato terrorista a un ruolo mod erno e compatibile con l'ordinamento democratico. 10 Alleanza Anticomunista Argentina. [N.d.T.] 30 Nemmeno il turbolento intervento di Menem attenuò l'effetto che la loquacità di Per nias e Rolón aveva prodotto all'interno della Marina. Tolti due dei mattoni fondam entali, tutto il muro di silenzio poteva crollare. Scilingo si recò all'ufficio po stale e imbucò la lettera-documento a Molina Pi-co. Se la Marina non diceva la ver ità, questa volta sarebbe stato lui a farlo. Una morte cristiana Nei primi due incontri raccontò la sua storia. Nel terzo era necessario fornire l a documentazione. Arrivò puntuale, all'ora convenuta. Non si era pentito. Portava con sé le fotocopie delle lettere che aveva promesso. "Adesso lei sarà sicuro che non mi tirerò indietro," disse. Bisognava solo registrare la sua voce. "Aspetti, non registri. Oggi dobbiamo preparare le domande," disse facendo qual che resistenza. No, registreremo. Il nastro'cominciò a girare. Lui allungò la mano per bloccarlo. Lasci quel registratore. Scilingo ritirò la mano. Questa volta doveva rispondere. Con dìciotto anni di ritar do iniziava a confessare. Come ricevette l'ordine di gettare prigionieri inermi in mare? "La prima informazione al riguardo l'ho ricevuta nel 1976 dall'ammiraglio Luis María Mendia, allora comandante delle operazioni navali, davanti agli alti ufficia li di tutte le unità dell'area di Puerto Belgrano [la più grande base navale della M arina argentina]. Annunciò che erano state previste delle operazioni militari spec iali, organizzate per la circostanza, per adeguarle alla lotta contro un nemico non contemplato all'interno della normale organizzazione. Spiegò che nel periodo c oloniale le divise servivano per distinguere le fazioni in lotta. In seguito era no servite per mimetizzarsi nei differenti ambienti e adesso noi avremmo dovuto utilizzare abiti borghesi per mimetizzarci tra i civili. Tutti gli ufficiali si erano riuniti nel cinema della base di Puerto Belgrano. Per quanto riguardava i sovversivi condannati a morte o di cui era stata decìsa l'eliminazione, disse che avrebbero preso il volo e alcuni di loro non sarebbero mai giunti a destinazione . Aveva chiesto il parere delle autorità ecclesiastiche, non so a quale livello ge rarchico, per far sì che si trattasse di una forma cristiana e poco violenta." 31

Da chi e come venivano condannati? "All'Esina il numero uno era l'ammiraglio Chamorro. Non so se si consultasse co n le altre autorità o se la decisione fosse solo sua. Per me era un argomento fuor i discussione, immagino che fosse stato tutto perfettamente vagliato. Eravamo co nvinti che si trattasse di una scelta umanitaria, come ci diceva Mendia." Interrogarono Mendia? ítf-t^ » Si. Che cosa gli chiesero? "Non ricordo. Mi sembra che una delle domande fosse sull'uso della divisa. Fu s cioccante. Siccome non si trattava di una riunione su questioni riguardanti la M arina l'argomento fu sconvolgente." Mendia la comunicò come una decisione già presa? "Figurava tra i piani scritti della Marina: operazioni militari speciali. Quest o è quanto fu spiegato, ciò che organicamente era stato pianificato. Lì era previsto i l gruppo tattico 3.3 che operò nella Scuola di meccanica della Marina." Un ordine militare dev'essere chiaro e preciso. Secondo quanto lei dice, Mendia trasmise un concetto poco chiaro con una frase confusa. "Si trattò di una descrizione generale dell'argomento. Illustrò un quadro della sit uazione. Non fornì i particolari, cosa che sarebbe stata fatta in ogni singola uni tà." Lei dice che ciò fu messo per iscritto. Però i voli non risultano tra i piani della Marina di cui si venne a conoscenza in seguito, al tempo del processo del 1985. "No, ciò che risultava per iscritto erano le operazioni militari speciali." Come avvenivano in concreto i trasferimenti a cui lei fa riferimento nella sua lettera a Videla? "Quelli a cui presi parte?" Sì, come riceveva le direttive? "Venivano impartite dal mio diretto superiore. Verso la metà del 1977, quando fui assegnato alla Scuola di meccanica della Marina, mi chiama il capo della difesa , capitano di fregata Adolfo Mario Arduino. Era terzo in grado ma divenne second o quando fu ferito il capitano di vascello Salvio Menéndez. Arduino mi avvertì che d ovevo fare un volo, che dovevo presentarmi al Dorado, la centrale dove venivano impartite le disposizioni in funzione presso l'edificio degli ufficiali. In quel momento era una cosa totalmente logica visto che si facevano i turni e poteva t occare a chiunque e tutta la Marina era coinvolta. Era un ordine e doveva essere eseguito. Non c'era nessun dubbio, non vi era niente di strano o se32 greto. In seguito Arduino è stato viceammiraglio e comandante di operazioni navali ." Invece nei gruppi operativi non venivano rispettate le gerarchle, si rompeva la catena dei comandi. "Erano gruppi commando. Dopo si tornò alla normalità, si tornò all'autorità di competen za. Si trattava di operazioni segrete." Nessuno fu sorpreso dal fatto che una decisione così grave come togliere la vita a-dette persone, non provenisse da una normativa responsabilmente emanata? "No. Non esiste nessun esercito dove tutte le direttive vengano emesse per iscr itto, sarebbe impossibile comandare. Il sistema che era stato messo in piedi per eliminare i sovversivi era organico, potevano esserci la fucilazione o altre fo rme di eliminazione. Lei può ben capire che per far spostare degli aerei non ci vu ole una banda, ma un esercito. Pensi che c'era una guerra in corso, ci arrivavan o disposizioni estreme ma coerenti che riguardavano sia l'arresto sia l'eliminaz ione del nemico." Nessuno si è mai domandato perché gli ordini di fucilazione non venissero firmati e d eseguiti da un plotone in forma pubblica?' "Sì, è stato uno degli argomenti discussi in quella riunione con il comandante dell e operazioni navali. Non si rendeva nota la sorte dei detenuti per evitare di fa r circolare informazioni e per creare incertezza nel nemico. Questa era la motiv

azione teorica che ci fu riferita. Il tempo ha dimostrato che la ragione era un' altra, perché molti anni dopo, quando si tennero i processi, nessuno disse ciò che e ra successo." Lei pensa che già in quel momento fosse chiara la volontà di eludere delle responsa bilità? "In quel momento, non lo so. Ma non ho dubbi che in seguito sono state eluse. P erché ora, dopo vent'anni, non è stata ancora detta la verità ai cittadini? Se tutti g li ordini erano legali, che cosa si vuole tenere nascosto? Perché il Parlamento no n ha tutti gli elementi per sapere se deve promuovere Rolón o Pernias o, domani, A stiz?" Che succede quando lei si presenta al Dorado? "Su una lavagna c'è un ordine scritto che indica chi fa parte della colonna che a ndrà all'aeroporto militare di Buenos Aires con i detenuti." Diceva "colonna che andrà all'aeroporto"? "Non mi ricordo l'espressione, però era la colonna che sarebbe andata all'aeropor to." Quando parlavate tra di voi come facevate riferimento a tutto ciò? 33 "Il volo." // volo? "Lo chiamavamo un volo. Era normale, anche se ora sembra qualcosa di aberrante. Anche questo era come Pernias o Rolón hanno detto ai senatori, e cioè che la pratic a della tortura per ottenere informazioni dal nemico veniva adoperata regolarmen te. All'interno dello schema, inseriti nella guerra che stavamo combattendo, que sto era uno dei metodi." Nella lavagna trova il suo nome e quello degli altri che devono venire con lei? "Il nome di copertura." Ma nemmeno tra di voi conoscevate i vostri nomi? "Sì, ognuno li conosceva. All'interno della Marina si conoscono tutti." Che senso aveva allora l'uso di un nome fittizio? "Per evitare che quello vero venisse a conoscenza del nemico. All'interno della Scuola vi erano sovversivi che collaboravano. Inoltre, quando qualcuno rientrav a con la divisa, di norma gli venivano tolte le spalline dal collo per evitare c he venisse identificato il grado." Mi può descrivere il passo successivo? "Sono andato in cantina, dove c'erano quelli che avrebbero volato. Giù non restav a nessuno. Fu loro detto che sarebbero stati trasferiti al sud e che per questa ragione sarebbero stati vaccinati. Furono così vaccinati... cioè, fu loro somministr ata una dose per intontirli, un sedativo. E così li si addormentava." Dose di che? "Non lo so. Un'iniezione." Chi la faceva? "Uno dei medici in servizio." Un medico della Marina? "Sì. Dopo sono stati messi su un camion della Marina, un camion verde con un telo ne. Siamo andati all'aeroporto militare, siamo entrati dalla parte posteriore, e lì ho saputo che l'aereo sul quale avremmo fatto il volo non sarebbe stato un Ele ctra della Marina ma uno Skyvan della Prefettura. Siccome non c'entravano tutti, il gruppo che doveva volare è stato diviso in due. Il mio era un ruolo secondario . Non so perché ma incaricarono me del primo volo. Sull'aereo salimmo in due, io e il mio capo e supervisore per gli affari di autovetture, il tenente Vaca, che p oi risultò non essere quel tale tenente Vaca ma un avvocato civile arruolato, cugi no del [capo dei Servizi informativi del gruppo tattico, il] Tigre Acosta. Dopo di che i sovversivi, che sembravano degli zombie, furono caricati e imbarcati su ll'aereo." 34 Lei continua a pensare a loro con quella parola o la usa adesso perché stiamo reg istrando?

"Io le sto raccontando i fatti come erano in quel momento." È per questo che parla al passato? Continua a pensare a loro come a dei sovversiv i? "No." . Come li chiamerebbe ora con parole sue? "Oggi, disgraziatamente, visto come si sono messe le cose, visto che si continu a a nascondere tutto e non si esce allo scoperto, credo che sia quelli che morir ono in quel modo, quelli che si sono giocati la vita, sia noi altri che stavamo lì, siamo stati tutti degli utili idioti, siamo stati usati. Quanti sono i sovvers ivi di una certa importanza che sono morti? Vada un po' a vedere chi sono quelli che sono morti." Chi sono? "Non credo che sia morto nessuno che avesse un'importanza tale da essere perico loso... Sì, è vero che il paese era in una situazione caotica. Ma oggi posso dirle c he sarebbe stato possibile trovare una soluzione diversa. Oggi penso che non c'e ra nessun bisogno di ucciderli. Li si poteva tener nascosti in qualche parte del paese. Le Forze Armate, però, non sono state le uniche responsabili di tutto ques to, gran parte della popolazione acconsentì alle atrocità che si stavano perpetrando ." Come si manifestò questo consenso? "Non credo che la gente fosse consenziente perché terrorizzata. Credo che chiese alle Forze Armate o avallò ciò che quelli avevano fatto. Qualche eccesso nelle proce dure, come si diceva allora, non veniva respinto. Era accettato. Sono state poch e le voci che si sono levate in segno di rifiuto. Se la maggioranza della popola zione si fosse dimostrata contraria, i fatti sarebbero stati altri. Oggi le dico che fu una cosa atroce. In quel momento eravamo assolutamente convinti di ciò che si faceva. Con la mentalità che avevamo, con la situazione che si viveva nel paes e, sarebbe una totale menzogna se le dicessi che in quelle condizioni non lo rif arei. Sarei un ipocrita. Quando ho fatto ciò che ho fatto, ero convinto che quelli fossero dei sovversivi. Non creda che mi renda felice o che mi faccia bene scen dere nei particolari o raccontarle ciò che lei mi chiede, anche se penso che la ve rità debba essere conosciuta. Adesso non posso dire che si trattasse di sovversivi . Erano esseri umani. Eravamo così convinti che nessuno di noi si era posto la que stione e, come ha detto Rolón al Senato, non c'era scelta. La maggior parte di noi fece un volo, a rotazione, una specie di comunione." 35 In cosa consisteva questa comunione? "Era qualcosa che doveva essere fatto. Non so cosa senta un boia quando deve uc cidere, abbassare la lama o attivare la sedia elettrica. A nessuno piaceva farlo , non era gradevole. Però lo si faceva e si capiva che quello era il modo migliore , non c'era nemmeno da discutere. Era qualcosa di supremo che si faceva per il p aese. Un atto supremo. Molto difficile da capire e spiegare, soprattutto dopo ta nto tempo e vedendo oggi le cose in modo molto diverso." La parola comunione ha una valenza mistica, carismatica. "Sì, era così. Una volta ricevuto l'ordine non si parlava più dell'argomento. Si eseg uiva automaticamente." Parteciparono tutti? "Venivano da tutto il paese facendo a turno. Qualcuno può essersi salvato ma solo per caso. Se fosse stato un gruppetto... ma non è vero, è stata tutta la Marina. L' Esma aveva uno staff permanente, il gruppo tattico, che aveva quel compito, e un altro transitorio che durava tre mesi. Inoltre mandavano in trasferta ufficiali di tutto il paese, per un fine settimana o per un giorno. I voli erano il merco ledì. Lo staff partiva eseguendo ordini legali, non uccidevano né assassinavano. Cat turavano e consegnavano. Il lavaggio del cervello era totale. I chupados " veniv ano interrogati per mezz'ora - non c'era molto tempo a disposizione - e, dopo, C hamorro decideva chi doveva morire." Qual era la reazione dei detenuti quando veniva detto loro della vaccinazione e del trasferimento? "Erano contenti."

Non sospettavano di cosa si trattasse? "Per niente." Quanto tempo ci voleva perché cominciassero gli effetti stordenti della droga? "Poco tempo." Durante il viaggio? "No, prima di partire." // camion andava in colonna... "... con altri veicoli di scorta. Sembravano degli zombie." Però potevano muoversi per salire sull'aereo. "Queste sono domande un po' macabre, anzi del tutto macabre. Si è trattato di un fatto reale e concreto. Se vuole che lo racconti, lo racconto." Non se ne può fare a meno. Lei stesso lo dice nella lettera a Videla. " Letteralmente "succhiati", in questo caso "detenuti". Il termine è stato anche usato per indicare i "pentiti". [N.d.T.] 36 "Perché è la verità, ciò che è successo. O lei ha qualche dubbio?" Nessuno. Anche se drogati riuscivano a salire sull'aereo camminando? "No. Dovevano essere aiutati." Non erano consapevoli di quello che accadeva? "Su questo non ho dubbi. Nessuno era consapevole di andare a morire." Ma credendo di essere stati vaccinati, quando cominciava 10 stordimento non pensavano che... "No, no, no." Allora: l'aereo lasciava l'aeroporto, e poi? "Non me la sento più di andare avanti." Questa volta riuscì' a bloccare il registratore. Per quale motivo non vuole andare avanti? "Perché no. La prossima volta." Con il registratore spento si rilassa. Si riprende appena si torna sul suo tema preferito e accetta di continuare. Lei dice che se Pernías, Rolan e Astiz non possono essere promossi, non dovrebber o nemmeno esserlo quelli più anziani. "Per me nessuno, dall'ammiraglio Massera fino all'ultimo arrivato che credo sia Astiz, avrebbe potuto rimanere nella Marina. C'era la rotazione totale. Tutti n ella Marina lo sapevano, e solo in pochi, che consideravamo traditori, se ne son o andati. Non c'era scampo, era fuori discussione. Eravamo tutti convinti che fo sse il meglio che potesse essere fatto per 11 paese, e inoltre era un ordine militare. Guardi ora il risul tato." Sì. "Non il risultato degli assassinii che sono stati commessi ma di tutti quelli c he non hanno parlato. Non dico che Ar-duino non avrebbe dovuto essere promosso v iceammiraglio, perché io non sono nessuno per giudicarlo. Però se può lui, può anche Rolón . Non so perché il capo di Stato Maggiore, ammiraglio Molina Pico, abbia così paura da nasconderlo. Sarà perché tutto ciò che abbiamo fatto è stato ai limiti della legge. A llora siamo tutti delinquenti e tutti se ne devono andare. Questo è il problema. Q uesto è quello che penso." Qual è stata la partecipazione di Molina Pico in quel periodo? "Non lo so. Però qualcosa ha avuto a che fare. Comunque era in Marina e non tra l e nuvole." Nella Scuola di meccanica c'era un gruppo escluso dal turno? "C'era un gruppo permanente al Dorado e un gruppo che ruotava ogni tre mesi che veniva da altri reparti della Marina." 37 Quelli che partecipavano ai voli erano solo del Dorado? "No, no. C'era la rotazione completa. Era tutta la Marina, non era una banda." Anche quelli che non avevano un ruolo permanente nella Scuola? "Sì."

Partecipavano anche quelli che venivano per tre mesi? "Non solo partecipavano quelli che arrivavano per tre mesi, ma anche alcuni che erano in altre aree e che venivano mandati specificamente per fare i voli. Tant o per intenderci, lo si faceva per comprometterli. Tutta la Marina era compromes sa in una lotta antisovversiva, o in quella cosa che adesso non so che cosa foss e. Perché se si trattava di una lotta anti-sowersiva organica non capisco che cosa c'è oggi da nascondere." Lei continua a ripetere che non eravate una banda. "Se lei crede che una banda di dieci individui sia in grado di mobilitare aerei della Prefettura e della Marina si sbaglia. Quella che si mobilitava era una Fo rza Armata. La grande differenza tra me e lei è che lei la chiama banda. Io sosten go che la Marina agì come Marina, finché mi sono sorti dei dubbi. Perché non si dice l a verità se si agì come Marina argentina, se venivano eseguiti ordini emanati corret tamente per via gerarchica? Tutta la Marina sapeva ciò che si stava facendo." Anche la mafia in Sicilia obbediva agli ordini di Tota Riina. Eseguire ordini n on qualifica un'istituzione. "Ma se lei è dentro un'organizzazione armata riceve sempre degli ordini, esegue d egli ordini o da degli ordini. Nella Marina non ci sono compagni, ci sono quelli che hanno pjù o meno anzianità." Ma quelle disposizioni devono essere legali. "Quelli erano ordini legali, nella Marina non esistono ordini che non siano leg ali. Se lei mi chiede cosa ne penso oggi è un'altra cosa, ma in quel momento non a vevo alcun dubbio." "Oggi cosa ne pensa? "Se fossero stati ordini legali nessuno si vergognerebbe di dire a tutti ciò che è successo, com'è che si è combattuto. Invece questo inconsueto nascondere, questo met tere in ombra, questo mistero... Qualcuno ha parlato di patto di sangue, qui non ce stato nessun patto di niente, nessuno mai mi ha detto: di questo non si parl a. Come posso accettare che qualcuno mi venga a dire che non si parli di questo? Si può accettare di non parlare, perché per un certo periodo ci sono segreti di gue rra. Però finita la guerra questa è storia e penso tra l'altro che faccia bene alla Repubblica che si sappia non solo ciò che si è fatto, ma anche che si diano gli elen chi degli 38 uccisi e dei morti, quale che sia stato il sistema, per fare in modo che si fini sca una volta per tutte con questa situazione assurda dei desaparecidos." Chi è in possesso di questi elenchi? "Non so chi li abbia in questo momento. Però in forma organica, non a livello di banda, si è saputo attraverso i comandi che in una delle ultime riunioni della Giu nta militare l'allora ammiraglio Massera, prima di andarsene, aveva sottoposto l a questione dell'imprescindibilità di far conoscere le liste dei desaparecidos. Se condo quanto ci è stato detto attraverso la catena gerarchica, gli altri membri de lla Giunta si sono opposti, in special modo Videla." Le risulta che queste liste esistano? "Devono esistere, in quel periodo esistevano. Io credo che dovrebbero essere in possesso dei capi di Stato Maggiore. È logico che sia così. Se si è agito come io cre do, non si possono gettar via le liste dei morti. Adesso ho il sospetto che si s ia agito in modo atipico, oscuro, perché ora non diciamo la verità... non so... può da rsi che qualche capo di Stato Maggiore le abbia buttate via. Sarebbe interessant e rendere pubblica la cosa. In alcune delle mie note ho posto il problema ma non ho mai avuto risposta." Lei insiste sul fatto che non eravate una banda. Però in una delle sue lettere di ce che nella Scuola di meccanica della Marina hanno fatto di lei un delinquente ordinandole di agire ai confini della legge. "Sì. Lei mi chiede cosa abbiamo fatto. Io ne ero totalmente convinto. Quando Alfo nsin riceve l'incarico c'è il processo alle Giunte militari. Si dice che è un proble ma politico. Sono condannati. Si insiste nel dire che è un problema politico. Però, una volta concesso l'indulto, questo viene accettato senza nessun problema. Allo ra che cosa ne facciamo di tutto ciò che è successo? Se l'indulto viene accettato, v

uoi dire che si accetta la condanna e il processo che la precede. Vuoi dire che è tutto vero e non una manovra politica, vuoi dire che vi è stata un'azione ai confi ni della legge." Ma lei non aveva bisogno che l'indulto venisse accettato per sapere che agivate ai confini della legge e che le testimonianze dei processi erano vere. I supers titi hanno raccontato esattamente le stesse cose che lei ha vissuto. Tutti i res oconti delle vittime e delle organizzazioni per i diritti umani che sono state a scoltate nel processo coincidono con la sua deposizione. "È stato Videla a dirlo?" No. "E perché non lo ha detto?" Lei perché crede che non l'abbia detto? 39 "È una cosa che mi è difficile da accettare. Se lei mi costringe a stabilire se abb iamo agito dentro o fuori la legge, io credo che abbiamo agito come delinquenti comuni. Mi risulta difficile accettarlo, però gli altri mi hanno dimostrato che è co sì. L'ammiraglio Molina Pico non parla della cosa, l'ammiraglio Ferrer non parla d ella cosa. Gli scrivo e non ho nessuna risposta. Se furono atti di guerra e ordi ni militari, perché non mi rispondono? Non lo capisco. I miei dubbi sono fondati." In quel momento nessuno ha dubitato, nemmeno per un istante, della legittimità de ll'ordine di gettare i detenuti in mare da un aereo in volo? La formazione crist iana, l'educazione militare, non erano in contraddizione con tutto ciò? "Quei pochi che sono andati via dalla Marina si sono evidentemente opposti a qu esto. Quasi tutti pensavamo che eravamo traditori... scusi, che erano traditori. " Quanti ne conosce che se ne sono andati? "[Il capitano di fregata Jorge] Búsico e un altro di cui non ricordo il nome." Solo due. Ciò significa che la formazione è stata molto carente. "No, no, no. Credo di no. Perché se le Forze Armate sono come devono essere, lei ha totale fiducia nel suo superiore. Forse non le riesce facile capire, però la co sa logica è non dubitare del superiore. Se uno si ferma ad analizzare ogni ordine. .." Ma non è un problema tecnico. "Tecnico no. Però eravamo tutti convinti che questa era una guerra diversa per la quale non eravamo preparati e nella quale s'impiegavano gli elementi che avevam o a disposizione, sapevamo che il nemico era sempre ben informato e questa infor mazione gli doveva essere negata. Da un punto di vista religioso, parlando con i l cappellano, tutto ciò era accettato." I cappellani approvavano il metodo? "Sì. È chiaro che tutto ciò che le sto dicendo non è stato facile da accettare sul pian o personale: anche se, al ritorno del primo volo, a freddo pensavo che fosse cor retto, dentro di me la realtà non era così. Credo che sia un problema dell'essere um ano, se avessi dovuto partecipare a una fucilazione mi sarei sentito nello stess o modo. Non credo che per nessun essere umano sia piacevole ucciderne un altro. Il giorno dopo non mi sentivo molto bene e sono andato a parlare con il cappella no della Scuola che mi ha fornito una spiegazione cristiana della cosa. Non so s e questo è stato di conforto, ma almeno mi sono sentito meglio." 40 Quai è stata la spiegazione cristiana? "Non mi ricordo molto bene, però mi diceva che era una morte cristiana perché non s offrivano, perché non era traumatica. Diceva che dovevano essere eliminati, che la guerra era la guerra, che perfino nella Bibbia era prevista l'eliminazione dell 'erba cattiva dai campi di grano. Un po' mi ha sostenuto." Anche altri suoi compagni si sono sentiti scossi? "In fondo tutti si sentivano scossi." Ma ne parlavate tra di voi? "Era tabù." Voi partivate, gettavate trenta persone vive in mare, rientravate e non parlava

te tra di voi dell'argomento. "VT " No. Riprendevate la routine come se tutto ciò non fosse mai successo. "Tutti vogliono cancellarlo, io non ce la faccio." Ma di cosa crede che ognuno parlasse a casa propria, con la propria famiglia? "Non lo so." Lei non ne- ha parlato con la sua famiglia? "Un poco alla volta. L'unica persona con la quale ne parlai fino in fondo, ma u n poco alla volta, perché mi riusciva difficile, fu mia moglie. Dopo, con il tempo , ne parlai anche con due amici civili. In fondo desideravo che qualche mio supe riore dicesse alla cittadinanza cosa accadeva in quel periodo. Era questo l'impo rtante. Se ciò che dico è vero, se è vero che si è agito all'interno delle norme militar i, eseguendo ordini, e nessuno dubitava che tutto fosse regolare, perché viene ten uto nascosto? E lei mi dice che agivamo come una banda." Agivate come una banda e avete fatto cose che vanno contro le leggi della guerr a, delle convenzioni intemazionali, della morale cristiana, della morale ebraica , della morale musulmana. "La fucilazione è un'altra immoralità. O forse è meglio? Chi soffre di più, quello che sa che sarà fucilato o quello che è morto secondo questo sistema?" "// diritto di sapere che si morirà non può essere negato a nessun essere umano. È un a misura elementare di rispetto della dignità umana, anche in una situazione limit e. "In questo sono d'accordo con lei. Se io fossi dall'altra parte preferirei sape rlo. Ha ragione. In quel momento non ci ho pensato. Pensavo che fosse vero quell o di..." Non le sembra che farlo in quel modo è, al di là di ogni cosa, una grande vigliacch eria? Evitare lo sguardo della persona 41 che dev'essere uccisa, trasferirli tutti contenti, ingannarli e poi rientrare co me se niente fosse, per non ricordare né un grido né uno sguardo? "Messo così, può anche essere. Che non si trattò di un fatto normale oggi non ho alcu n dubbio. È una cosa che condanno e non perché voglia in qualche modo giustificarmi. Credo che non ci siano giustificazioni. Però credo che sia ingiustificabile anche andare avanti cercando di nasconderlo. Io ho criticato molto le Madri di Plaza de Mayo, le ho considerate le mie nemiche. Però se fosse successo a me ciò che è succe sso a loro farei altrettanto o di più di quanto hanno fatto loro." Non lo credo. Sono molto più coraggiose di lei. "Perché dice così?" Per le scelte che ognuno ha fatto. "Le sto dicendo: se fossi al loro posto." Lei sarebbe rimasto a casa. "Questo è quello che pensa lei." Sì. "Non sono d'accordo. Non credo che ci sia aberrazione maggiore per un padre che avere un figlio scomparso. Un figlio o è vivo o è morto, però scomparso non esiste. E di questo sono colpevoli le Forze Armate." E questo non le è passato per la testa mentre era in Marina? "No." Allora, oltre a essere una banda di delinquenti eravate pure malati. Adesso lei lo dice molto chiaramente, un'aberrazione, colpa delle Forze Armate. "Questa aberrazione è responsabilità delle Forze Armate e adesso pure del governo c he deve esigere la pubblicazione delle liste dei morti. Non fraintenda ciò che dic o delle Madri di Plaza de Mayo. Non so se avrei avuto il coraggio che hanno avut o loro." 1 Non vi è militare argentino che abbia avuto il coraggio delle \ Madri. "Questa è la sua opinione politica e mi sembra del tutto fuori luogo. Perché lo dic e?" Per le scelte che ognuno ha fatto. Mentre voi gettavate persone indifese dagli

aerei, loro, nelle condizioni più penose, uscivano per chiedere giustizia. Questo richiede molto più coraggio. "Non mi fraintenda." Vi erano registri nella Scuola di meccanica della Marina? "Era perfettamente strutturata, era una organizzazione militare, non una banda come dice lei." Era una banda con tanto di registri contabili. 42 "Questo lo dice lei." Avevate dei registri contabili? "C'era una contabilità di tutto. Non era una contabilità dei morti. Era all'interno di una organizzazione militare. Secondo lei l'Esma era un gruppo armato. Vuole separare la Marina dall'Esina o l'Esma dalla Marina?" No. "Lei dice che tutta la Marina era una banda?" Sì. "Su questo sono d'accordo. In quel momento non era così. Se lei dice che era coin volta tutta la Marina, è mai possibile che alcuni vengano promossi e altri no? Il Senato può promuovere alcuni e altri no? Ha tutti gli elementi? C'erano uno, due, o tre che torturavano o uccidevano e il resto no?" Mi sta dicendo che tutti torturavano e uccidevano? "No. Erano tutti in Marina quando lo si faceva e tutti a turno adempivano a div erse funzioni. In una guerra uno pulisce, l'altro cucina, altri uccidono. Però que sto non significa che non abbiano partecipato tutti alla guerra o alla banda, co me la chiama lei o come fanno capire le autorità della Marina quando non dicono la verità." Però cucinare non è lo stesso che torturare. "Quando si è in guerra non si pensa. È il nemico. Altrimenti, mi spieghi perché la Ma rina si è comportata in questo modo. Nella Scuola di guerra venivano addestrati as sassini per lottare contro civili indifesi?" Lo dice lei nella sua lettera: hanno fatto di me un delinquente. "Perché il tempo ha dimostrato, con l'atteggiamento dei miei superiori che hanno voluto nascondere tutto, che si è agito in forma anomala. Lei esegue ordini, e una volta trascorso il tempo sufficiente perché perdano il carattere segreto per ragi oni operative, si continua a tenerli nascosti o si mente direttamente come ha fa tto Videla quando ha detta che riconosceva che alcuni sovversivi avevano lasciat o il paese, altri erano morti e non identificati e che forse c'era stato qualche eccesso. Questo è mentire in modo indecente. In base a questo dico che siamo stat i trasformati in delinquenti. Perché tutti noi che eravamo subordinati all'interno dell'organizzazione navale, credevamo che fossero direttive serie e coerenti. M a poi, invece, vediamo che si nasconde la verità. Perché viene nascosta? Si nasconde quando si fa qualcosa che non va bene. Perché crede che non abbiano risposto alle mie lettere?" Perché non hanno niente da rispondere. Lei diceva che il Senato non è in possesso d i tutti gli elementi. Ne ha molti e po43 irebbe averne di più, Pemias e Rolón sono però i primi protagonisti che cominciano a r accontare ciò che accadde. Finora questo si sapeva dalle dichiarazioni delle vitti me, dalle organizzazioni per i diritti umani e dai tribunali di giustizia. Ma un ufficiale non aveva mai riferito in prima persona ciò che ha detto Pemias, che la tortura era la regola degli interrogatori. "Ma non tocca a un capitano di fregata parlare di queste cose." Di fronte ai tribunali hanno sfilato tutti gli ammiragli che hanno impartito or dini, e nessuno lo aveva mai ammesso. "Perché?" Per vigliaccherìa. O lei ha un'altra spiegazione? "Nessuna. Allora avevo ragione nella mia memoria, che abbiamo agito da delinque nti."

Certamente. Corn è che si è deciso a scrivere la prima memoria? "Per me è inaccettabile la dichiarazione che ha fatto Vi-dela quando è uscito dal c arcere con l'indulto. Ho portato di persona la lettera a casa sua e l'ho consegn ata a una guardia del corpo che mi ha firmato la ricevuta. Non mi ha mai rispost o. Allora ho informato, attraverso una memoria, l'ammiraglio Ferrer. Quando mi s ono stufato di non ricevere risposta dai miei superiori, ho spedito un'altra let tera, con fotocopia di tutte le precedenti, al presidente della Repubblica in qu anto comandante in capo delle Forze Armate." Che ne è stato? "Non mi hanno mai risposto. Da quello che ho saputo, il presidente Menem ha let to la lettera e ha detto: 'Fermate quel pazzo'. Si vede che è un argomento molto d ifficile. Non ho trovato chi mi sostenesse. Ne ho parlato con altri ufficiali, m a si tratta di un argomento molto complesso." Che cosa ha detto? "Che era ora che venisse tutto alla luce, che era ora di smetterla e di dire la verità. Non per difendersi né giustificarsi, ma la cruda realtà è questa. Mi sembra ina ccettabile il termine desaparecido, e che inoltre lo porti io sulle mie spalle. Perché né io né nessun altro nella Marina, abbiamo fatto scomparire nessuno. Abbiamo e liminato il nemico in guerra, avremmo potuto farlo anche tramite fucilazione. Ch i sono quelli che li hanno trasformati in desaparecidos? Quelli che hanno respon sabilità ai vertici della Marina e del Governo. La questione torna a galla con la mancata promozione dei capitani Fermas e Rolón, che a me pare la più grande ingiusti zia. E voglio che le sia chiaro che non parlo personalmente con loro da molto te mpo. Non so nemmeno che cosa pensano delle mie lettere. Quando Astiz ha saputo d elle mie pratiche 44 per presentarmi a testimoniare all'ambasciata di Francia e dimostrare che si sta va commettendo un'ingiustizia, mi ha fatto sapere che era meglio non creare scom piglio, perché gli era stato promesso che la sua situazione sarebbe stata sistemat a con discrezione. Non ho mai pensato che il silenzio potesse arrivare fino a pe rmettere che la Commissione nomine del Senato, non essendo adeguatamente informa ta, commettesse un'ingiustizia, in quanto la vicenda riguardava tutta la Marina, e dall'ammiraglio Massera fino all'ultimo tenente di corvetta che vi partecipò, n essuno avrebbe dovuto essere promosso se non fossero stati promossi Pernias e Ro lón." Lei dice che tutti gli ufficiali della Marina parteciparono ai sequestri, alle torture e alle esecuzioni clandestine? "Nessuno degli ufficiali della Marina partecipò ai sequestri, alle torture e alle eliminazioni clandestine. Tutta la Marina partecipò agli arresti, agli interrogat ori e alle eliminazioni dei sovversivi, che potevano essere eseguiti in modi div ersi. Lei sa che sarebbe stato uno sproposito fare una perquisizione domiciliare con un regolare mandato del giudice; con un semplice interrogatorio non si sare bbe ottenuto nessun tipo d'informazione; e sarebbe stato lo stesso eliminarli tr amite fucilazione se così veniva deciso dalla gerarchia militare. Non è che voglia g iustificarmi né giustificare quelli che sono stati lì." Lei partecipò alle torture? "No. Però mi sento coinvolto nel problema, non avevo nessun dubbio che se ne face ssero. Ho assistito a un interrogatorio." Allora vi ha partecipato. "No, no, no, ho solo osservato." Che significa assistere a un interrogatorio? Lei vi partecipò. "No, no, no, perché non ho nemmeno interrogato. Sono andato lì, mi sono avvicinato per una serie di cose che al momento opportuno le racconterò." Doveva parlare con qualcuno che era lì? "No. Fu per un'altra serie di circostanze che mi ha portato a entrare in un pos to dove si stava interrogando una persona." Voleva ascoltare l'interrogatorio, era interessato a quella persona? "No. Ho avuto un dubbio personale che forse dopo le dirò." Lei sostiene di non aver partecipato alle torture.

"Ma crede che non sapessi che negli interrogatori veniva usata la tortura, o cr ede che qualcuno nella Marina non lo sapesse?" 45 Una cosa è sapere, un 'altra è partecipare. "Qual è la differenza? Non c'è differenza. Se lei sa che è sbagliato, anche se non pa rtecipa, se ne deve andare o deve opporsi attraverso una dichiarazione scritta." Però non è la stessa cosa sapere che qualcosa accade e farla. "Era il metodo consueto e tutti ce ne eravamo fatti carico, così che quella respo nsabilità non è eludibile per nessuno. È diverso se lei se ne sta fuori ed è totalmente estraneo. Lei non c'entra, potrà fare delle denunce. Però se uno è dentro e l'accetta, è complice. Tutti, in un modo o nell'altro, vi presero parte. Non si può attenuare la responsabilità di coloro che non parteciparono direttamente." Qual è la percentuale di coloro che non parteciparono direttamente? "Non lo so.- Quelli che presero parte agli interrogatori sono molto pochi. Lei lo sa che i tipi che torturavano erano della Prefettura e della Polizia?" '2 Sotto lo sguardo attento e le direttive dei signori del mare, che non si sporca vano le mani. "Quelli che prendevano parte alle operazioni - che lei chiama sequestri e che i n realtà erano arresti - erano molti, perché si davano il cambio. Perfino il fine se ttimana, oltre a quelli di turno, venivano per prestare servizio ufficiali da di verse aree. Per i voli, non so quale percentuale abbia o no volato." La tortura era una specialità per pochi? "Di quelli che facevano gli interrogatori. Penso che non sia così facile torturar e." Per ragioni tecniche? "Sì, per questo. So di due persone che facevano gli interrogatori. Se uno aveva b isogno di informazioni, gliele chiedevano a quelli che facevano gli interrogator i. Lei però centra l'argomento sulla tortura come se fosse responsabilità solamente di coloro che l'applicavano. Niente affatto. Eravamo tutti ugualmente responsabi li. Che cosa vuole? Vuole giustificare coloro che in quel momento erano in Marin a?" No. Voglio arrivare fino in fondo alla descrizione di ciò che succedeva per saper e tutto quello che lei sa. Ai voli partecipavano tutti o anche questa era una sp ecialità per pochi? "Si facevano i turni. Non so se a partecipare sia stato il cento per cento, com unque, a ogni volo partivano persone diverse. Ci sono ufficiali superiori che ha nno partecipato a 12 Questa affermazione di Scilingo non coincide con la testimonianza degli ex p rigionieri: quelli che facevano uso dell'arma decisiva della guerra sporca erano gli ufficiali della Marina. Si veda anche p. 129. 46 voli e sono stati promossi. Perché Rolón no? Bisogna mettere insieme tutti gli eleme nti e farli conoscere, perché il paese sappia ciò che è successo, questa è la vera stori a. Insisto sul tema dei desaparecidos perché è un'aberrazione, c'è chi vive e c'è chi so ffre. Il paese comunque ha fatto molto poco." A parte i voli, guai era la sua funzione? "Ero per strada, ero capo del reparto macchine dell'Esina, responsabile di 202 veicoli. Più di 50 della Marina, il resto veniva da fuori..." Rubati per strada... "Questo lo dice lei. Erano vetture recuperate." // fatto che queste macchine venissero da 'fuori, anche questa era una decision e organica? "Certamente. Le cose funzionavano così: se c'era bisogno di un carro armato, si p rocurava un carro armato e se c'era bisogno di una Ford, si procurava una Ford. L'obiettivo era distruggere il nemico, con qualsiasi mezzo e con gli elementi ne cessari. C'era un sistema secondo il quale ci si procuravano tutti i veicoli che servivano." Come ve li procuravate? Gli ufficiali andavano in giro a fare contatto con i fi

li per mettere in moto le macchine'? "Nooor. Non andavano mica gli ufficiali." I sottufficiali? "Non lo so." Come, lei, il capo del reparto macchine, non lo sa? "A me le macchine le portavano. Evidentemente non erano veicoli puliti. Le macc hine dovevano essere trasformate, ridipinte di verde. Questi ordini mi venivano dal tenente Vaca, il cosiddetto tenente Vaca. E così si faceva." E gli cambiavate la targa. "No. La targa non era una questione di competenza del reparto macchine. Venivan o cambiate nell'area parcheggio. Era competenza di Vaca. Il movimento di macchin e e di pezzi di ricambio era tale che c'era un grande giro di denaro. La ragione ria si occupava dei soldi ma la situazione non era molto chiara. Fui costretto a cercare un nuovo capofficina, che alla fine fu un sottufficiale dell'Esercito. Si chiamava Juan, bravissimo. Tentò di mettere ordine, ma la situazione era ingest ibile. Il problema era che tramite le targhe non si poteva avere un controllo de i veicoli perché queste cambiavano in continuazione. Che vuole che le dica, è stato un anno molto particolare. Il reparto macchine era organizzato come un'officina, non più militare ma civile. Avevamo perfino dei manuali della Ford, vista la quan tità di veicoli che c'erano in giro. È stato assunto personale civile esterno alla M arina. Questo ci ha dato qualche problema perché a volte arrivavà47 no macchine insanguinate e i civili non erano abituati. Era un'officina normale. " Che cos'era il camioncino F-100 Swat, che veniva usato per torturare in movimen to? "Non era per torturare in movimento, non è vero niente." C'erano delle cuccette... "Era per lo spionaggio. Quasi sempre ci viaggiava dentro un sovversivo o una so vversiva per segnalare della gente. Si restava ore e ore rannicchiati in un nasc ondiglio aspettando la persona. Era una roulotte. Glielo dico perché era molto spe sso in officina. Aveva l'aria condizionata e altri sistemi necessari per compier e un lavoro di spionaggio lungo e non farsi identificare. Ma non c'era niente pe r torturare. Fare dello spionaggio non è torturare ma ottenere informazioni dal ne mico." Qual era il suo nome di copertura? "Ormai non me lo ricordo più." Non le credo. "Mi sembra che fosse Puma, o qualcosa del genere. Però non sono molto sicuro. La maggior parte del tempo ero in uniforme, con le macchine, dovevo tenere il viso scoperto. Partecipai a delle operazioni, ma poche volte. Non è che fossi tutto il giorno in borghese. Forse l'essere stato così tanto tempo in uniforme mi ha reso i percritico su certe cose." Prese parte anche a operazioni di sequestro di persone? "Una volta. Anche se ero in un settore chiaramente logistico, una volta parteci pai. Lei dice sequestro, però allora erano arresti." Come sono andate le cose? "C'era il camioncino che diceva lei, con i 'segnalatori'. Ci doveva essere un a ppuntamento. Identificarono il tipo che doveva essere arrestato e che in effetti fu poi preso." Come l'avete preso? "Appena quello si rese conto di cosa stava succedendo, cominciò a sparare. Oppose resistenza, fu necessario sparargli e così venne ferito. Fu colpito da un proiett ile all'anca. Toccò a me portarlo in ambulanza all'ospedale della Marina, dove fu operato per estrargli il proiettile." Dopo che ne è stato di lui? "Non lo so. Sarà stato interrogato con tutto quel che ne consegue." Lei non sa chi fosse? "Credo fosse il capo dell'operazione che aveva tentato di far saltare in aria l

'aereo presidenziale. Ho avuto modo di parlargli in ambulanza. Fu un discorso tr a due nemici convinti. Non so chi fosse più convinto di ciò che faceva. Molto 48 fermo, molto serio. Da rispettare. Mi è rimasto impresso il ricordo. Credo che fos se sommozzatore, si diceva che fosse stato addestrato nell'estremo sud dell'Arge ntina." Che età aveva? "Sulla trentina." Dalla sua descrizione potrebbe essere Alfredo Nicoletti, che l'anno scorso è stat o arrestato con la superbanda dopo aver rubato un blindato. (Guarda il registratore, si rende conto che è in funzione e fa solo un gesto con il pollice indicando il cielo, mentre scuote la testa. Ha dei dubbi se registrar e.) "Non credo che possa essere lui perché mi pare che dopo scomparve," dice riprende ndo il dialogo. "Vengono rinfacciate tante colpe ad Astiz, però una volta che il g ruppo consegnava il detenuto, lui non sapeva più cosa succedeva." Lei sapeva ciò che succedeva. Sapeva che venivano interrogati con la tortura e ch e dopo li gettavano dagli aerei. "Sì, ma quello che voglio dire è che Astiz... di cosa lo si accusa? Di aver sequest rato, torturato e ucciso. Si renda conto che era la Marina argentina che ha arre stato, interrogato e fatto fuori. Ü detenuto viene consegnato al Dorado e da quel momento intervengono quelli dei Servizi informativi per interrogarlo e tutto que l che ne segue." Se la Marina raccontasse tutto alla Commissione nomine del Senato, che cosa imm agina potrebbe succedere? Pensa che direbbe: "Ah, no! se le cose stanno così, dobb iamo promuovere Pemias o Astiz"? "Potrebbe dire di no, però dovrebbe essere esaminata la loro posizione e quella d egli altri. Non possono usare due pesi e due misure." E, in questo caso, quale crede sarebbe la misura da adottare? "Non lo so. Che decida la Commissione nomine. O se ne andranno tutti o verranno tutti promossi. Così, semplicemente." E lei che pensa: se ne andranno via tutti o verranno tutti promossi? "Non mi pare logico che se ne vadano via tutti." Allora dovrebbero essere tutti promossi. "Tutti quelli che possano superare i normali ostacoli della carriera, ma non pe r problemi politici." Questo però non è un problema politico. Dovrebbero essere promossi tutti quelli che hanno partecipato? "Qual è la differenza tra il tenente X e il tenente Rolón?" Lo sa lei. "Nessuna. A un certo momento è venuto fuori il nome di 49 Rolón, ma ci sono altri che, diciamo da un punto di vista umano, possono aver fatt o cose peggiori. Rolón faceva parte dei Servizi informativi. Non sono certo che lu i abbia fatto un volo. Chi lo può decidere? Forse la Commissione nomine, se avesse tutti gli elementi. Lei ha visto, si sono recati tutt'e due da soli a prestare testimonianza. La cosa mi sorprese. Qualcuno lo avrà deciso. Non immagino un caso simile nell'Esercito, un tenente colonnello che va da solo e senza divisa a rend ere testimonianza di fronte alla Commissione nomine, senza un superiore a fianco che lo assista. Questo da ragione a lei, sono stati tutti dei mascalzoni. Sono cose che mi creano talmente tanti dubbi che non so chi abbia ragione, se lei o i o." "Perfinire con la banda, a che livello bisognerebbe fermarsi? "Capitano di fregata." Da capitano di fregata in su parteciparono tutti? "Sì." Quali conseguenze operative avrebbe mandarli in pensione? "Non credo sia molto coerente decapitare una forza armata in modo così traumatico

." Lei crede che debba essere stabilito che tutti hanno partecipato e quindi non c i possono essere sanzioni per nessuno? "È una decisione della quale non posso proprio discutere. È completamente al di là di quanto possa dire. Dovrebbe essere analizzata al massimo livello politico." Però qual è la sua motivazione? In una delle lettere lei si offre di testimoniare a favore di Astiz all'ambasciata di Francia. "Astiz era un tenente di corvetta, eseguiva degli ordini. È impensabile che un te nente di corvetta - banda o non banda - possa prendere decisioni come quelle che si pretende attribuire ad Astiz. Eseguiva ordini, non gli si può dare del mascalz one. Non c'è nessuno che è andato a dire la verità alla giustizia francese." Non l'ha detta nemmeno Astiz. "Lo avrebbero tenuto in carcere lì." Poteva dirla qui. "Astiz non può fare dichiarazioni pubbliche, è in esercizio attivo, deve chiedere l 'autorizzazione." Però quando è stato processato in Argentina ha testimoniato. "Avrà ricevuto le direttive su cosa doveva dire. Perché la banda, come la chiama le i, che per me non è affatto una banda, si muoveva così, autorizzata, eseguiva ordini . Ha visto che anch'io ho chiesto di essere autorizzato." E nessuno le ha risposto. 50 "Sa perché non perdonano Astiz? Perché si è infiltrato tra le Madri di Plaza de Mayo. Però per fare una cosa del genere bisogna avere le palle." Per consegnare una dozzina di vecchie e suore non è necessario alcun coraggio, è un a vigliaccheria. "Però lei sa ciò che gli avrebbero fatto se fosse stato scoperto?" Sarebbe stato allontanato. Di quale coraggio ha avuto bisogno per consegnarle? "Ma lei crede che quelle erano sole? Se le ordinano di infiltrarsi in un posto per accertare alcune cose... Per lei non succedeva niente nel paese?" Che rischio correva il signor Astiz a infiltrarsi in un gruppo di famigliari di desaparecidos che a Natale raccoglievano fondi per pubblicare un'inserzione, ce rcando di ricostruire, con tutte le difficoltà di chi non ha il potere che avevate voi, la lista dei desaparecidos che lei stesso dice che la banda avrebbe dovuto pubblicare? "La banda no, la Marina. Lo dico ora, ma in quel momento la pubblicazione forse non era opportuna. Perché se sono stati impiegati tanti metodi non convenzionali era perché la guerra non età convenzionale. Si trattava di non dare informazioni al nemico, creare l'incertezza su ciò che era capitato ai detenuti, o ai sequestrati come dice lei. La cosa logica sarebbe stata informare la cittadinanza di ciò che e ra veramente accaduto, chi erano i morti, prima che fosse conferito l'incarico a l presidente Alfonsin. Ma dare informazioni non cambierà niente, non ritorneranno in vita quelli che sono morti da una parte e dall'altra, ci sono poi ferite che chissà quanto tempo ci vorrà per rimarginare. Benché sia stata concessa l'amnistia, qu esto problema non può essere risolto né per decreto né per ordinanza. Sarebbe stato mo lto diverso se la verità fosse stata conosciuta, se si fossero eliminati i desapar ecidos per trasformarli in morti. Invece ancora oggi vengono considerati scompar si." Cosa crede sarebbe capitato ad Astiz se fosse stato scoperto quando s'era infil trato nella chiesa di Santa Cruz? "Avrebbero potuto ucciderlo." Chi? "Come chi?" Le suore? "No, no, ma lei crede che quelle fossero da sole?" Cosa crede lei? "Credo che fossero appoggiate dai gruppi sovversivi." Appoggiate, come? Crede che si trattasse di un'organizzazione multare equivalen te alla vostra? Mi sembra che lei abbia

51 una visione molto distorta dei fatti. Sono passati molti anni e non vi è stato un solo episodio di vendetta personale contro nessuno. "Però in quel momento ci sono stati dei militari sequestrati." Quanti? "Non lo so." Due, tre casi. Il generale Pita, il tenente colonnello Del Valle Larrabure, l'a mmiraglio Alemán, e chi altro? "La prossima volta che ci incontriamo vedrò se posso procurarle questa informazio ne. Ce l'ho a casa." Quali sono stati gli errori di condotta e imprenditoriali che dice di aver comm esso per superbia dopo essersi allontanato dalla Marina? "Mi sono messo con gente che... perché ero morto di fame." Ha avuto qualche condanna? "Sì. Per truffa." Che cosa è successo? "Quando vado in pensione apro il primo grande videoclub che ci sia mai stato a Bahía Blanca [città della provincia di Buenos Aires, sede della maggiore base navale ]. Poi, con alcuni dei miei famigliar! metto in piedi il primo sistema di televi sione via cavo. Ho avuto una crescita economica gigantesca, molto rapida. Così com e sono cresciuto, sono caduto. La mia attività è andata in fallimento e da lì in poi h o navigato nell'incertezza fin quando sono riuscito a riprendermi." Che cosa è accaduto nel processo per truffa? "A Buenos Aires ho presentato un amico civile a una ditta produttrice di video. Ha pagato sette videocassettiere con un assegno a trenta giorni. Poi scoprono c he il conto bancario a lui intestato era chiuso. Vengo processato come complice. Benché abbia pagato le sette videocassettiere, il processo è andato avanti. La dife sa ha chiesto a Bahía Blanca gli attestati che dimostrassero che ero proprietario di un videoclub, però i registri di tutta la provincia erano nella città di La Piata e il giudice mi condanna affermando che non sono mai stato in grado di provare di essere proprietario di una società di video. Ora sono in possesso di tutta la d ocumentazione di La Piata che presenterò per chiedere la riapertura del caso." Lo sa che quando questo verrà pubblicato i suoi coraggiosi colleghi della Marina contesteranno tutto ciò, screditandola per quella condanna? "Sì, proprio per questo ho avuto qualche dubbio a parlare. Però tra le due cose mi sento meglio a parlare." 52 Coprì il microfono con la mano. Gli era più difficile parlare della truffa che del volo. Preferiva andare avanti a parlare dell'Esina. C'era qualche altro metodo per l'eliminazione dei prigionieri? "Si è detto che il campo di gioco era seminato di cadaveri di guerriglieri e ques to è falso. Semmai succedeva che venisse cremato il cadavere di qualche ferito che non era riuscito a resistere ed era morto." In che modo? "Lo si bruciava. In quel periodo era un'altra delle questioni. Questo mi ha cre ato problemi con il personale civile sottoposto che si era reso conto che c'era qualcosa di strano perché la gente del Dorado veniva a chiedere vecchi copertoni p er cremare i corpi. Questo era un altro sistema. Però sono stati assai pochi." Quanti? "Assai pochi." "// che vuoi dire che venivano caricati sugli aerei quando ancora erano in grad o di camminare. "Erano sempre in grado di camminare. I feriti venivano medicati." " Però nei casi da lei menzionati erano feriti che non potevano... "No, feriti no, morti. Arrivavano feriti. Venivano imprigionati, offrivano resi stenza e a volte non sopravvivevano, come qualsiasi altro ferito in guerra." C'era qualche luogo speciale per questo? "No, no. Di dietro. Erano casi molto rari."

Avevate qualche struttura speciale? "No, non ci è stato mai niente di strano. Non solo, è sempre stato in uso il campo sportivo. Non è mai stato chiuso." Bruciavate un corpo e poi giocavate a calcio nel campo sportivo? "Nooooo. Quel campo sportivo è molto grande, ci sono terreni che sono stati recup erati dal fiume. L'ultimo tratto è praticamente inaccessibile, non è in uso. Era pro prio in fondo, vicino al fiume." La registrazione è finita. Lui però non si alza, chiede che venga inserita un'altra cassetta. C'è ancora qualcosa da dire. // paese delle ombre Molte volte ci aveva girato attorno senza decidersi a entrare nel pieno dei ric ordi peggiori. Vi si era comunque mol53 to avvicinato e non voleva tornare indietro, come se trovasse nella confessione un atroce conforto. Introdusse la questione spontaneamente mentre stavamo parlan do d'altro: "Lei mi ha chiesto che succedeva sugli aerei. Una volta che l'aereo si allontan ava da terra, il medico che era a bordo somministrava loro una seconda dose, un calmante molto potente. Si addormentavano completamente". Che facevate quando i prigionieri si addormentavano? "Questa è una domanda veramente morbosa." Morboso è ciò che avete fatto. "Non vorrei che qualcuno potesse pensare che provo un qualche piacere a raccont are queste cose." Ormai è chiaro che lei vuole parlare di Rolón e di Astiz. Sono io a voler conoscere i particolari del volo perché non resti qualcosa di astratto. "Ci sono quattro cose che mi fanno stare male: i due voli che ho fatto, la pers ona che ho visto torturare e il ricordo del rumore delle catene e dei ceppi che venivano messi ai prigionieri. Li ho visti appena un paio di volte, però non posso dimenticare quel rumore. Non voglio parlarne. Mi lasci andare." Qui non è all'Esma. Lei è qui di sua spontanea volontà e può andarsene quando vuole. "Sì, lo so, non volevo dire questo. Ci sono particolari importanti, ma mi è diffici le raccontarli. Quando ci penso vado fuori di testa. Una volta che avevano perso i sensi venivano spogliati e, quando il comandante, a seconda di dove si trovav a l'aereo, dava l'ordine, si apriva lo sportello e venivano gettati di sotto nud i, a uno a uno. Questa è la storia. Macabra ma reale e che nessuno può smentire. Non riesco a dimenticare l'immagine dei corpi nudi sistemati uno sopra l'altro nel corridoio dell'aereo come in un film sul nazismo. Venivano adoperati aerei Skyva n della Prefettura ed Electra della Marina. Nello Skyvan venivano ^gettati dallo sportello posteriore, che si apre verso il basso. È uno sportellone molto grande, ma senza posizioni intermedie, o è chiuso o è aperto. Rimane perciò in posizione aper ta. Il sottufficiale teneva giù con il piede una specie di porta oscillante, per l asciare uno spazio di 40 centimetri verso il vuoto. Da lì cominciavano subito dopo a scaricare i sovversivi. Data la situazione, nervoso com'ero, per poco non cad o e vengo risucchiato dal vuoto." Come? "Sono scivolato e loro mi hanno ripreso." Lei parla di due voli nello stesso mese. "Sì, a giugno o luglio del 1977. Il secondo volo fu un saba54 to. La mia famiglia abitava a Bahía Blanca e io andavo a trovarli ogni quindici gi orni, quindi il sabato e la domenica restavo a lavorare nella Scuola. Ho ricevut o l'ordine. Sono stato nominato capocolonna, abbiamo seguito la stessa prassi so lo che questa volta abbiamo utilizzato un Electra. La procedura era simile, però v eniva usata la porta di emergenza nella parte di poppa, dietro, a tribordo, cioè a destra. Quella porta veniva tolta e l'operatore che avrebbe fatto il lavoro era legato con una corda. In questo secondo volo, seguendo la teoria stabilita dall a Marina, vi erano anche degli ospiti speciali."

Che significa ospiti speciali? "Ufficiali di alto rango della Marina, che non partecipavano ma venivano in vol o per farci coraggio, per esempio capitani di vascello, ufficiali superiori da a ltre zone." Che facevano? "Niente. Era in qualche modo un sostegno morale al lavoro che stavamo svolgendo ." Loro erano seduti insieme ai prigionieri? "No, no. Praticamente non vi erano sedili, solo alcuni davanti, il resto era co mpletamente vuoto." E gli ufficiali superiori come viaggiavano? "Viaggiavano seduti. Dopo, durante l'operazione, si mettevano in piedi e da lì gu ardavano." Guardavano? "Sì, sì, guardavano." Ma non partecipavano. "Beh, che non partecipassero..." È chiaro che partecipavano e questo era proprio il senso della loro presenza. "Certamente." Perché non intervenivano in modo attivo, con le loro mani? "Perché non era necessario." Come portavate le persone addormentate fino allo sportello? "In due." Li trascinavate? "Venivano sollevati fino alla porta." Rimanevano addormentati? "Completamente addormentati. Nessuno ha sofferto nella maniera più assoluta." Non c'è mai stata una qualche eccezione? (Questa domanda sembra metterlo in agitazione più delle altre, pensa e ripensa pr ima di rispondere.) "No, non che io sappia." 55 Non ha mai visto una persona che si sia svegliata? "Che si...?" Che si sia svegliata. "No, non ne ho mai vista una." Che abbia fatto resistenza? "No, no, no." Quoi è stata la causa del suo scivolone? "Sono scivolato per via del pavimento metallico dell'aereo. Facendo forza, muov endo i corpi dei sovversivi per poco non casco di sotto." Veniva fatto qualche studio del posto dove...? "Li devono avere fatti, immagino di sì. In mezzo al mare." Quante persone calcola furono assassinate in questo modo? "Da quindici a venti ogni mercoledì." Per quanto tempo? "Due anni." Due anni, cento mercoledì, da 1500 a 2000 persone. "Sì. Uscendo dall'aeroporto veniva dato un piano di volo verso la base navale di Punta Indio. Arrivando a Punta Indio si faceva rotta verso il mare aperto. Qualc uno ha detto che i piani di volo di quell'epoca sono scomparsi, il che mi sembra un'altra cosa incredibile. Forse era accettabile in quel momento, ma oggi non l o so." Quale personale navale faceva parte di ogni volo? "Nella cabina c'era l'equipaggio normale dell'aereo." E insieme ai prigionieri? "Due ufficiali, un sottufficiale, un caporale e il medico. Nel mio primo volo, il caporale della Prefettura era completamente all'oscuro di quale fosse la miss ione. Quando, una volta a bordo, si rese conto di ciò che doveva fare è stato colto

da una crisi di nervi. Si è messo a piangere. Non capiva niente, gli si confondeva no le parole. Quella situazione innervosì anche me. Gli spiegai come stavano le co se e dissi al sottufficiale di informare i piloti perché veramente la situazione e ra tale... Non sapevo come dovevo comportarmi con un uomo della Prefettura in un a situazione così critica. Alla fine venne spedito in cabina. Lo Skyyan è come un gr ande scatolone, con la cabina separata. Finimmo di spogliare i sovversivi..." Lei, il tenente Vaca, il medico... "No, no. Il medico gli faceva la seconda iniezione e basta. Dopo se ne andava i n cabina. Questo anche nel secondo volo che ho fatto." Perché? "Dicevano che era per via del giuramento d'Ippocrate. 56 Credo fosse così in tutti i voli. Si diceva che il motivo fosse questo e, in qualc he modo, veniva accettato da un punto di vista razionale. Per essere concreti: i l comandante di quegli aerei volava, il pilota e il copilota volavano. Volendo u sare la sua terminologia: non sequestravano, non torturavano e non uccidevano?" Perché no? "Secondo lei nella questione della tortura è colpevole solo chi sta lì. Qual è la dif ferenza tra il pilota dell'aereo e Rolón e Pernias?" Nessuna. "Ah. Allora, o tutti o nessuno, ma una volta superati i normali ostacoli che of fre la carriera navale, o si promuovono tutti o nessuno. Lei è d'accordo? Forse mi dirà nessuno. Ma sono o tutti o nessuno." Tutti quelli che vi hanno preso parte. Quello che era alla guida dell'aereo par tecipava. Il cuoco non partecipava. "Il cuoco non è un buon esempio." Lo ha tirato fuori lei. "Il cuoco no, perché stiamo parlando di capi e ufficiali in servizio in. quel per iodo." "Quello che lei mi dice è che o partecipavano al sequestro, o partecipavano alla tortura o partecipavano all'esecuzione clandestina. Non vi era nessuno che non p rendesse parte a nessuna delle tre circostanze? "Può darsi che qualcuno non vi abbia preso parte in forma del tutto casuale. Si f aceva a turno. Forse può saltar fuori uno che dica 'io non c'ero'. Però sapeva e se non vi ha preso parte non fu perché non voleva ma perché non gli fu assegnato quel c ompito. Meglio non far confusione." Lei suggerisce che dovrebbe essere invertito l'onere della prova, partire dalla base che tutti hanno preso parte e poi analizzare caso per caso chi è in grado di dimostrare il contrario? "Se qualcuno vuole tirarsi fuori che lo faccia. Potrebbe essere. È un'analisi che fa lei, ma poi bisogna vedere se lo si vuole scagionare. Può darsi che qualcuno n e venga fuori." Se la decisione politica fosse quella, verrebbero fuori moltissimi che cerchere bbero di giustificarlo. "Potrebbe essere la soluzione, può darsi. Però, così come si sono messe le cose è ingiu sto." Per chi è ingiusto? "È ingiusto che la Commissione nomine del Senato abbia promosso quelli che hanno partecipato in un modo veramente attivo. Qual è la differenza tra l'ammiraglio Ard uino, da cui ho ricevuto l'ordine, e il capitano Rolón? Arduino però è arrivato al gra do di comandante di operazioni navali, 57 in un governo costituzionale, passando dalla Commissione nomine del Senato. Non bisogna essere ipocriti. Bisogna dire la verità. Questa è la storia. È partendo dalla verità che si devono prendere delle decisioni. Lei mi chiede che cosa farei al lor o posto. Nulla, non farei nulla. Primo, perché non sono in attività e secondo, perché non sono un politico. Ciò che dico io è: signori, basta. Diciamo la verità, e a partir e dalla verità che decidano quelli che devono decidere. Non si può andare avanti a g

iocare a nascondino, perché poi salti fuori che uno non viene promosso perché gli si dice che è stato un torturatore. Menzogne, non viene promosso perché non si dice la verità. Chi si vuole proteggere non raccontando la verità?" "Lei dice che non vuole essere omertoso, omertoso in che cosa? "Nel nascondere qualcosa, nel negare indicazioni sugli scomparsi, non solo alla Commissione nomine del Senato ma anche alla società." Se tutti hanno preso parte non sono tutti omertosi. Sono tutti partecipi. Sono autori di omicidio, non omertosi. "E chi è colpevole di omertà?" Lei dice che c'è omertà. "Chi avrebbe dovuto dire la verità? O crede che sia normale che un capitano di fr egata vada di fronte alla Commissione nomine del Senato per tentare di difenders i spiegando i metodi che si usavano? È stata una cosa davvero sorprendente, li ha visti i titoli dei giornali. Sono andati per difendersi da qualcosa che loro san no che in fondo è un'ingiustizia. E che cosa gli hanno detto? I due ufficiali che sono andati a parlare con la Commissione nomine del Senato hanno mentito o hanno detto la verità?" Hanno detto una parte della verità. "Non gliel'hanno chiesta tutta. Sono loro che devono dirla?" Se fossero stati interrogati sulle esecuzioni clandestine, avrebbero parlato? "Non lo so. Non gliel'hanno chiesto. Però si deve arrivare a questo punto o si de ve dire una volta per sempre la verità? Non crede che sia ora che questo venga all a luce in forma definitiva e chiara? Ciò che so è poca roba. O lei crede che se aves si tutti i nomi dei desaparecidos me li sarei tenuti per me? Ma io non li ho." Quando ha fatto quei trasferimenti, sapeva chi fossero quelle persone? "Non ne avevo la più pallida idea." Non li conosceva da prima, non li aveva visti alla Scuola? 58 "No. E la cosa non mi interessava nemmeno. Ero completamente fiducioso riguardo le decisioni prese dai miei superiori." Però, date le sue mansioni, non aveva qualche contatto... "No, no. Avevo soltanto un contatto sporadico con i detenuti." Contatto di che tipo? "Parlare con loro, no. Li vedevo, insomma, non avevo un rapporto diretto." "Non sapeva chi fossero i detenuti? "No, però non indagavo nemmeno. Non ho mai dubitato di ciò che si stava facendo lì. S e lei vuole che glielo dica... guardi io non... sarebbe una menzogna colossale." Non voglio che me lo dica. "Non avevo il minimo dubbio sulla legittimità del nostro operato, come era giusto che fosse. Avevo ventotto anni e da dieci ero nella Marina. Non è né molto né poco. E ro tenente di vascello ed ero sufficientemente preparato e anziano per non aver dubbi sui superiori. Ero completamente votato alla carriera." // fatto "rion è dubitare del superiore, ma della formazione che avete ricevuto.. . "Questa era una cosa che non esisteva nemmeno. Però, sì, eravamo convinti di uccide re il nemico." Come veniva ucciso il nemico? "In guerra. Si trattava di una guerra sporca, alla quale non eravamo preparati. " È vero che non eravate preparati o è tutta una scusa? "Non eravamo preparati a questo." Dal 1958 in poi, il Servizio informazioni della Marina ha lavorato su questa ip otesi facendo corsi, pubblicando articoli, opuscoli, libri, specializzando i suo i uomini... "Tutto quello che vuole, però questo non ha niente a che fare con una preparazion e reale dei membri della Marina per la lotta antisovversiva. O crede che facesse ro corsi per combattere per strada? Sono cominciati dopo, quando sono iniziati i combattimenti, ma prima no. Se Rolón fosse fante di Marina... ma è comandante naval e."

Perniasi "Pernias è fante. C'erano anche degli aviatori. C'è qualche aviatore preparato per la lotta antisowersiva per strada?" Forse gli aviatori no, ma la Marina come istituzione erano vent'anni che si sta va preparando. "Un conto è la preparazione ideologica, ma che c'entra? Erano tentativi per contr astare la penetrazione ideologica 59 della sinistra. Se mi chiede che si faceva a questo proposito ai vertici della M arina non lo so. Ah, lei dice che era da ciò che veniva la nostra convinzione." La vostra preparazione. Sono in possesso della testimonianza di un ufficiale ch e ha ricevuto istruzioni per torturare. "Nella Marina?" Sì. Un ufficiale dell'Esma. Durante un'esercitazione antisovversiva si torturavan o tra di loro. Lo stesso facevano i commandi dell'Esercito. "Non ne ho mai sentito parlare. Forse nella fanteria di Marina." Mi sembra che sia proprio il contrario di ciò che lei crede. Siete stati preparat i per fare ciò che avete fatto, è per questo che nessuno ha avuto esitazioni. (Ogni volta che è preso alla sprovvista da un concetto rimane in silenzio. Fa fat ica ad accettare un approccio diverso, ma non è categorico. Questa è la sua analisi, questo lo dice lei, può darsi, forse ha ragione, dice ogni volta per riprendere i l dialogo con una flessibilità strana in una personalità così fortemente istituzionali zzata.) "Se vuole può pure fare quest'analisi, non lo so. Anche se l'ordine fosse stato q uello d'uscire ad ammazzare cileni o sovversivi, sarebbe stato ugualmente accett ato. Gli ordini superiori non si discutono. Se lei incomincia ad avere dubbi... "Io posso dubitare dei miei superiori a partire dal momento in cui non rispondo no alle mie lettere, che sono ben chiare. Perché non mi rispondono? Lei è convinto c he la Marina abbia agito come una banda e io non voglio convincermene. Fatti com e questi però mi lasciano incerto. L'ammiraglio Ferrer non mi risponde, l'ammiragl io Molina Pico non mi risponde. Il silenzio continua. Non so. Ho perfino fatto u n sondaggio all'interno e nessuno sa che cosa sia successo. Non voglio nemmeno e ssere così ipocrita da dire, adesso che racconto questo, io sono il buono. No, per ché domani diranno: 'Scilingo il pentito'. Non è così. Scilingo nelle stesse circostan ze avrebbe fatto esattamente lo stesso. Però tutto è cambiato e invece di raccontarg lielo come una vittoria, glielo racconto come una situazione che non riesco nemm eno a descrivere, grazie ai miei superiori... E in fondo grazie anche a me stess o. Perché ho creduto in modo assoluto a tutto ciò che facevo e ho eseguito gli ordin i con totale convinzione. Questa è la guerra sporca che abbiamo vinto." La stanza è in penembra. Il tempo si è fermato. Accesa la luce, Scilingo guarda l'o rologio. Ora è ammutolito. Gli è difficile tornare dal paese delle ombre della sua m emoria. Si congeda senza concordare un nuovo appuntamento. 60 Come la realtà La voce di Scilingo è ancora incisa nel nastro, i documenti portano ancora la sua firma. A casa sua ricevono le chiamate e gli passano il telefono, da cui esce la stessa voce della registrazione. È successo davvero, non è un sogno. Ma non svanirà c ome se lo fosse stato? Quando dopo vent'anni il segreto si è reso insopportabile, Scilingo scelse di rac contare le cose più terribili a qualcuno che solo per caso non fu tra le sue vitti me. Rispose a tutte le domande, interpretò un ruolo che non aveva immaginato. Come avrebbe reagito dopo lo sfogo, quando avesse calcolato il passo compiuto e le r elative conseguenze? Sarebbe tornato a rifugiarsi nelle vecchie certezze istituz ionali, avrebbe interrotto ogni contatto, avrebbe tentato di impedirne la pubbli cazione? Niente affatto. Dieci giorni dopo era pronto a continuare la confessione. "Volevo chiederle di avvertirmi con almeno ventiquattro ore di anticipo quando

deciderà di pubblicare tutto questo. So che mi sto ficcando in una situazione molt o complicata e voglio prendere qualche precauzione." Per la Marina ? "No. Per via di quelli di Videla. Sono gli unici a essere ancora organizzati. U n gruppo di fanatici cattolici." In ogni caso sembrava tranquillo. "Anche se lei non ci crede, parlare mi ha fatto bene. Mi sono sentito meglio. P erò lei rimane sulle sue. Non ha detto ciò che pensa." Lei ha detto che oltre che con sua moglie ne aveva parlato con due suoi amici c ivili. Quando? "Sei anni dopo." Perché lo ha raccontato? "Spinto dalla stessa necessità che mi porta oggi a parlare con lei. In quel momen to volevo sapere l'opinione di una persona estranea a tutto questo. Credo che in qualche modo loro erano a conoscenza, come tanta gente che sa ma non parla. L'a rgomento continua a essere tabù. Penso che sia arrivata l'ora di dire la verità. Ci sono momenti nella vita di ciascuno in cui succede questo. Non so quali saranno le reazioni, se molti saranno d'accordo con le mie rivelazioni." I suoi amici come hanno reagito? "In silenzio. Hanno capito ciò che avevo fatto. Non è stata una chiacchierata per c hiedere perdono o dare spiegazioni. Ho parlato anche con mia madre prima che mor isse." Che vi siete detti? 61 "Lei mi faceva delle domande. Credo che abbia messo in rapporto il mio congedo con questi fatti. Non gliel'ho mai spiegato direttamente, ma lei sospettava qual cosa. Tentava di capire qual era il problema e di darmi qualche sostegno come ma dre. Non volevo parlare della faccenda, diventavo addirittura aggressivo nei suo i confronti. In certi momenti di stress mi torna automaticamente alla memoria tu tta la vicenda dei voli. Ho avuto periodi in cui sono stato costretto a prendere sonniferi e altri in cui ho bevuto troppo. Non credo di aver danneggiato la Mar ina, ma la mia famiglia. Io mi sono danneggiato completamente. La Marina non acc etta che uno abbia ripensamenti di questo genere." / suoi figli lo sanno? "Mia moglie glielo ha raccontato poco alla volta. Ultimamente ho parlato con lo ro. Mia figlia, che ha quindici anni, ha una professoressa di educazione civica con la quale ha discusso la questione. Bene, in modo equilibrato. Ha detto che l a sovversione metteva bombe e che per reprimerla le Forze Armate avevano commess o anche delle atrocità. Per parlare con lei ho cercato un po' di materiale in bibl ioteca. Ho trovato un opuscolo delle Forze Armate sulla guerra contro la sovvers ione e mi sono vergognato. I rapimenti di militari sono stati veramente pochi, a veva ragione lei. Le ho fatto vedere la rivista dove [l'ex capo guerrigliero Mar io] Firmenich racconta come uccisero [nel 1970 l'ex presidente militare Pedro Eu genio] Aramburu. Mia figlia sa tutto ciò che è successo, non si scorda delle bombe né di niente. Ma quando deve fare un bilancio dice che le Forze Armate hanno fatto cose peggiori. Non sono d'accordo, ma quando lei mi parla di banda mi spinge ver so un vìcolo cieco. Arrivo a un punto in cui non trovo più spiegazioni. Non so se la Marina era una banda o una Forza Armata. Non so se abbiamo agito credendo dì esse re una Forza Armata ma in realtà ci siamo comportati come una banda. Il silenzio l e da in qualche modo ragione. Fino al momento in cui è stato concesso l'indulto ho sentito di aver eseguito degli ordini e che la condanna ai miei capi era politi ca. Tutto è crollato all'improvviso quando hanno accettato tranquillamente di torn are a casa e Videla ha cominciato a dire degli spropositi. Mi ha fatto male in u n modo terribile, mi sono reso conto che qualcosa non funzionava. Ciò che avevo fa tto, era bene o era male?" Fino ad allora non si era mai posto la domanda? "Non è che non mi sia posto la domanda come essere umano, non mi ero posto la que stione da un punto di vista militare."

Qual è la differenza? "Come essere umano, di fronte al nemico, quando lei uccide deve farsi delle dom ande. Le ho raccontato che quando sono tornato dal primo volo stavo male. Verame nte male. Ma anche se non mi sentivo bene non avevo dubbi che, da un punto di vi sta militare, avevo eseguito un ordine con piena convinzione. Però che succede qua ndo si scopre che i propri superiori tornano tranquillamente a casa e accettano la cosa? Dicono: va bene, sono stato condannato ma ora mi è stato concesso l'indul to. Ciò significa che la condanna precedente era corretta? Se avessero rifiutato l 'indulto da un punto di vista militare avrei pensato: il gioco politico va avant i, ma questi signori si stanno comportando come si deve. Ma tornare a casa come sono tornati loro, questo non posso accettarlo. Non solo non lo accetto ma, ogni volta che ci penso mi sento male, perché mi fa dubitare di tutto ciò che ho fatto n ella Scuola di meccanica. Forse se gli ex comandanti fossero rimasti in galera p er non aver accettato l'indulto, lei forse continuerebbe a pensarla allo stesso modo, io no." L'unica persona che non ha accettato l'indulto fu Graciela Daleo, un'ex prigion iera dell'Esma. "Vede."A torto o a ragione, era convinta e continua a esserlo. E Videla? È convin to di quello che ha fatto o è tornato a casa? Quelli hanno risolto i loro problemi personali e si sono scordati di tutti noi che abbiamo eseguito gli ordini." S'è deciso a parlare delle torture a cui ha assistito? "Un giorno ero al Circolo ufficiali della Scuola, nella zona del bar, arrivò il f also tenente Vaca e mi disse che aveva fatto arrestare una donna avvocato in un' indagine condotta da lui stesso. Mi disse che la stavano interrogando in quel mo mento e mi propose di andare con loro. Sono andato perché ero interessato a vedere quale potesse essere l'indagine compiuta dal tenente Vaca, visto che nutrivo se ri dubbi. Quella veniva interrogata facendo uso dei metodi che, come si è detto in Parlamento, erano quelli applicati... In una parola la stavano torturando con u na picana elettrica. Restai assai poco, non so se sono... un po' tenero per ques te cose... Era una donna. Da quello che ho sentito dalle persone che la stavano interrogando, non c'entrava niente. Me ne andai. Dopo un po' chiesi di lei ed er a scomparsa." "Era scomparsa" cosa significa? "Beh, che era scomparsa. Allora..." L'avevano fatta scomparire. "L'avevano... era scomparsa, sì. Chiesi a Vaca 'Ma se non c'entrava niente...' No , no, dice, dopo è stato accertato che era implicata in cose molto serie. Mi è sempr e rimasto il dubbio. Non so più niente della vicenda. Ma mi è rimasto sempre il dubbio. Mi è difficile raccontarle questo. È vero, è così, tale e quale. Nelle nostre discussioni lei mi parla di banda e io lo nego nel modo più assoluto, ma f atti come questi mi fanno dubitare se non ci siano effettivamente stati atteggia menti da banda." Tanto per cominciare, un comandante in capo uscì in mare con il marito della sua amante e tomo solo. "Come?" // comandante in capo della Marina è uscito un pomeriggio in mare con il marito d ella sua amante ed è tornato da solo. "Com'è che è tornato da solo?" Lo ha buttato in mare. "Ah, nel..." Parlo dell'imprenditore Fernando Branca, marito della sua amante. (Scilingo non risponde. Come il denaro delle macchine, il riferimento alla caus a per cui Massera fu messo in prigione in piena dittatura da un giudice nominato dal governo militare, sembra turbarlo più che il ricordo dei voli.) Quello là era il capo della Marina. "Lo sa che credevo ciecamente nell'ammira... nell'ex ammiraglio Massera? Le dirò di più: avevo una totale e assoluta ammirazione per l'ammiraglio Massera. L'anno s uccessivo alla Scuola di meccanica sono stato trasferito alla fregata Libertad.

Prima di salpare c'è stata una cena e per puro caso ho cenato a fianco dell'ammira glio Massera. Non può immaginare come ne fossi fiero! Proprio così. Dopo ha smesso d i essere ammiraglio, ha accettato l'indulto, se ne è andato in silenzio, si è scorda to di tutti noi che eravamo ai suoi ordini. Vabbè, che si può fare?" Si è mai sottoposto a una terapia psichiatrica? "Sono stato alcune volte dallo psicologo dell'ospedale della Marina che mi ha p rescritto un sedativo. Però lo psicologo era un civile e nemmeno lui voleva entrar e in argomento. Per fare terapia sul lettino mi ha dirottato su una ragazza giov ane che lavorava lì. Allora mi sono detto: questo non serve a niente, e ho abbando nato le sedute." Ha letto il rapporto Mai più scritto dalla Commissione nazionale per la scomparsa delle persone? "Non l'ho letto in modo imparziale, ma come una pubblicazione di parte fatta da l nemico. Forse dovrei rileggerlo adesso." Lì vengono raccontate le stesse cose che lei ha vissuto. \ "Ho sempre creduto che il processo agli ex comandanti ifosse politico perché ero convinto di tutto ciò che avevamo fatto. In quell'epoca credevo che [chi ha presieduto la Com64 missione, Ilo scrittore Emesto] sàbato fosse un sovversivo e ora mi re^do conto che era una fess^ia- babato! Cosa fernet oggi del Mai più e del processo. ai "Mi sembrano cose di scarsa rilega rispetto al tatto aver eseguito ordini di gente che mi &a aeluso-Lei continua con la stessa arrogdì/ lZja: sponsabili^à dei suoi superiori resta per iei te. Il corag^gio ¿ei superstiti che hantf°. dei memori della Conadep e dei giudicl di ài . ndan<> fe ne fc te gen . Ci& -Û0' se errmo in * Le fO'Z e Armate continuavano a facevano resistenza al processo. . ! Prova ne s ia che ü prOcesso si è fàtt^. ... , Le h°^ze Armate non hanno coi'1 Tutto q uell0 che è stato fatto dai ¿tvth le rilevanza: Hon l'interessa. . , "A lei s embra poco che i capi mjllta£, non S1 responsabilità di ciò che abbiamo f^°M , "Mi sembra molto. Tra l'altro no« *° no a nessun livello si è preso la res non riesco ^ Capire perché ogni cosa a irrilevante"Raccontare ciò che accadde è di è reale. H processo è stato fatto su f ¿itti Allora Perché pensava che fosse pû'l ° più e c ^tito sen "Perche in /d mornento ne ero ' La vicenda dei voli è alla pagina re nelle t^Umonianze del processo. do è venuto a sapere di questo? . rauo lo Laltr° entusi .._: -. ansioso "Che eha una narrazione dei fatt» cui non condividevo le idee. E real^ mi sembnj aberrante è che i miei Sono perplesso per questo atteggiai?, me una cosa di minore importanza^

Non resta molto da discutere. & Però ha LII> dubbio ^» u- A "Mi farà a pezS quando lo scriv^f¿, chiede' Cerchiò di interferire il meno p05sWlie65 2. La negazione La menzogna istituzionalizzata II silenzio che cominciò a essere infranto da Pernias e Ro-lón al Senato era il fru tto di una strategia deliberata. Solo la confessione di Scilingo, però, riuscì ad ar rivare alla sostanza, dopo quasi due decenni. È forse opportuno ripercorrere l'iti nerario che, dalla completa negazione iniziale, e passando attraverso ammissioni parziali ed eufemismi, condusse la menzogna istituzionalizzata alla verità di un uomo solo a cui nessuno voleva dare ascolto. Poco dopo il colpo di stato, il comandante in capo della Marina precisò i termini della lotta: "Quelli che sono dalla parte della morte e noi che siamo dalla par te della vita". L'ammiraglio Massera incominciò affermando: "Non tollereremo che l a morte vada in giro liberamente in Argentina" e concluse ammonendo: "Non combat teremo fino alla morte, combatteremo fino alla vittoria, si trovi questa più in qu a o più in là della morte". In un passaggio centrale descrisse la guerra obliqua, pr imitiva e crudele, una guerra dove "la macchina dell'orrore scatenò la sua impunità su sprovveduti e innocenti". Un discorso senza corpo, pura retorica e vanità metaf isica. Fu nel 1977, quando si era ormai verifícala più della metà dei sequestri e omicidi di tutto il periodo militare, che il presidente Videla parlò per la prima volta dei desaparecidos. Argomento fino ad allora negato come materia di propaganda dei pe rversi e potenti nemici del paese. In un incontro con la stampa estera, descriss e quattro tipi di desaparecidos: quelli entrati in clandestinità, i traditori elim inati dalla stessa guerriglia, quelli resi irriconoscibili da incendi ed esplosi oni in scontri armati, e solo alla fine le vittime degli "eccessi" della 66 repressione. Si astenne dal quantificare la classificazione e non accettò il dialo go su nessun caso specifico. Pochi giorni dopo il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Roberto Vio la, spiegò, in un ricevimento alla confederazione dei grandi proprietari terrieri e allevatori di bestiame, che erano stati abbattuti o detenuti 7000 o 8000 sovve rsivi, singolare imprecisione trattandosi della vita o della morte di migliaia d i persone. Viola giocava con le cifre, Mas-sera con le parole. Ognuno a modo suo si beffava dei propri interlocutori. Un giornalista chiese: All'estero giungono informazioni secondo le quali in Argentina non verrebbero p ienamente rispettati i diritti umani, e si arriva perfino a dire che ci sono per sone ingiustamente detenute o altre che sarebbero state uccise. "Non c'è dubbio che in Argentina non vengono rispettati i diritti umani," rispose Massera, "quando si pensa che si perde la libertà ingiustamente e vengono commess i degli omicidi. Altrimenti, che cosa significa l'immenso elenco di membri delle Forze Armate, dirigenti di azienda, dirigenti della comunità e persone lontane da lla politica, donne e bambini che vengono assassinati senza pietà o tenuti in osta ggio per mesi nelle cosiddette carceri del popolo in condizioni di vita oltraggi os'e perfino per il più spregevole degli animali?" Il giornalista non provò nemmeno a chiedere quali fossero per lui gli animali più s pregevoli. Viola disse che peggio che perdere la vita era perdere la guerra. L'unica spieg azione che l'Esercito era disposto a offrire al paese era quella di compiere la propria missione. In una frase insidiosa parlò dei caduti, dei morti, dei feriti, dei detenuti e di quelli che chiamò: gli assenti per sempre. Per scoraggiare quals iasi insistenza reiterò che era inutile cercare spiegazioni perché non ce n'erano. Nel 1979 la Commissione interamericana per i diritti umani della Organizzazione degli stati americani (Osa) fece visita alle carceri, intervistò politici, milita

ri, sindacalisti, imprenditori, dirigenti dei mass media, famigliari degli scomp arsi, raccolse prove e testimonianze. Il ministro Harguinde-guy, con una superbi a che stava arrivando al culmine, disse che l'Argentina si confessa solo davanti a Dio e che gli eserciti vincitori non vengono processati, né dopo la guerra si c hiede loro conto dell'accaduto. Congedandosi dalle truppe dell'Esercito per preparare la sua candidatura presid enziale, Viola disse che nel percorso verso la democrazia vi era una condizione fondamentale: le Forze Armate non avrebbero mai ammesso di riesaminare le propri e azioni, perché autorizzare la messa in stato d'accusa 67 di chi aveya combattuto con onore e sacrificio avrebbe costituito un tradimento e un oltraggio alla loro etica. Durante una visita negli Stati Uniti per conosce re il neopresidente Ronald Reagan, Viola espresse la convinzione che la vittoria militare esime da ogni responsabilità, e affermò che, se la Germania avesse vinto l a Seconda guerra mondiale, i processi di Norimberga si sarebbero svolti in Virgi nia, paragonando involontariamente la dittatura con il nazismo. Il generale Galtieri, che prese il suo posto nell'Esercito, disse che i militar i avevano preservato l'integrità della nazione, volendo con ciò legittimare i mezzi impiegati. "Non chiedeteci spiegazioni perché non ve le daremo," disse alzando la voce, "così come i nostri nemici non ve le avrebbero date se avessero vinto la gue rra." Videla dichiarò che la partecipazione dei partiti al dialogo politico da lui promosso costituiva una legittimazione formale della presa di potere e che i su oi interlocutori si erano assunti l'impegno di comunicare la propria approvazion e a tutto ciò che era stato fatto nella lotta contro la sovversione. Le accuse non venivano più negate, , né si faceva ricorso a spiegazioni inverosimili sugli scompa rsi. Giustificavano l'operato e da tale riconoscimento facevano dipendere l'esis tenza dei partiti politici che avessero voluto sedersi al tavolo generoso delle trattative. Ne parlavano comunque sempre con eufemismi vergognosi. La relazione finale dell'Osa diffusa nel 1980 considerò morti per mano ufficiale le migliaia di detenuti-desaparecidos dando per certo l'uso allarmante e sistema tico della tortura. La risposta ufficiale segnò la nuova posizione militare. Il go verno spiegò che il rischio della disgregazione nazionale aveva creato una situazi one di necessità per fare fronte alla quale lo stato aveva messo in atto le propri e facoltà di autodifesa facendo uso dei "mezzi appropriati". Non farlo avrebbe sig nificato condannarsi all'impotenza e a una forma di suicidio. Nemmeno questa vol ta venne detto quali fossero quei metodi. Erano l'assoluto innominabile. Il problema che le prime quattro giunte militari avevano sottovalutato all'apic e della propria potenza si dimostrò, dopo il collasso della guerra con la Gran Bre tagna per le isole Malvine/Falkland, di una gravita che nessun militare aveva ne mmeno sospettato. Il generale Benito Bignone, ultimo dittatore, fu incaricato di organizzare il ritiro dal potere. Nel 1982, prima di accedere alla carica, si e ra riunito con i rappresentanti di tutti i partiti e solo un conservatore, l'ex capitano di vascello Francisco Manrique, ebbe l'audacia di suggerire che sarebbe stato opportuno pubblicare l'elenco degli scomparsi. Bignone disse che un tale elenco non ci sarebbe mai stato e nessuno insistette. Impaurita dal possibile impatto sociale della dissoluzione del regime, la Chies a promosse una funzione e una messa di Riconciliazione per fare in modo che i pa rtiti arrivassero a un accordo con il Governo sulle condizioni della successione e per l'apertura di un negoziato sull'amnistia. Alcuni settori militari opposer o il proprio veto all'eventualità di uno scambio tra impunità, da una parte, e calen dario elettorale dall'altra. Comunque, una volta concessa la convocazione alle u rne con tempo sufficiente per risistemare gli arrugginiti apparati di partito, n emmeno i politici si interessarono perché si giungesse a un qualche accordo con un regime che si stava sgretolando. Il Governo, in mancanza del negoziato, rese nota in forma unilaterale una serie di condizioni. Le principali erano la non revisione della guerra e dei misfatti commessi dai militari, il mantenimento dei giudici nominati dalla dittatura e l a partecipazione delle Forze Armate al nuovo Governo.

La Santissima Trinità militare fece conoscere il Documento finale della Giunta su lla guerra contro la sovversione e il terrorismo. Sosteneva che le Forze Armate, costrette dall'organizzazione in cellule e dalla compartimcntazione del nemico nella guerra sporca, avevano fatto uso di procedure inedite. Le forze militari a vevano agito prendendo decisioni nel mezzo della lotta, con la quota di passione che il combattimento e la difesa della propria vita genera, "in questa apocalit tica cornice sono stati commessi errori che, come succede in ogni conflitto, han no qualche volta superato il limite del rispetto dei diritti fondamentali". Ques ti errori dovevano restare soggetti al giudizio di Dio e alla comprensione degli uomini. Diceva inoltre che erano stati commessi in operazioni organiche e sotto i comandi naturali nell'esecuzione di ordini propri del servizio. Sui desaparecidos, la Giunta militare arrivava appena ad accettare come ipotesi la loro morte in forma violenta in combattimento con forze legali e che fossero sepolti in tombe anonime. Un altro documento, solennemente chiamato Atto istituzionale, ratificò che tutte le operazioni erano state eseguite in conformità ai piani sottoposti alla supervis ione dei comandi superiori. Nella guerra classica, dove i contendenti sono di di versa nazionalità e vengono usate divise che distinguono le parti ed essendo inolt re gli eserciti separati da linee perfettamente identificabili, esistono numeros i scomparsi. La menzogna concludeva che in una guerra dalle caratteristiche pecu liari come quella che avevamo vissuto, dove il nemico non usava divisa e i suoi documenti d'identificazione 69 erano falsi, il numero dei morti non identificati cresceva in modo significativo . Questa meditata inversione dei termini (si pensi che i famigliari chiedevano ra gione sulla fine di persone ben identificate che erano state arrestate in vita, mentre la Giunta militare parlava di morti non identificati) veniva inserita nel paragrafo centrale della relazione militare. Si negava l'esistenza di luoghi se greti di detenzione e si dichiaravano morti i desaparecidos che non fossero in e silio o in clandestinità "anche quando non sia ancora possibile precisare la causa e la situazione dell'eventuale decesso, né il luogo dove sono stati sepolti". Sec ondo una formula tipica della prosa militare dell'epoca, veniva espresso il desi derio che i nemici morti ricevessero il perdono di Dio. Ciò che il documento non diceva era precisamente che cosa fosse accaduto nell'int ervallo che andava dalla detenzione di una persona viva, con nome e cognome che i militari costringevano sotto tortura a rivelare, fino a quando diventava un mo rto anonimo il cui cadavere galleggiava nel limbo. L'80 per cento dei desapareci dos fu sequestrato nelle proprie case, per strada o nei luoghi di lavoro davanti a testimoni. Fu una guerra senza battaglie. Il documento concludeva affermando che solo la storia sarebbe stata in grado di determinare con precisione la responsabilità di metodi ingiusti o morti innocenti . Le Forze Armate sentivano l'autentico dolore cristiano e riconoscevano gli "er rori che potevano essere stati commessi" nell'adempimento della missione assegna ta. Vi era ancora una volta l'idea della realizzazione di una nobile missione ne lla quale al massimo era possibile concedere ipotetici errori mai specificati e soggetti solo al giudizio del cielo o della storia. Nel 1983, un mese prima delle elezioni presidenziali, l'ultimo governo militare firmò la legge di autoamnistia. In essa veniva affermato che la sovversione terro rista aveva impostato lo scontro in forma scaltra e crudele, il che "aveva potut o portare" al verificarsi, nel corso della lotta, di fatti incompatibili con il proposito delle Forze Armate che avevano lottato per la dignità dell'uomo. La clem enza includeva i militari e i loro collaboratori civili che, come sempre facendo uso del dubitativo, "avevano forse fatto ricorso a procedimenti che erano andat i oltre la cornice della legalità", naturalmente non per volontà propria ma per la n ota "imposizione delle inedite ed estreme circostanze in cui si produsse". Scilingo era aiutante del capo degli uffici militari della presidenza, il contr ammiraglio Ramón Arosa che, con il governo Alfonsin sarebbe arrivato alla direzion e dello Stato Maggiore della Marina.

70 "Penso che bisogna dare pubblicità all'elenco dei desaparecidos," gli disse Scili ngo nei giorni del Documento finale. Arosa non disse né sì né no. Le Forze Armate scapparono dal Governo il 10 dicembre del 1983, senza avere mai ammesso le aberrazioni che erano state commesse per ordine dei propri comandant i. Boomerang Nonostante la rigidità della censura e il segreto militare sulle operazioni, l'in formazione sulla sorte dei detenuti-desa-parecidos cominciò a emergere fin da subi to. Sia pure con alcune imprecisioni, si ebbe notizia perfino dei voli, quelli c he Scilingo descrisse molto tempo dopo nei minimi particolari. Il 20 agosto 1976, un dispaccio dell'Agenzia di notizie clandestine (Ancia), fo ndata dallo scrittore, giornalista e militante montonero Rodolfo J. Walsh, avver tì che il governo non avrebbe reso noto l'elenco dei detenuti perché "molti di quell i registrati erano già apparsi come morti in combattimento in date molto successiv e alla loro detenzione". A mo' di esempio segnalava il caso della Scuola di mecc anica della Marina "dove vi erano 45 detenuti sui 160 registrati. Nessuno di que lli che mancavano è stato affidato ad altre guarnigioni, si crede perciò che siano s tati eliminati e gettati nel Rio de la Piata". Poco tempo dopo scrissi un lungo lavoro sulla Scuola di meccanica della Marina intitolato Storia della guerra sporca in Argentina, distribuito dalla stessa age nzia di notizie dentro e fuori il paese. Fu quello il primo tentativo di mettere insieme i dati, fino ad allora sparsi, su quel campo di concentramento clandest ino. Cominciava così: II 6 settembre 1976 fu il quarantaseiesimo anniversario del pri-mq colpo militar e nell'Argentina del ventesimo secolo. Lo stesso giorno, il Rio de la Piata depo sitò sulla riva uruguaiana i cadaveri di tre uomini giovani ammanettati e mutilati . Questo macabro spettacolo si è ripetuto decine di volte da quando il 24 marzo 197 6 i militari argentini sono tornati a occupare il governo e una giunta militare lo ha consegnato al tenente generale Jorge Rafael Videla, l'undicesimo uomo tras feritosi dalle caserme alla Casa Rosada di Buenos Aires nell'ultimo mezzo secolo . Nel novembre 1975 Videla, ancora sottoposto al presidente María Estela Martínez de Perón, ha partecipato all'undicesima Conferenza degli eserciti americani riunitasi su iniziativa del Pentagono nordamericano. In quella occasione ha dichiarato ch e "in Argentina dovranno morire tutte le persone la cui morte 71 sarà necessaria per ristabilire la pace". La Conferenza degli eserciti è stata celeb rata a Montevideo, Uruguay, dove i militari governano dietro una maschera civile ormai da un lustro. Quattro mesi dopo aver escluso quel modello per il suo paese e occupato il post o della signora Martínez de Perón, in Uru-guay si è cominciato a sentire l'eco di quel le sue parole! Pochi giorni dopo la presa del potere del nuovo governo militare argentino è comp arsa la prima salma. L'identificazione è stata molto difficile perché il cadavere er a sfigurato. L'Uruguay ha fatto sapere che dai lineamenti potrebbe trattarsi di un giapponese o di un coreano. Il giornalismo rioplatense ha messo in piedi una fantastica orgia asiatica in alto mare conclusasi tragicamente. L'ipotesi è stata suffragata dal ritrovamento di altri due corpi, ma non ha potut o reggere il confronto con l'evidenza dei fatti. Non è stata ritrovata nessuna nav e alla deriva, né è stata sporta nessuna denuncia sulla scomparsa. Il fiume ha continuato a depositare i suoi carichi misteriosi sulle spiagge atl antiche dell'Uruguay dalla sabbia fine e dal clima mite, frequentate dai turisti di tutto il sud latinoamericano. Alcuni cadaveri erano sfregiati, ad altri manc avano membra e alla maggior parte le unghie delle mani e dei piedi. Esuli uruguaiani hanno denunciato da Parigi la presenza tra i morti di quattro

loro compagni precedentemente detenuti dal loro Governo. Le autorità militari hann o organizzato immediatamente una conferenza stampa a Montevideo facendo vedere l e presunte vittime. Non si trattava né di coreani, né di giapponesi, né di uruguaiani. Il governo di Buen os Aires non si è però sentito sotto accusa. In quel momento la sua principale preoc cupazione era conciliare le diverse tendenze di cui era composto. II testo descriveva anche le procedure adottate dai militari golpisti: Piccoli gruppi operativi, senza divisa e in veicoli sprovvisti di targa, hanno t eso insidiosi agguati alle proprie vittime che poi sono state trasferite in case rma senza rendere ufficiale la loro detenzione. L'Ordine di Operazioni Lotta con tro la Sovversione, emesso dal Comando generale dell'Esercito nel novembre 1975, indicava che sarebbero stati applicati "metodi speciali negli interrogatori" pe r poter esercitare una sostenuta azione dei Servizi informativi. Cioè l'uso sistem atico di torture per ottenere informazioni e quindi portare avanti nuove azioni clandestine. Il capitolo dedicato all'Esina diceva che la sua struttura offensiva "è stata int egrata dal cosiddetto gruppo tattico 3.3" e descriveva le operazioni speciali, " alcune delle quali in divisa, altre in borghese, in vetture non identificabili, con l'appoggio dei commissariati 30 e 45 della Polizia federale". Pat72 taglie in divisa uscivano due o tre volte al giorno in furgoncini verdi, precedu ti da una volante. "Le pattuglie in borghese invece, non hanno una frequenza reg olare e la loro attività viene organizzata in base ai dati precedentemente forniti dai Servizi informativi. Di queste non fanno parte soldati di leva e sono a car ico di ufficiali, sottufficiali e caporali." Il documento riportava il modello, il colore e il numero di targa di dieci dei veicoli non identificabili che veniv ano adoperati nei sequestri. Nel punto riguardante le sevizie veniva riprodotta la testimonianza di un deten uto rimasto tre settimane all'Esma: Quando sono arrivato incappucciato al luogo dove sarei rimasto prigioniero, ho s entito rumori di aerei. Per giungere al padiglione dove sono stato sistemato abb iamo attraversato uno stanzone molto grande dove si sentiva una musica moderna a ssordante. Qualche giorno dopo l'ho riconosciuta quando mi hanno condotto lì per t orturarmi. Da quello stanzone vengo portato in un ascensore e, una volta sceso, mi fanno salire una scala di nove gradini. Sono stato fatto entrare in una stanz a con altre persone che non conoscevo, 20 o 30. Tutti avevano una catena che uni va i piedi tra loro con un grosso anello di ferro alle caviglie. La maggioranza era incatenata a colonne o a pezzi di ferro molto pesanti. Tutte e tre le settim ane che sono stato lì, sono rimasto incappucciato e ammanettato dietro la schiena. Il cappuccio non veniva tolto nemmeno per mangiare, in quelle occasioni però mi p assavano le manette davanti per fare in modo che potessi servirmi delle mani. Er avamo sorvegliati da uomini che dall'età non sembravano soldati di leva. Potevamo vedere solo le scarpe a gambaletto spiando attraverso la parte inferiore del cap puccio. Se tentavamo di parlare tra di noi venivamo puniti con percosse. Un gior no sono stato condotto allo stanzone con musica moderna e da lì in una piccola sta nza dove mi è stata applicata la picana elettrica. La picana elettrica è una punta metallica collegata a due poli elettrici, che ent rando in contatto con la pelle produce una scarica. È un'invenzione argentina. Pic anas rudimentali sono state utilizzate a lungo nei mattatoi per condurre il best iame nella direzione desiderata dal mandriano che portava gli animali al luogo d el sacrificio. Simili strumenti sono ancora oggi adoperati di nascosto dai fanti ni, alimentati da piccole batterie, per stimolare il cavallo senza rischiare il doping, chimicamente rilevabile. Negli anni trenta, durante la prima dittatura militare del secolo in Argentina, la Polizia cominciò a fare uso della picana per estorcere le confessioni dei pres unti delinquenti. La picana è un elemento di tortura che non lascia segni di soffe renza di cui potrebbero essere incolpati i torturatori in un regime democratico, in cui giudici, legislatori e giornalisti controllano che non si commettano ecc essi scandalosi. E questo perché pochi

73 giorni dopo, se è stata applicata con perizia, non lascia segni sulla pelle. I segni sulla pelle, i giudici, i legislatori e i giornalisti oggi non preoccup ano più i militari, che non sentono l'obbligo di rispondere delle proprie azioni e si permettono perfino di rendere nota in sintetici comunicati la morte di qualc he prigioniero per arresto cardiaco, senza abbondare in particolari. I pochi det enuti che sono usciti vivi dalla Scuola di meccanica della Marina, liberati una volta accertata la loro innocenza rispetto ai motivi per i quali erano stati arr estati o anche, in un caso, grazie a una fuga riuscita, permettono in qualche mo do di ricostruire le diverse sevizie che lì venivano applicate: stupro di donne, i ntroduzione di piccoli topi vivi nella vagina, mutuazione dei genitali con lamet te da barba, "vivisezione" senza anestesia, amputazione di parti del corpo, ungh ie di mani e piedi strappate. Le torture si concludono con la morte dei prigioni eri che sono scaraventati nel Rio de la Piata o, quando è possibile, trasportati i n alto mare in navi della Marina. Per questa ragione uno dei cadaveri trovati in Uruguay aveva nella tasca dei pantaloni sigarette, fiammiferi e monete argentin e. La relazione identificava diciotto vittime e più di trenta dei loro carnefici, tr a i quali gli ufficiali della Marina Adolfo M. Arduino, Jorge Acosta e Antonio P ernias, il cui cognome appariva senza la "s" finale. Riportava inoltre la letter a aperta scritta dall'ex viceministro della Pubblica istruzione Emilio Fermín Mign one in cui questi denunciava il sequestro della figlia Monica insieme a due sace rdoti e a una dozzina di catechisti nel maggio 1976. Benché i vertici della Marina lo negassero, Mignone puntava il dito con certezza verso la Scuola di meccanica della Marina. Non è stata forse negata la detenzione, al di là di ogni evidenza, dei sacerdoti ges uiti Yorio e Jalics, che da più di tre mesi si trovano in isolamento e senza capi d'accusa? Così come per i quindici catechisti che furono liberati ancora incappucc iati e incatenati dopo dodici ore di fame e freddo. Le forze intervenute quella domenica 23 maggio a mezzogiorno nella borgata del Bajo Flores, furono identific ate come appartenenti all'Esercito e chiesero l'appoggio del commissariato della zona. L'ammiraglio Montes, capo di operazioni navali, nega che mia figlia si tr ovi detenuta nei suoi reparti (affermazione della quale mi permetto di dubitare in modo assoluto) e disse che quell'azione era stata portata avanti dalla fanter ia di Marina, e che i sequestrati erano stati condotti alla Scuola di meccanica della Marina. Tutto ciò è stato negato per più di due mesi, fino a quando è stato scoper to, grazie alla soffiata della moglie di un ufficiale. (Insieme a Monica Mignone era stata sequestrata anche Monica Quinteiro, una sua amica, religiosa, figlia di un capi74 taño di vascello, che da poco aveva lasciato il convento. La moglie del capitano d i fregata Jorge Eduardo Acosta, capo dei Servizi informativi del campo di concen tramento, era cugina di Monica Quinteiro e una sua sorella era sposata con quell o che 18 anni dopo sarebbe diventato capo di Stato Maggiore della Marina, l'ammi raglio Molina Pico. Si può forse supporre che la cugina o la sorella siano state l e fonti a cui fa riferimento Mignone.) Il documento riportava integralmente la lettera di Mignone, il quale arrivava a l nocciolo della questione con una precisione rara per l'epoca e per la sua cond izione di vittima dei fatti: "O le migliaia di prigionieri arrestati da uomini in servizio presso le Forze Ar mate si trovano sotto la loro giurisdizione, e allora tutta la gerarchia militar e mente e costruisce una grande farsa quando ci riceve sorridente e cortese, o i commandi che agiscono in tal modo non eseguono i loro ordini, e allora la situa zione è molto grave. Immagini le conseguenze e la responsabilità storica di chi è arrivato al potere con la bandiera dello stato come monopolio del potere e solo dopo pochi mesi non è più in grado di controllare nemmeno un sottufficiale. Non ci sono alternative, se me ntono è ugualmente grave perché la menzogna non può essere il fondamento di uno stato.

Tutto ciò l'ho descritto senza trovare alcuna risposta soddisfacente a nessuno de i livelli delle Forze Armate che sono stato costretto a incontrare per la scompa rsa della mia povera e buona figlia". Secondo Mignone, le autorità militari portano avanti la "guerra sporca senza rend ersi conto che oltre che immorale ciò è anche suicida. Com'è possibile che non siano c onsapevoli che tra due anni, sia che abbiano ucciso i 20 o 30.000 emarginati che hanno arrestato o sperano di arrestare, sia che questi vengano liberati, dopo a verli tenuti nascosti, incatenati, incappucciati e torturati per mesi, la letter atura sull'argomento inonderà il paese e si rivolterà contro come un inarrestabile b oomerang sulle proprie Forze Armate?". 11 brigadiere dell'Aeronautica Jorge Landaburu, già funzionario di un precedente governo militare, ha anche lui patito le tribolazioni che addolorano Mignone, da quando è scomparsa una delle sue figlie, di 23 anni, militante della Gioventù unive rsitaria peronista. Quando venne catturata da un plotone della Scuola di meccanica della Marina, la ragazza si trovava in possesso del racconto delle sevizie subite da un'altra de tenuta, che era riuscita a fuggire qualche giorno prima dalla Scuola. Il brigadi ere si rivolse per 150 giorni ai più alti livelli politici e militari, ma la Marin a negò sempre che la giovane fosse nelle sue mani. Invece, alla fine di settembre, alcuni ufficiali della Scuola consegnarono al brigadiere il cadavere della figl ia fucilata in quel luogo dopo cinque mesi di torture. 75 Sono difficili le stime del numero delle vittime. Si sa però che tra uno scantina to che si troverebbe nei paraggi della pista dell'aeroporto di Buenos Aires - qu asi tutte le testimonianze coincidono nel fare menzione dell'intenso rumore di m otori di aerei - e una soffitta che è parte del Cìrcolo ufficiali della Scuola vi so no in permanenza 60 detenuti circa, che vengono continuamente ricambiati. Alcuni arrivano mentre altri sono gettati in mare. Venticinque salme sono finora appar se in Uruguay, ma si crede che questa non sia che una percentuale minima che, a causa di errori tecnici, è sfuggita al controllo delle autorità della Scuola ed è dive ntata pubolica. L'agenzia Ancia, in un rapporto speciale per il primo anniversario della dittat ura militare, distribuì una relazione sulla situazione dei diritti umani. Uno dei paragrafi segnalava l'apparizione di cadaveri nell'Oceano Atlantico. "Un ministr o del governo nazionale, durante un incontro tenutosi nella discoteca Mau Mau, s i è vantato del fatto che 'adesso le cose vanno meglio perché i sovversivi vengono t utti messi dentro sacchi, trasferiti su navi e poi scaraventati in mare; e [che] questo si doveva fare fin dall'inizio'. Da fonti ben informate si segnala che s ono centinaia gli uccisi in questo modo." Il 24 marzo 1977, Rodolfo J. Walsh nella sua Lettera aperta di uno scrittore al la Giunta militare, giudicata da Gabriel García Márquez un pezzo magistrale di giorn alismo, scrisse: Tra millecinquecento e tremila persone sono state trucidate in gran segreto, dop o che voi avete vietato di fornire informazioni sul ritrovamento dei cadaveri, c osa che tuttavia in qualche caso è riuscita a trapelare, sia perché coinvolgeva altr i paesi, sia per la barbarie genocida o per l'orrore suscitato tra i vostri prop ri uomini. Tra il marzo e l'ottobre 1976 sulle sponde uruguaiane, sono comparsi venticinque corpi mutilati, probabilmente una piccola parte del carico di tortur ati a morte nella Scuola di meccanica della Marina. Walsh rifiutava la finzione di bande di destra, eredi presunte della Triplice A dell'ex ministro di Isabelita, José López Rega, in grado di attraversare la maggiore guarnigione del paese con camion militari, di ricoprire di morti il Rio de la Piata o di scarav entare prigionieri in mare dai mezzi di trasporto della prima brigata aerea senz a che il generale Videla, l'ammiraglio Massera e il brigadiere Agosti ne siano v enuti a conoscenza. Le tre componenti delle Forze Armate sono oggi la Triplice A e la Giunta da voi presieduta non è l'ago della bilancia tra "violenze di segni o pposti" né l'arbitro giusto tra "due terrorismi" ma piuttosto la fonte stessa del terrore che ha perso la bussola e può solo balbettare il discorso della morte.

76 Il giorno dopo Walsh cadde nella trappola di un agguato predisposto da un ploto ne dell'Esina per via di un appuntamento rivelato sotto tortura da un compagno. Astiz aveva il compito di consegnarlo vivo nelle sale di tortura. Walsh gli rovi nò il progetto tirando fuori la sua piccola pistola Walter PPK calibro 22 che nasc ondeva nel posto più inaspettato, certamente insufficiente per rompere l'assedio d i quindici bocche di fuoco. Prima di cadere riuscì a ferire a una gamba un polizio tto, poi decorato come zoppo. Cinque prigionieri vennero a conoscenza dei prepar ativi dell'operazione. Uno vide nella Scuola di meccanica della Marina il cadave re di Walsh falciato dai proiettili. Crede che lo abbiano bruciato, come riferis ce Scilingo, nel campo sportivo vicino al fiume del suo ultimo racconto, che sco mparve con lui. La disinfezione Al Senato, Pernias ammise che la Marina aveva preso parte al sequestro, alla to rtura e alla scomparsa di Alice Do-mon e Léonie Duquet, negando però la propria part ecipazione personale. Disse che nelle prime denunce formulate in Francia verso i l 1979 o il 1980 "non vengo in nessun modo incriminato per tali fatti". Solo ann i dopo "comincio a essere accusato sulla vicenda delle monache, ma in forma del tutto generica". Nella testimonianza resa nella sala dell'Assemblea nazionale francese il 12 ott obre 1979, le sopravvissute Sara Solarz de Osatinsky, Ana María Martí e Maria Alicia Milia de Pirles lo smentiscono. Il testo rivela che gli ufficiali che partecipa rono all'operazione contro le suore furono i tenenti di fregata Alfredo Aztis [s ic] e Alfredo González Menotti, i tenenti di vascello Schelling e Antonio Pernia [ sic], il tenente di fregata Radizzi [sic] e il prefetto Favre. L'imprecisione ne i nominativi è dovuta alle poche informazioni disponibili all'epoca. "Furono tortu rate in modo selvaggio. La loro condotta fu ammirevole. Perfino nei peggiori mom enti di dolore suor Alice, che si trovava nella Capucha? chiedeva notizie sulla sorte dei suoi compagni. Ironia volle che chiedesse in modo particolare del 'rag azzine biondo', che non era altro che l'ufficiale di Marina infiltratosi nel gru ppo, il tenente di fregata Astiz." I prigionieri riferiscono di aver sentito gli ufficiali dell'Esina ' Capucha e Capuchita erano le denominazioni di due sedi dell'Esina dove veniva no depositati i prigionieri. [N.d.A.] 77 parlare delle suore volanti. Parte di quella dichiarazione venne ripresa, nel 19 79, da una rivista spagnola e illustrata con fotografie di Pernías e Rolón. Prima ancora, nell'aprile 1978, la Commissione argentina per i diritti umani, c he raccolse testimonianze dei sopravvissuti in esilio, aveva diffuso quella di H oracio Domingo Maggio, un sindacalista fuggito dall'Esina. Maggio raccontò i suoi dialoghi con le monache nel campo di concentramento clandestino. "Non portavano abiti religiosi, erano state duramente picchiate ed erano deboli, tanto che per recarsi in bagno suor Alice doveva essere sorretta da due guardie, perché non era in grado di reggersi in piedi." Aveva detto di essere stata legata a un letto, t otalmente nuda, e che le era stata applicata la picana elettrica su tutto il cor po. "Sono rimaste all'Esina circa dieci giorni, per la maggior parte dei quali s ono state interrogate e torturate. Poi sono state trasferite, non so dove, insie me a undici persone." In una rivista che alcuni esuli uruguaiani pubblicavano in Svezia, Maggio identificò Pernías tra i torturatori delle suore. Non vi è dubbio sull e date, perché Maggio fu ucciso pochi mesi dopo. Un particolare che ancora oggi ossessiona i sopravvissuti è il bacio con cui Asti z segnalò coloro che dovevano essere sequestrati per identificarli di fronte ai ra pitori che osservavano la scena a distanza. L'appello fu comunque pubblicato in occasione del Natale 1977 e tra le firme vi è quella di Gustavo Niño, nome usato da Astiz per farsi passare per il fratello di uno scomparso. Durante il processo agli ex comandanti, la Procura presentò come te stimone l'autentico Gustavo Niño, bruno e scarno, in nulla simile al biondo e robu sto Astiz.

Sara Solarz de Osatinsky, Ana María Martí e María Alicia Milia de Pirles erano state liberate dal GT 3.3, che le considerava "recuperate" secondo il termine che veni va adoperato all'Esina. Descrissero anche il sistema di eliminazione dei prigion ieri, che allora fu conosciuto con maggiore specificità rispetto alle prime denunc e del 1976 e del 1977 e che consente di rivisitare i sentimenti che suscitavano, dalla parte delle vittime, i voli descritti da Scilingo: I trasferimenti venivano effettuati di mercoledì e in via eccezionale anche di gio vedì. In un primo momento ci veniva detto che i sequestrati erano portati in altre guarnigioni o nei campi di lavoro che dicevano esistessero vicino al penale di Rawson, in Patagonia. È stato duro persuaderci del fatto che in realtà il trasferime nto portava alla morte. Il giorno del trasferimento il clima era molto teso. I s equestrati non sapevano se quel giorno sarebbe toccato a loro o no. Le guardie p rendevano misure più se78 vere del solito. Non potevamo andare in bagno. Ognuno di noi doveva restare rigo rosamente al proprio posto, incappucciato e con le catene ai piedi senza fare al cuna mossa per poter guardare ciò che succedeva. Tutto ciò si svolgeva alla Capucha e alla Capuchita. Intorno alle quindici e trenta lo scantinato veniva totalmente sgomberato. Se stavano torturando qualche sequestrato, veniva portato al terzo piano. Verso le diciasette alla Capucha i detenuti cominciavano a essere chiamat i con il numero a loro assegnato. Siccome erano incappucciati e con le catene ai piedi, venivano messi in fila indiana, presi uno dopo l'altro per le spalle e p ortati giù a uno a uno. Sentivamo il rumore delle catene avvicinarsi alla porta, c he veniva aperta e immediatamente richiusa. Ognuno portava con sé solo gli abiti c he aveva addosso. Venivano condotti nell'ambulatorio dello scantinato, dove c'era un infermiere c he faceva loro un'iniezione per addormentarli, ma senza ucciderli. Così, vivi, era no portati fuori dalla porta laterale dello scantinato e caricati su un camion. Mezzo addormentati venivano portati all'aeroporto militare, fatti salire su un a ereo che volava verso sud, verso il mare aperto, dove venivano gettati vivi. Mol te volte, durante il trasferimento, si sentivano elicotteri che sorvolavano la z ona. Da ciò presumiamo che i trasferimenti venissero a volte effettuati con quel m ezzo. Le nosfre affermazioni si basano su fatti vissuti durante due anni di perm anenza nel Circolo ufficiali dell'Esina. Non abbiamo mai più saputo nulla delle migliaia di prigionieri che sono andati vi a in quei trasferimenti collettivi. Molte volte abbiamo trovato gli abiti che av evano i compagni il giorno del trasferimento in uno stanzino, il deposito dove v enivano messi i vestiti usati dai sequestrati. Nemmeno le guardie entravano nello scantinato mentre veniva preparato il trasfe rimento; ma qualche volta, costretti a farlo, tornavano al terzo piano visibilme nte sconvolti. Era evidente che non avevano un idea reale di ciò che accadeva. Rif erivano turbati che giù succedevano cose spaventose, che i trasferiti venivano ucc isi o addormentati con un'iniezione. Durante l'operazione di trasferimento, avev ano accesso allo scantinato soltanto gli infermieri, due guardie, l'ufficiale di guardia e un suo aiutante. Alcune ore prima del trasferimento, l'infermiere ent rava con una scatola piena di flaconi e di siringhe. Una delle guardie, soprannominato Bolita [termine spregiativo con cui vengono c hiamati i boliviani], è stato presente a quasi tutti i trasferimenti, perfino nei giorni in cui doveva essere in licenza. Un altro onnipresente era quello soprano minato La Bruja [la strega]. Una volta lo si è visto ritornare dopo un trasferimen to in un furgoncino della Marina, con dietro un telone verde, dal quale scaricò ne llo scantinato una lunga scatola di metallo piena delle catene che portavano i d etenuti ai piedi. Alcuni particolari sui trasferimenti li abbiamo appresi anche dagli ufficiali. Nei momenti di debolezza poteva sfuggire qualche informazione. L'ufficiale della Prefettura Gustavo Sánchez, detto Chispa [la scintilla], disse c he i corpi venivano gettati nel mare del sud, in zone vicine ad altre sedi della Marina. 79

80 Il capitano Acosta all'inizio proibì ogni riferimento alla vicenda dei trasferimen ti. In momenti d'isteria arrivò perfino a dichiarare: "State attenti perché qui a ch i da fastidio gli diamo un penthonaval e vola via". La parola naval aggiunta al nome della medicina era un modo di dire frequente in Marina. L'espressione "vola via" stava per "lo si uccide". Acosta affermava pure che tra tutti i detenuti c he passarono di lì, gli unici vivi sarebbero stati coloro che appartenevano al gru ppo che più in là la Marina avrebbe lasciato in libertà. Tutti gli altri dovevano mori re. La mano di Dio, secondo lui, sarebbe stata presente in quella scelta. Alla fine del febbraio 1977 vi fu un errore nel trasferimento e il compagno Tin cho tornò alla Capucha. Di fisico robusto, Tin-cho era militante del movimento per onista montonero, arrestato nel mese di gennaio. Era stato sottufficiale artigli ere di Marina. A fine febbraio viene chiamato dalle guardie per essere trasferit o. Fatto scendere nell'ambulatorio dello scantinato, gli viene detto che sarebbe stato trasferito in un altro posto dove le condizioni erano migliori, però lo avv ertono che gli sarebbe stata fatta una vaccinazione per evitare contagi. L'infer miere eli fa l'iniezione nel braccio ma ci mette un po' di tempo prima di fare e ffetto. Passato qualche minuto, Tincho comincia a sentire come se braccia e gamb e non gli rispondessero. Come se si muovessero al rallentatore. Si sente molto d ebole. Non arriva ad addormentarsi. Ad altri prigionieri fanno lo stesso che han no fatto a lui. Mentre sono seduti sulle panche del corridoio dello scantinato, qualcuno vomita. In certi casi, alcuni svengono e sono trascinati fuori. Fanno uscire Tincho dalla porta dello scantinato per poi caricarlo su un camion che lo conduce all'aeroporto militare. Lo fanno poi salire su un aereo Fokker e , una volta su, Bolita gli chiede qua! è il suo nome. Quando risponde che si chiam a Tincho, Bolita gli dice: "Ragazzo, ti sei salvato," e lo riporta all'Esina. Vi ene di nuovo depositato alla Capucha. Tincho dorme tutta la notte e anche il gio rno seguente. Qualche giorno dopo viene portato in un trasferimento individuale. In seguito abbiamo saputo che a metà del 1977 si trovava ancora sequestrato in un luogo di prigionia controllato dall'Esèrcito. Non sappiamo che cosa abbiano fatto di lui. Un altro caso simile accadde a fine agosto 1977. Un giorno inconsueto per i tra sferimenti, sgomberarono lo scantinato e portarono giù tre detenuti di sesso masch ile che si trovavano alla Capuchita. Quella stessa notte li riportano su addorme ntati e sporchi di vomito. Vengono condotti da Bolita e da varie altre guardie, tra cui uno detto VAbuelo [il nonno]. Due detenute che in quel momento uscivano dal bagno videro due prigionieri buttati su un telo pesante di colore giallastro di fronte all'entrata della porta che conduce alla Capuchita. In quel momento l e guardie e Bolita portavano su il terzo mentre protestavano perché qualcosa non a veva funzionato nel trasferimento. Dopo due o tre giorni tornarono per riportars i via i detenuti che non sono più riapparsi lì. Non era consentito l'accesso allo scantinato fino al giorno dopo il trasferimen to, anche se questo finiva presto. Il giorno dopo si vedeva lo scantinato più puli to del solito e vi era odore di disinfettante. Qualche volta, nei giorni di tras ferimento ci veniva detto che dovevamo sloggiare dallo scantinato perché c'era la disinfezione. In varie occasioni si sono riferiti al trasferimento come "la disi nfezione". Benché il pulire a fondo avesse 10 scopo di cancellare ogni possibile prova di ciò che era suc cesso il giorno prima, molte volte, per negligenza nella pulizia s'intravedevano i segni dei corpi che erano stati trascinati dal l'ambulatorio fino alla porta laterale dello scantinato. I segni più evidenti erano quelli lasciati dalle suole delle scarpe di gomma o dalle scarpe da tennis. Nelle ore successive al trasfe rimento la nostra angoscia era ancora maggiore. Da una parte ci rimaneva un'altra settimana di vita, dall'altra vedendo i materassini che restavano vuoti scoprivamo quale compagno era stato portato via. E così tornavamo a piangerli tra il dolore, l'impotenza e la rabbia. Da quanto siamo riusciti a sapere, l'E-

sma fu dagli inizi destinata a luogo di raccolta dei detenuti cioè 11 posto dove venivano concentrati i prigionieri per il successivo trasferimento. In un edificio della Marina un detenuto vide il seguente organigramma: Chupadero2 Chupadero Centro raccolta detenuti Ospedale Chupadero Da questo organigramma possiamo dedurre che la destinazione finale era stata de nominata con il termine "Ospedale". Un'altra testimonianza simile fu quella di Lila Pastoriza, catturata dalla Mari na nel 1977 e liberata nel 1978: Nell'epoca di più intensa attività repressiva, da quanto riferiscono prigionieri e g uardie, i trasferimenti collettivi erano settimanali. Il numero di persone trasf erite variava a seconda delle occasioni; in alcuni casi si arrivava a quaranta o cinquanta prigionieri. I trasferimenti individuali venivano effettuati qualsias i giorno a qualsiasi ora. In genere, la guardia di turno chiamava i prigionieri e li portava via. Non c'era né il rigore, né lo spiegamento repressivo che caratteri zzavano i trasferimenti di massa. Il 16 o 17 giugno 1977 fui testimone del primo trasferimento. Trovandomi nello scantinato, fui condotta totalmente alla cieca alla Capucha, dove sentii leggere all'incirca cinquanta numeri corrispondenti ad altrettanti prigionieri. Da quan to ho saputo dopo, era stato uno degli ultimi trasferimenti così numerosi. Durante la mia permanenza alla Capuchita ho creduto - anche se con poca convinz ione - alla versione che dei trasferimenti davano i membri dei gruppi repressivi : i prigionieri erano traCampo di concentramento clandestino. [N.d.T.] 81 sportati altrove (si parlava di fattorie, centri di detenzione nel sud) finché ven iva deciso cosa fare di loro o si stabiliva una eventuale condanna da scontare. L'unico indizio che manteneva in piedi questa possibilità era il sapere che qualch e trasferito (individualmente) era stato visto in un altro posto. Per ciò che rigu ardava il resto non ho mai saputo nulla. Dalle conversazioni con alcuni ufficial i, mi sono convinta che l'obiettivo dell'azione repressiva era lo sterminio fisi co dei detenuti. Benché io non abbia mai avuto un indizio inequivocabile di ciò che avveniva nei trasferimenti, altri prigionieri l'hanno avuto. L'ipotesi che una d elle sorti dei prigionieri fosse quella di essere gettati in mare da aerei nasce da fatti osservati, da frammenti di discorsi con gli ufficiali, dal racconto de lle guardie, da un detenuto che, erroneamente, fu portato e riportato dall'aerop orto. Questo è stato sempre un tema tabù sul quale era vietato ogni tentativo d'inda gine. Tra di noi si sapeva che l'elenco dei trasferiti veniva deciso in una riun ione di ufficiali dei Servizi informativi (nel caso dell'Esina) che si teneva il giorno precedente. Inoltre, veniva riempita una scheda particolare di ogni sequ estrato, che era custodita negli archivi dei Servizi informativi. Almeno a parti re dalla data della mia cattura, tutti i sequestrati che arrivavano all'Esina fu rono fotografati, veniva loro assegnato un numero e si compilava una scheda di i dentificazione (che a volte includeva un test sulle loro tendenze politiche) che , secondo gli ufficiali della Marina, veniva consegnata al primo corpo dell'Eser cito. Sembrava impossibile continuare a negare. Ma passarono ancora undici anni prima che Scilingo raccontasse la verità. Un umanista in divisa Appena eletto presidente, nel 1983, Raúl Alfonsín chiese al Parlamento l'annullamen to dell'autoamnistia e ai tribunali di promuovere i processi contro le tre prime Giunte militari, per omicidio, privazione illegale di libertà e applicazione dell a tortura sui prigionieri. Riformò il Codice di giustizia militare per rendere pos sibile l'appello civile contro sentenze dei tribunali militari. Dovevano essere puniti quelli che avevano ideato, organizzato e messo in atto un congegno repres sivo sapendo che avrebbe gravemente attentato alla dignità umana, e anche coloro c he avevano tratto profitto personale o agito con crudeltà o perversità. Era però "urge

nte offrire ai membri delle Forze Armate e di sicurezza, che non avevano agito d i propria iniziativa partecipando ad atti contro la dignità umana, l'opportunità di servire con lealtà la democrazia costituzionale". Era il primo progetto di legge di Obbedienza dovuta di 82 Alfonsín. II Parlamento stabilì che non vi era però alcuna giustificazione ammissibile per i "fatti atroci e aberranti". Come il torturare prigionieri o gettarli vivi da aerei in mare. I tribunali militari sancirono il carcere preventivo e rigoroso per Massera e V idela. Massera si trovava già detenuto per la scomparsa del marito di un'amante, u scito in mare sul panfilo del comandante in capo della Marina e mai più tornato. I suoi beni verranno svenduti nei mesi successivi grazie a documenti da lui firma ti e legalizzati dal console argentino a Miami, morto poco dopo aver completato quella pratica. Anche il notaio che aveva redatto il protocollo di altre vendite e l'incaricato di una tenuta di Branca muoiono d'infarto. Il numero di riferime nto di un presunto telegramma dove Branca notificava al suo amministratore la pa rtenza per un viaggio, corrispondeva in realtà a un telegramma di felicitazioni di nozze spedito a un familiare di Massera. Il corrispondente del quotidiano spagn olo "El País", José Luis Martín Pietro, descrisse così i fatti: "L'istruttoria trasuda s angue, seme, lacrime, adulteri, prostituzione di alto livello, passioni, omicidi , falsificazioni, inganni, rapine, corruzione, prepotenza. Ma - ci si chiede - c he importanza può avere tutta la sordidezza del caso di fronte al dramma dell'inte rvento militare e di tutti gli orrori della Scuola di meccanica della Marina? Im porta e come! A partire dal caso Branca, l'ammiraglio Massera e i suoi camerati possono apparire sotto una nuova luce più chiarificatrice: quella di chi, in nome della civiltà cristiana e del sacro principio della Patria, andava a letto con la moglie del socio, lo uccideva e si spartiva i suoi beni, mentre i rivoluzionali di sinistra in prigione urlavano sotto le torture". Testimoniando davanti ai giu dici militari, disse che durante la guerra sporca la Marina aveva giurisdizione unicamente sul mare, i fiumi, le coste e le zone portuali. Quando il brigadiere che presiedeva il tribunale gli chiese se aveva sentito .parlare di sequestri, l uoghi segreti di detenzione, torture, assassinii, attentati contro la proprietà, v iolenze sessuali, Massera rispose senza esitare: "Mai, in nessun caso". Aggiunse che tutti i mesi visitava ogni unità e che aveva ammonito i comandi "di agire con prudenza perché tra due o tre anni, o cinque o sei o sette, come succede ora, gli eroi di ieri sarebbero diventati i nemici di domani. Se ci sono stati eccessi in qualcosa, saranno eccessi di singole persone che bisognerà valutare". M assera scaricò la responsabilità sui subalterni e disse: "Non è perché l'ammiraglio abbi a dato l'ordine che l'operazione viene eseguita, ma piuttosto perché coloro che lo ricevono vogliono farla". Il brigadiere insistette: Ha avuto conoscenza di eccessi per quanto riguarda l'esecuzione di detenuti sen za alcuna forma di processo? 83 "No, signor presidente," rispose. Massera negò perfino l'esistenza dei campi di concentramento clandestini. Uno dei consiglieri del tribunale volle sapere se vi erano stati detenuti in luoghi che non fossero quelli specificatamente ammessi come commissariati o carceri. Disse che "dalle informazioni di cui sono in possesso no, signore. In nessun or ganismo della Marina è stata tenuta prigioniera persona alcuna". Fu inoltre interrogato su quali fossero i limiti, secondo il suo parere, della parola "annientare". "I limiti sono di tipo concettuale," rispose Massera, "perché la Marina non dispo ne di un dizionario operativo dove venga definito il termine 'annientare'." L'annientamento della sovversione," gli chiesero, "rende legittima l'adozione d i misure estreme come le torture, le privazioni illegali della libertà, gli omicid i? "Ovviamente no, nessuno degli obiettivi del Processo di riorganizzazione nazion ale3 può legittimare ciò che viene segnalato dal presidente. Al contrario, il concet

to generale che guidò l'agire del Processo era occidentale, umanista e cristiano. Qualche volta mi sono espresso dicendo che l'uomo doveva essere l'oggetto della politica e non l'obiettivo. Vale a dire che l'uomo viene prima di tutto. Durante la guerra contro la sovversione sono stati forse commessi degli errori. Ma se l ei mi chiede di indicarne qualcuno non saprei specificarlo perché nego che siano s tati commessi eccessi, o se sono stati commessi nell'ambito della Marina, ogni v olta che se ne veniva a conoscenza si indagava. È riprovevole che la stampa sensaz ionalistica abbia lanciato una campagna diffamatoria facendo in qualche modo cre dere al paese che le Forze Armate abbiano avuto un atteggiamento poco etico, cos a che nego in modo assoluto," disse il capo che diede l'ordine di impiegare le t orture negli interrogatori dei prigionieri. Quali furono i limiti fissati alla libertà di azione concessa ai diversi livelli operativi? chiese il presidente del tribunale. "Non poteva eccedere oltre i limiti dei princìpi etici della guerra." Ha avuto conoscenza di eventuali fatti irregolari verificatisi nell'area di res ponsabilità della Marina? "No, signor presidente," sostenne Massera, "le notizie erano poco precise. Le a ccuse che vengono formulate sono macchinazioni preparate da testimoni che tentan o di prova3 Autodenominazione datasi dalla dittatura militare. Nel linguaggio corrente si sente parlare ancora dielProceso per fare riferimento a quelpe-riodo. [N.d.T.] 84 - Atüe Forze Armate. All'epoca non abbiala responsable ¿[ai nessuna denuncia su tal i eventuali mo avuto cone>ce segnalati." . i .; ,,?n20Ilu &. j__:_« ,, ,,TIO roasmci sveHp.se di gnaiau. ,. fatti che oggi ^" una indagine su una ragazza svedese di In seguito ft Ç^Jn e sulle suore francesi, tutte seque17 anni, Dagm»r Jaftivi'dell'Esma, due casi che hanno avustrate da gmpp °£za internazionale sia per la nazionalito una grande V? % condizione delle vittime. Disse: Non tà, sia per la Presta sull'argomento in Svezia e m Franricordo nessuni >^L.né avvennero durante la mia gestione eia. Ricordo i fri» f~ to possibile si tentò di indagare, senza e owiamente tfg1 pativo". Negò l'esistenza di un piatuttavia alcun ".sffito Su metodologie e procedure paleseno di operazioni D^pstò «con veemenza" che migliaia di mente illegali' ^¡Sate in modo illegale della propria_ lipersone fossero sta'6 [,, disse chg 1& Scuola di meccanica berta, torturate' e uct sa "come particolare obiettivo di della Marina era ^f fantasiose e diffamanti denunce discredito. Soi° *Pf potranno essere provate data la loro che, sono sicui0' nL "nella Marina non esistono, ne sono falsità". Aggiujf ^^ pubblici 0 segreti destinati a cal mai esistiti, tes« trar[e ai princìpi etici". ' deggiare proce^ do Lambruschini, che ha poi preso il L'ammiraglio ^ Marina, indagato dai tribunali multaposto di Masseraneuai momento di grande confusione ri disse: "Stiamo v ve¿ iu alti vaiori etici. Supponiamo che nel quale sono sta11 s « cancr0( la S0wersione, che vuole di sia stato individuato , . civile in Argentina, e s interviene struggere ogni fr f, are del tempo, si vuole persuadere per estirparlo. C°"ato benigno e lo sradicamento maligno . che il cancro sia s> rticolare delle operazioni. Non ricordò nessuni* Commissione nazionale per la scomPochi giorni d°P^onsegnò la propria relazione finale. Diparsa delle pers°f 5¿°terroristi le Forze Armate avevano opceva che ai deli*1 " innnitamente peggiore provocando la

posto un terrón^0 selWgia, tragedia della nostra stona, più grande, e la P^ fa6fosca categoria dei crimini con andando così ad f"* Tecnica della scomparsa e le sue consetro l'umanità. ConJa teen .^^ dalk gr&ndi reli e guenze, tutti i P^ofe in millenni di sofferenze e calamità dalle più elevate » barbaramente ignorati. erano stati calpesti un& nde commozione nel Queste par^l ^1° caserme. Solo allora il Governo e buo-paese e stupore »e" irono la dimensione e la profondità na parte del pa^6 P ti ^nni erano stati denunciati in solitu-dell'orrore che PerJ ¿alle organizzazioni per i diritti umani, dine dalle v ittir° 85 Dall'enorme documentazione raccolta dalla Commissione nazionale per la scompars a delle persone scaturiva che i diritti umani erano stati violati in forma organ ica e dai rappresentanti dello stato, con analoghi sequestri e identiche torture in tutto il paese, il che demoliva la dottrina degli eccessi individuali. La Co mmissione faceva riferimento in modo particolare alla situazione dei desaparecid os: dal momento del sequestro, la vittima perdeva tutti i diritti, era privata d i ogni possibilità di comunicazione con il mondo esterno, confinata in luoghi scon osciuti, sottoposta a supplizi infernali, senza sapere nulla del proprio destino futuro e immediato, suscettibile di essere gettata in un fiume o in mare, con b locchi di cemento ai piedi o ridotta in cenere; restavano esseri che nonostante tutto non erano oggetti, ma conservavano gli attributi della creatura umana: la sensibilità di fronte alla tortura, la memoria della propria madre o del proprio f iglio o della propria donna, la vergogna per lo stupro pubblico; essere possedut i da una infinita angoscia e da un timore assoluto, esseri umani che comunque co nservavano in qualche angolo dell'anima una qualche improbabile speranza. La Com missione certificava di avere constatato circa novemila casi di questi derelitti , e dichiarava però di avere tutti gli elementi per presumere una cifra più alta, pe rché molte famiglie esitavano nel denunciare i sequestri per timore di rappresagli e. Una sintesi delle conclusioni della Commissione nazionale per la scomparsa dell e persone fu pubblicata con il titolo Mai più. A pagina 235, nel paragrafo sottoti tolato Lancio di detenuti in mare, si diceva: Non è facile crederlo, nonostante siano in molti a farvi riferimento nelle loro te stimonianze. Alcuni per averlo sentito, altri per riferimento diretto dai seques tratori; ci sono anche i corpi che le correnti marine spinsero fino alla riva. N on è facile crederlo, ma nel contesto generale di questa selvaggia repressione è con cesso pensare che per gli autori non fu altro che un metodo tra tanti altri util izzato per lo stesso fine. La Commissione collegò le testimonianze dei sopravvissuti con la notizia apparsa sui giornali nel 1983 a proposito di 37 cadaveri raccolti su diverse spiagge. "I l mare, che nella zona del golfo ha correnti molto irregolari, li depositò sfigura ti sulla sabbia. In alcuni corpi si potevano osservare inequivocabili segni di v iolenza; l'acqua salata e la voracità dei pesci aveva sfigurato quasi tutti. Un es perto disse che potevano essere caduti da qualche imbarcazione o essere stati ge ttati da un aereo." Ciò accadeva una decina di anni prima della confessione di Sci lingo. 86 Il giorno dopo la consegna delle conclusioni della Commissione nazionale per la scomparsa delle persone, il tribunale militare fece sapere ai giudici civili ch e non avrebbe potuto emettere una sentenza entro i termini e sostenne che "i dec reti, direttive, ordini di operazioni ecc., che hanno reso possibile l'agire mil itare contro la sovversione terrorista erano, in quanto a contenuto e forma, ine luttabili". Si pretese anche che la privazione della libertà non fosse illegittima nel caso d i persone che avessero violato la legge e osservò che il processo veniva costruito su denunce di persone coinvolte o di parenti, per cui la loro obiettività e credi

bilità risultava compromessa. Essendo gli ordini emanati ineluttabili, il tribunal e militare non ritenne gli ex comandanti responsabili se non per la mancanza di controllo sugli illeciti che potevano essere stati commessi dai subalterni. Anco ra una volta la colpa era dei quadri inferiori. I tribunali civili si sono fatti carico dell'inchiesta che i tribunali militari non hanno voluto portare avanti, e nell'aprile 1985 sono cominciate le udienze pubbliche del processo ai nove ex comandanti in capo delle Forze Armate, tra di loro tre ex presidenti militari. // giudizio degli uomini Ogni volta che i membri della Corte federale entravano nella sala delle udienze , i capi delle Giunte militari, che fino a poco prima avevano fatto tremare la s ocietà, si alzavano in piedi con grande rispetto obbedendo all'ordine di un giovan e segretario. Nel processo che li vide imputati, i nove negarono però di aver ordi nato l'uso di metodi offensivi per la l'umanità. Non accettarono i fatti e accusar ono i sopravvissuti dei campi di concentramento di inventarsi le loro testimonia nze di discesa agli inferi. Insinuarono inoltre che i magistrati fossero parte d i un complotto contro i virtuosi guardiani dell'essenza nazionale. Se qualche er rore era stato commesso, era responsabilità dei subalterni. Vittime e carnefici raccontarono la loro parte della storia durante le udienze pubbliche del processo, protrattosi per un anno. Il viceammiraglio Luis Maria Mendia, all'epoca comandante operativo della Marin a, fu il responsabile della redazione, formulazione ed esecuzione dei piani per l'adempimento dei decreti del potere esecutivo che ordinavano l'annichilimento d ell'azione degli elementi sovversivi. Disse che secondo il dizionario, annichilire significava 87 annientare. Indicò che "le Forze Armate sono violente, distruttive, non hanno mezz i termini. Non usiamo lacrimogeni. Se adoperiamo del gas, adoperiamo quello leta le". Riprese la frase di Clausewitz su guerra e politica e disse che, secondo i decreti del potere esecutivo firmati prima del rovesciamento di Isabel Perón, la p olitica aveva già esaurito tutte le sue possibilità senza superare l'effetto distrut tore del terrorismo. "Eravamo di fronte a una guerra." Mendia incalzò affermando che la Marina non aveva agito per singoli gruppi né in fo rma paramilitare ma istituzionalmente, seguendo la sua struttura operativa perma nente. Negò anche l'esistenza di centri clandestini o illegali di detenzione. Diss e che gli individui sospetti venivano interrogati in forma sommaria da ufficiali dei Servizi informativi nelle unità della Marina. Se veniva accertata la loro est raneità alle organizzazioni sovversive, venivano liberati. Se invece se ne scopriv a il coinvolgimento, restavano in prigione "il tempo necessario, prudenziale" pe r poi passarli "alle rispettive autorità giudiziarie". Una volta stabilito se foss ero coinvolti, "si avviava il relativo processo". Si seguiva "il percorso dovuto ". Veniva osservato il punto secondo il quale la detenzione per raccogliere testim onianze non poteva superare le 48 ore? "Se possibile si rispettava. Veniva applicata la norma del tempo necessario. A volte 48 ore non erano sufficienti." In che modo interrogava il personale dei Servizi informativi? "Rispettando le norme che regolavano gli interrogatori." Lei le ricorda? "In modo naturale, non coercitivo, con tranquillità, senza pressione sulla person a interrogata." Disse il comandante di operazioni che aveva informato Scilingo s ul metodo dei voli per assassinare i prigionieri. Successivamente giurò di dire la verità il viceammiraglio Pedro Santamaría, ex capo d ella Prefettura navale. Gli fu chiesto se ricordava la comparsa di cadaveri a ri va. "Niente al di fuori della norma," rispose il responsabile del movimento degli a erei Skyvan. Testimoniò anche l'ammiraglio francese Antoine Sangui-netti che nel 1977 aveva fa tto parte di una delegazione internazionale che indagava sulla scomparsa delle s

uore e di altri sedici cittadini francesi. In quell'occasione Massera gli disse: "Devo riconoscere che nell'Esercito ci sono gruppi incontrollati. Si potrebbe d ire che sono fascisti, se il termine non fosse così sgradevole. Deploro quella sit uazione della quale non sono responsabile. Marina e Aviazione non hanno alcuna r esponsabilità". I membri di una delegazione furono invitati a visitare una base navale per accer tarsi che non vi fossero scomparsi. Jacobo Timerman, giornalista ed editore, raccontò ai giudici di uno strano pranzo , poco dopo il colpo di stato, nel più lussuoso albergo di Buenos Aires con uno de i più stretti collaboratori di Massera, il capitano di vascello Carlos Benino. Mi chiarì la tesi della repressione con un'aria cortese e senza affanno. Disse che era un processo irreversibile, perché quello era l'unico modo per farla finita co n la sovversione. Chiunque avesse un legame con la sovversione, si trattasse di figli, genitori o parenti, doveva scomparire. Era un sacrificio che l'Argentina doveva fare e ne valeva la pena. Sarebbe meglio che fosse stata promulgata la legge marziale e si fosse applicat a la pena di morte, con la possibilità però di difendersi di fronte a un tribunale, risposi. "Abbiamo fretta. Non abbiamo molto tempo. L'ipotesi che lei suggerisce provoche rebbe l'intervento del Papa, e contro la volontà del Papa sarebbe molto difficile fucilare, ' disse. Franco fucilò nonostante l'opposizione del Papa, incalzai. "Non ci troviamo nelle stesse condizioni," replicò. Timerman aggiunse che durante quel pranzo un alto dirigente dell'Olivetti aveva chiesto notizie del responsabile di un tentativo di avvelenamento di cibo degli ufficiali della Marina. Bonino rispose senza la benché minima esitazione: "Lo abbiamo buttato in mare". Nei mesi trascorsi tra il colpo di stato del marzo 1976 e il suo sequestro nell 'aprile 1977, l'editore del giornale "La Opinión' si incontrò anche con Massera. Tentai di convincerlo della necessità di repressione all'interno di una struttura legale. "Non si preoccupi," mi rispose, "si prenda delle vacanze e 1 vedrà che tutto torn erà a posto. lì mondo non è in grado di ascoltare il racconto di ciò che stiamo facendo, ma questo non durerà a lungo." Il procuratore Julio Strassera gli chiese di spiegare la sua testimonianza sull a pressione internazionale che, secondo Massera, avrebbe impedito la repressione all'interno di una struttura legale. Dichiarava ciò che diceva tutta la Marina, cioè che contro la volontà del Papa non si può fucilare. Mi disse pure che ne avrebbe risentito anche il credito internazion ale di cui godeva il ministro dell'Economia," rispose Timerman. li|~na Pettini de Devoto raccontò di non aver saputo più nulla di suo marito, il te nente di fregata Jorge Devoto, dal 89 giorno in cui entrò nella sede del comando in capo della Marina per interessarsi d i un altro scomparso. Suo marito ha mai avuto notizie dai compagni su come veniva realizzata la repre ssione? "Moltissime. Io stessa ho sentito che gettavano gente in mare da aerei della Ma rina e che alcuni di loro avevano problemi di coscienza." I sacerdoti cattolici Orlando Yorio e Francisco Jalics furono sequestrati nel m aggio 1976 e portati all'Esina, dove li interrogarono sulla loro amica, la relig iosa Monica Quintei-ro. Dopo cinque giorni di prigionia "ci fecero un'iniezione. Dissero che si trattava di una vaccinazione. Storditi, ci fecero salire su un c amion. A un certo punto si fermò, dopo un'altra iniezione ci misero su un altro ve icolo con il pavimento a scanalature. In quel veicolo ci fecero una terza iniezi one e svenni," disse Yorio. I sacerdoti sopravvissero e poterono raccontarlo. "Quando ripresi conoscenza er o disteso sull'erba fresca, ero fasciato ma slegato. Ci sembrava di essere ubria

chi, in mezzo alla campagna, nel buio, circondati da un pantano. Un contadino ci disse che il pomeriggio prima aveva visto atterrare un elicottero. Non vi era a ltro modo di arrivare in quel posto." Nello stesso giorno di Yorio, il capitano di vascello Óscar Quinteiro, allora di 73 anni, raccontò in tribunale il proprio incubo. Sua figlia Monica fu sequestrata all'uscita dal lavoro, una compagnia militare di polizze sulla vita. Quinteiro andò a trovare il presidente della compagnia, un generale dell'Esercito, che gli m ostrò una scheda: sua figlia era uscita in orario, come al solito. La peregrinazio ne continuò al ministero degli Interni, dove il generale Albano Harguindeguy lo in formò che Monica non compariva in nessun elenco di prigionieri. Attraverso mezzi c he non ha voluto rivelare, Quinteiro seppe che sua figlia si trovava alla Scuola di meccanica della Marina, ma anche qui il suo vicedirettore, Salvio Me-néndez ne gò la cosa. "Dal modo in cui mi rispose seppi che non diceva la verità. Siccome insi stevo, quello se ne andò in un'altra stanza dicendomi che andava a vedere se il su o nome era contenuto in qualche altro elenco. Quando ritornò mi confermò che non era in nessuno degli elenchi. Lo ringraziai e me ne andai lasciando il mio numero d i telefono." Fu chiamato soltanto dal generale della compagnia di polizze sulla vita che gli comunicava che se Monica non si fosse presentata entro tre giorni ìe avrebbe mandato un telegramma e che dopo altri dieci giorni sarebbe stata licenz iata. Visto che era una brava impiegata, se fosse ricomparsa avrebbe potuto riav ere il posto. 90 Quinteiro andò a trovare sei volte il suo ex allievo Massera. Subito gli chiese l 'autorizzazione a presentare un ricorso in tribunale per sua figlia. "No, capitano. Me ne occuperò io personalmente e la terrò informata," rispose. Alcuni colleghi della figlia gli dissero che era stata arrestata mentre usciva dal lavoro. Quinteiro ritornò una seconda volta dal direttore della ditta dove lav orava Monica. "Guardi, capitano, ho molto rispetto per il personale. Se fosse venuto qualcuno , il primo a saperlo sarebbe stato lei," ribadì. Qualche mese dopo Quinteiro affrontò il vicedirettore, un vicecomandante dell'Avi azione. Lei sa qualcosa e me la deve dire. "Sono venuti a cercarla un maggiore e due poliziotti," ammise il vicecomandante . "Siccome il direttore era occupato sono venuti nel mio ufficio. Mi sono oppost o a che fosse arrestata lì e ho suggerito loro che l'avrei fatta chiamare, in modo che loro potessero identificarla." Quinteiro quasi non riusciva a proseguire il racconto: "II vicedirettore chiese a un impiegato di chiamare mia figlia e di farla passare nel suo ufficio, che a veva le pareti di vetro. Attraverso di esse quei signori videro mia figlia. Vorr ei che qualcuno si mettesse nei miei panni, per capire cosa significa venire a s apere tutto questo dopo tanto tempo e per bocca dello stesso responsabile, mentr e il direttore mi aveva giurato di non sapere niente. Triste e sdegnato mi rivol si direttamente al comandante in capo della Marina e gli comunicai che avrei avv iato un'azione penale". "Aspetti, prima voglio parlare con il vicecomandante," lo bloccò Massera. Questi gli disse di non essere in grado di riconoscere i sequestratori. Solo al lora Massera autorizzò Quinteiro ad avviare un'azione legale, che come al solito e bbe esito negativo. In uno degli incontri Massera gli disse che né l'Esercito, né la Marina tenevano su a figlia, gli mancava solo la conferma dell'Aviazione. "Signor ammiraglio, sono molti gli ufficiali che le stanno mentendo," Hspose il padre disperato, ancora f iducioso nella sincerità d^l suo camerata. E giunto a qualche conclusione su quale arma ha arrestato sua figlia e su qual è stata la su*^ sorte? chiese la Corte. "Da quanto mi è stato rifer'to dal sacerdote Orlando Yo-rio non ho dubbi che è stat a al' Esma e che il comandante in capo della Marina era al corrente, non solo di mia figlia ma di tutto ciò che accadeva nella ^ua arma. Il giorno della festa naz ionale, Yorio sentì un discorso che si concluse con il salu-

91 /to rituale 'Scuola di meccanica, subordinazione e valore' e la / risposta 'per servire la patria'. Dallo scantinato dove si trovava prigioniero sentì dire: 'Ahi, Orlando' e riconobbe la voce di mia figlia." Qua! è stata la risposta di Massera quando lei gli disse che lo stavano ingannand o? chiese il procuratore. "Non mi rispose assolutamente nulla." Il tribunale chiese all'ex soldato di leva dell'Esina Alejandro Hugo López: Ha saputo qualche cosa sulla sorte dei prigionieri? "Sì. Nel deposito di costruzioni vidi una vasca lunga due metri e alta trenta cen timetri con sopra una griglia. Su di un bordo c'era un tubo con un imbuto rialza to. Mettevano lì i corpi e attraverso l'imbuto facevano passare il gasolio. Era co sì che scomparivano," rispose. Precisò poi: "Vi erano due forme di scomparsa: o volo o griglia". Jorge Carlos Torres, ex cadetto dell'Esina, ricordò davanti al tribunale: "II sot tufficiale ci disse che avrebbero dato fuoco a un corpo... Dietro il campo sport ivo si vedevano spesso dei falò accesi". Jorge Félix Búsico, capitano di fregata in congedo ed ex preside all'Esina, raccontò che tutti i giorni vedeva entrare colonne di mezzi con prigionieri incappucciati , ma che non li ha mai visti uscire. In due occasioni sentì urla di dolore. Ha visto qualche volta strumenti di tortura? "Non li ho mai visti, ma si sentiva parlare dell'uso di un congegno. Una cosa c he mi è stata difficile da accettare. Non avevo nessuna intenzione di sapere. Non volevo accettare che un ufficiale della Marina potesse fare una cosa del genere. " È stato ucciso qualcuno? gli chiesero. "Veniva usato un gergo: chupar [succhiare, sequestrare], ; tabicar [isolare, ri nchiudere], mandar para arriba [volare, es-"j sere ucciso]. Disgraziatamente la terminologia fu di uso coi muñe all'Esina per indicare quando qualcuno moriva. Ho visto entrare in azione degli elicotteri dalla piazza d'armi, dove c'è il centro n evralgico dell'Esina e anche in altri posti meno in vista." Búsico fu allontanato dai gruppi operativi per aver criticato l'uso di nomi falsi . Che cosa le fu detto dal direttore e dal vicedirettore dell'E-sma quando le fu rimproverato di volersi identificare di fronte ai detenuti? chiese il giudice. "Che le operazioni sarebbero rimaste segrete e che tutti gli ufficiali dovevano nascondere il proprio nome." Le hanno spiegato perché? 92 "L'ammiraglio Chamorro, di fronte alla mia ostinazione, disse che con ciò si cerc ava di confondere il nemico. Non dovevano sapere nemmeno se i loro elementi foss ero stati catturati o se avessero lasciato il paese. In modo tale da indebolirne il morale." Lei che cosa rispose? "Che non ero d'accordo e che diffidavo dell'efficacia militare di quei metodi, visto il disastro che hanno provocato in altre parti del mondo dove sono stati a pplicati. Avevo una gran paura di questa storia. Quando ho avuto il coraggio di ritornare sull'argomento, mi resi conto che era tutto rigidamente deciso." Ha conosciuto altri dissidenti? "Tra gli ufficiali non destinati alla lotta contro la sovversione ci si teneva alla larga da queste faccende, la vita umana non aveva però alcun valore, quale ch e fosse. Ci si rifiutava di parlare della cosa, era molto raro che qualche uffic iale si azzardasse a esprimere il proprio disaccordo." E nelle altre unità dove è stato destinato? "Lo stesso che all'Esina. Quelli che non vi prendevano parte si sentivano disso ciati. Non è il mio caso, io mi sento complice"" Perché dice complice?

"Perché ho collaborate con il silenzio. Non ho avuto il coraggio di denunciarlo." La sua carriera fu improvvisamente interrotta. Verso la fine del 1977 gli fu an nunciato che, avendo divorziato, non sarebbe stato scelto per ruoli di comando, nonostante le congratulazioni ricevute per la riorganizzazione e la riattivazion e del sistema di comunicazione dell'unica portaerei della Marina argentina, di c ui era comandante in seconda. La superstite Rosario Evangelina Quiroga fu arrestata a Montevideo, capitale de l vicino Uruguay, e trasferita clandestinamente a Buenos Aires dove fu rinchiusa all'Esma. Raccontò che "il corridoio che portava alle sale di tortura era stato c ontrassegnato da un cartello che diceva 'Viale della felicità'. Quando si torturav a, per coprire le grida, veniva messo un disco a tutto volume. In una delle sale di tortura vi era una croce sul muro, che si diceva fosse stata disegnata da un a delle suore francesi". Aggiunse che si chiamavano "trasferiti" coloro "di cui non si aveva più nessuna notizia, perché non tornavano alla Scuola. Tutti gli uffici ali della Marina in servizio, o visitavano l'Esma e frequentavano il circolo uff iciali, e dunque entravano in contatto con i detenuti, o conoscevano già la loro p resenza in quello stabile. Era impossibile che non li vedessero con le catene ai piedi o ammanettati e incappucciati". 93 I detenuti potevano essere messi in libertà, come nel suo caso, "essere trasferit i in un altro campo clandestino di prigionia o essere eliminati". La pratica per ottenere il visto per il Venezuela fu portata avanti, su richiesta dei rapitori , da un sacerdote che dal Vicariato militare collaborava con loro. Rolón l'accompa gnò poi all'aeroporto di Ezeiza. Gracida Daleo raccontò che il giorno del suo arresto fu portata nella stanza di t ortura numero 13 dell'Esina. Pernias l'ammonì: "Sei nelle nostre mani. Se non parl i voli via. Devi dirci chi sono i tuoi compagni". Mentre la torturava con scaric he elettriche "io pregavo urlando avemarie e questo lo faceva infuriare. Pernias aveva un crocifisso e una medaglia della Madonna dei miracoli". Successivamente "mi fecero salire su una macchina. Dopo qualche giro, credo all'interno della s tessa Esma, mi fecero scendere. Pernias mi comunicò che visto il mio rifiuto a col laborare nella denuncia dei miei compagni era stata decisa la mia fucilazione. S pararono una volta, e qualcuno disse: 'Che mira disástrosa!'. Toccandomi la giacca uno di loro disse: 'Se la tolga, la voglio per mia moglie'. "Spararono altre tre volte. Dopo mi fecero inginocchiare, mi puntarono un'arma alla tempia e spararono un'altra volta per aria." Aggiunse che un giorno il capi tano Acosta, responsabile del gruppo tattico, le disse: "Io parlo tutti i giorni con Gesù. Se Lui dice che devi morire, ti do un penthonaval e voU . n via . Secondo Miriam Lewin, "dal resoconto di alcune guardie e prigionieri si è saputo che ai detenuti veniva fatta un'iniezione di penthonaval nello scantinato, poi v enivano caricati su un camion e si diceva che venissero gettati in mare dalT » 1 aereo . Un piccolo gruppo di prigionieri fu selezionato per ciò che la Marina chiamò "proce sso di recupero" gestito da Rolón. Andrés Castillo, ex detenuto-desaparecido testimo niò che fu in grado d'identificarlo quando un gruppo di prigionieri fu trasferito in una villa di campagna nei dintorni di Buenos Aires. "Percorrendo un quartiere molto conosciuto, il militare disse: 'Tutto questo era di mio nonno, ma siccome sperperò la sua fortuna gli rimase solo una strada'. 'Ti chiami Rolón,' dissi. 'Com e lo sai?' sussultò. 'Lì iniziano le vie Fondo de la Legua e Rolón. Tuo nonno non può ch iamarsi Fondo de la Légua.' Lui rise e assentì." Come Penelope, Castillo distrusse la storia del sindacalismo argentino che avev a scritto per ordine dei suoi carcerieri. Rolón "mi raccontava cose personali. Si era separato e risposato, mi portava riviste di calcio e, per evitare che mi uc94 cidessero, disse che ciò avrebbe compromesso il processo di recupero di altri sett

e detenuti che erano miei amici. A Natale mi portò un panettone fatto da sua cogna ta. Era pazzo. Non voglio scusarlo, ma provava dei rimorsi. Un giorno mi disse: 'Mi tocca fare la guardia quando arrivano prigionieri. Non sopporto più la picana' ". Figlio di un ufficiale della Marina messo in congedo per conflitti personali co n il suo capo senza mai riuscire ad assuefarsi alla vita civile, Rolón era cresciu to sentendosi obbligato a portare a termine la carriera troncata del padre. Ment re era in servizio all'Esina sposò una nipote del supermini-stro dell'Economia del la dittatura militare, José Martínez de Hoz. I suoi parenti acquisiti gli suggeriron o di mettersi in congedo per dedicarsi all'amministrazione dell'azienda familiar e che, senza correre rischi, gli avrebbe fruttato cinque volte più della Marina. D opo averci riflettuto un po' Rolón rifiutò l'offerta. Credeva che le sale di tortura dell'Esina fossero un gradino ineludibile lungo il percorso verso l'ammiragliat o. Secondo varie testimonianze si diceva fosse l'ufficiale che aveva il miglior co mportamento con i prigionieri. In un caso uno di loro dovette essere messo in li bertà. Una settimana prima della data stabilita ricevette nella sua cella la visit a di Rolón che gli mise sotto gli occhi un giornale. Nella prima pagina si poteva vedere un poliziotto dello scià di Persia inseguito da un gruppo di donne che vole vano strappargli la divisa. Il detenuto gli restituì il giornale senza dire nulla. Nel campo di concentramento non era conveniente parlare oltre il dovuto. Che gliene pare? chiese Rolón. "Che me ne pare di che cosa?" Rolón gli segnalò la foto. Il prigioniero riprese il giornale e si limitò a dire: "Un ufficiale della Savak in difficoltà". Sì, ma lei che ne pensa? "In che senso?" disse, riprovando a scantonare, il prigioniero la cui vita dipe ndeva dal militare. Le sembra che questo potrebbe accadere anche qui? chiese Rolón. Il complesso rapporto tra vittima e carnefice non consentiva risposte dirette. "Se mi chiede se credo che una folla possa corrervi dietro per le strade, le di rò che non lo credo possibile," cominciò a dire il prigioniero, "ma se vuole sapere se in futuro le chiederanno il conto, le dirò di sì." Che tipo' di conto? 95 "Non lo so. Noi abbiamo fatto tanti errori, ma voi avete commesso delle atrocità e vi sarà chiesta una spiegazione," arrischiò il prigioniero. Crede che ci sarà un qualche tipo di processo? Hf>^ » Si. Rolón fece la domanda più temuta: Se ci fosse un processo lei testimonierebbe? Il prigioniero non aveva alternative. Se avesse mentito, e Rolón se ne fosse acco rto, avrebbe perso la sua fiducia. Se avesse detto la verità avrebbe potuto farlo infuriare. "Sì," rispose. Che cosa direbbe? si agitò Rolón. "La verità." Direbbe che a me non piace torturare? "Sì, perché è la verità." Per un attimo l'altalena del potere si era stabilizzata. Direbbe che quando sono di guardia nei Servizi informativi mi chiudo nella mia cabina e spengo la luce? «O" » Si. E che non rispondo quando bussano alla porta per far credere loro che non ci so no di modo che i prigionieri siano interrogati da un altro? "Lo direi perché è vero. Ma racconterei anche di quelli che ha torturato," concluse il prigioniero.

Rolón non disse più nulla e uscì dalla cella. Una settimana dopo, insieme a un giovan e ufficiale, lo condusse all'aeroporto da dove si sarebbe imbarcato verso la lib ertà. L'aereo sorvolò l'autostrada sulla quale Rolón e Astiz ritornavano alla Scuola d i meccanica. Quel prigioniero sarebbe stato un altro dei testimoni del processo. L'ex detenuto-desaparecido Carlos Muñoz rivelò ai giudici che all'Esina vi era un f ascicolo per ogni detenuto, che veniva poi riprodotto in microfilm. Raccoglieva il nome del prigioniero, il numero, i precedenti, la sua storia come era stata s critta all'Esina, chi lo aveva sequestrato, quando, a che gruppo apparteneva e l a sentenza. "T" era per trasferito e "L" per libertà. "Nel 1979 dopo le dichiarazi oni di tre donne a Parigi, mi chiesero di cercare le loro cartelle. Vi erano 500 0 casi in quattro cassette di microfilm e pochissime 'L'. In quell'occasione ho avuto idea della dimensione del massacro," disse. Massera nella sua conclusione personale tornò a non ammettere i fatti, contro ogn i evidenza: "Chiunque riesce a capire," disse, "che nessuno può trasformare uffici ali e sottuffi96 ciali dell'Esercito, Aviazione e Marina in una stupefacente banda di assassini c he dalla sera alla mattina perdono ogni tipo di remora etica". Dalla sera alla mattina no. L'ex ufficiale della Marina Julio César Urien, che po i fece parte della guerriglia montonera e passò in prigione tutti gli anni della d ittatura, nel 1971 fu inviato all'Esina per seguire un corso di lotta antisowers iva. "L'idea era mettere in mezzo tutti. Agivamo come paramilitari, imparando a inseguire, sequestrare e persuadere al pentimento," rivelò alla giornalista americ ana Tina Rosenberg. Persuadere al pentimento, come? "Attraverso la tortura." Durante il corso a Urien fu assegnato il ruolo del nemico comunista. Disse: "Fa cevamo degli esercizi, durante i quali fui torturato per davvero con scariche el ettriche, mi lasciarono appeso a una sbarra, mi fecero il 'sottomarino' mettendo mi la testa sotto l'acqua. Poi studiavano le mie reazioni. Ci insegnavano che la tortura era una forma morale per combattere il nemico. In questo modo venivamo isolati dalla società. Fecero venire dei preti che dicevano, 'sì, va tutto bene'. Al cuni avevano dei problemi a imparare a torturare. Ma c'era una forte pressione s u di noi, e chi non torturava era considerato un debole". "Non sono venuto qui per difendermi. Sono venuto, come sempre ho fatto, per ris pondere di tutto ciò che hanno fatto gli uomini della Marina nel periodo in cui ho avuto l'incomparabile onore di essere il loro comandante in capo. Sono qui anch e per rispondere per tutti gli uomini delle forze di sicurezza e Polizia," recitò Massera, gesticolando come un attore mentre pronunciava un discorso imparato a m emoria in prigione. Estese la propria responsabilità "agli errori che potevano ess ere stati commessi" dai suoi subordinati. "Io, e soltanto io, ho diritto di essere sul banco degli accusati," si vantò con lo sguardo fisso sui sei giudici. Non riconobbe, invece, nessuna delle conseguenze delle sue decisioni. "Mi sento responsabile ma non mi sento colpevole," disse e concluse: "I giudici hanno a l oro disposizione la cronaca, io ho la storia ed è lì che sarà emesso il verdetto final e". Responsabilità senza colpa, eventuali errori dei subalterni che vengono assunti c on la coscienza serena di chi si crede in possesso di un mandato storico. La vuo ta retorica di sempre. Scilingo la ricorda con fastidio. Come o forse di più del v olo, la persistente ipocrisia dei mandanti gli faceva perdere il sonno. 97 O tutti o nessuno Controvoglia, le Forze Armate avevano accettato di sottoporre a giudizio i prop ri ex comandanti, senza però mai riconoscerne la colpa. Gli ufficiali in servizio, esecutori diretti degli atti atroci e aberranti ordinati dai superiori, minacci avano di ribellarsi ogni volta che la giustizia puntava il dito contro di loro. Con la stessa logica di Scilingo si riconoscevano unicamente come ingranaggi di

un congegno istituzionale, gerarchico, la cui responsabilità doveva essere collett iva e non poteva essere misurata con il Codice penale, che sanziona gli atti cri minali che gli individui commettono per libera scelta. Nel giugno 1984, l'ordine di arresto dei capitani Gustavo Adolfo Alsina e Enriq ue Mones Ruiz provocò la prima crisi militare nell'Esercito. Sei mesi dopo, in Mar ina avvenne lo stesso con l'arresto di Astiz. Alsina era stato processato per le torture che avevano provocato la morte del m edico José René Moukarzel, legato per terra con le braccia e le gambe tese nel corti le interno del carcere a cinque gradi sotto zero, come punizione per aver ricevu to un pacchetto di sale da un altro recluso. Fu percosso per dodici ore e gli fu rono gettati secchi d'acqua sul corpo nudo. Condotto in ambulatorio, l'ufficiale dell'Esercito impedì che venisse medicato. Quando un soldato ne annunciò la morte, Alsina rispose: "Congratulazioni, ha appena ucciso un sovversivo". Un ufficiale carcerario scagliò gli occhiali* del medico nella cella e annunciò ai suoi compagni: "Questo è ciò che resta del Turco"'. Mones Ruiz doveva invece rispondere dell'omicidio del detenuto Raúl Augusto Baudu cco, un caso manifesto del modo arbitrario e discrezionale con cui si poteva dis porre della vita di un essere umano. Durante un'ispezione Bauducco fu picchiato con bastoni di gomma e obbligato a restare con le braccia alzate contro il muro. Dopo due ore non potè più resistere in una tale posizione. "Se non ti alzi ti uccido," gridò il caporale Miguel Ángel Pérez. "Non posso, signore," rispose Bauducco. Pérez sollecitò l'autorizzazione. Mones Rui z gliela concesse. Il sottufficiale sparò a bruciapelo contro la testa del prigion iero. "Aveva cercato di strappargli la pistola," riferì poi Mones Ruiz. Un gruppo di ufficiali si ammutinò per chiedere al giudice federale che la smette sse di dar fastidio ai loro camerati. Il giudice si mostrò sensibile alla richiest a e rispedì la pratica ai tribunali militari che ordinarono la libertà di Mones Ruiz e Alsina. 98 Gli ufficiali dell'Esina si nascondevano dietro i nomi di animali. Chamorro era il Delfino; Acosta, il Tigre; Pernias, il Topo; Astiz, il Corvo; Scilingo non r icorda. La seconda crisi scoppiò dopo che il Corvo fu invitato a comparire di fron te a un altro giudice federale nel torrido dicembre del 1984. Le udienze si prot rassero fino a tutta l'estate. Il Consiglio dell'Ammiragliato si autoconvocò e pre tese che Astiz non fosse sottoposto a un riconoscimento "all'americana", né messo a confronto e che dovesse presentarsi con la divisa, anche se la causa diceva ch e era in borghese quando aveva sequestrato la giovane svedese Dagmar Ingrid Hage lin. Evidentemente una decina di anni fa era un onore vestire la divisa di front e alle autorità costituzionali. Anche questa causa passò ai tribunali militari che s tabilirono l'innocenza di Astiz. Contro la sentenza ricorse in appello la Corte federale che considerò valide le prove che dimostravano l'intervento di Astiz nel sequestro, ma dichiarò che la causa era andata in prescrizione per scadenza dei te rmini. Un tipico compromesso alfonsini-sta: colpevole ma in libertà. Tre Madri di Plaza de Mayo, con i loro fazzoletti bianchi sulla testa, attesero che i giudici si ritirassero dall'aula per gridare "assassino" e "mostro" quand o passò Astiz. Una di loro era stata testimone del sequestro delle suore e della d ozzina di famigliali che lui aveva consegnato. Dal pubblico un camerata di Astiz ordinò: "Perché non arrestano quella puttana marxista?". Il commissario del tribunale obbedì. Arrivato il termine di prescrizione dalla legge del Punto finale, vi erano 400 ufficiali processati, un numero che superava di quindici volte i desideri del go verno e di tre o quattro le previsioni più pessimistiche. I superstiti dell'Esina avevano identificato 110 responsabili di 400 casi, soltanto una decima parte di quella reale. La procura chiese l'incriminazione di appena 33, e la Corte federa le diede il suo assenso per 19, tra cui mezza dozzina ancora in servizio. Integr avano l'elenco Astiz, Pernias e il sottufficiale Azic che aveva applicato la pic ana elettrica su un bimbo di venti giorni, figlio di un prigioniero. Compagni di Mones Ruiz, Alsina, Pernias, Rolón, Scilingo e Astiz sono arrivati pe

rfino a ipotizzare la formazione di reparti operativi con il proposito di reagir e agli inviti a comparire e liberare Massera e Videla dalla prigione. Pernias er a alla testa di un principio di sommossa soffocato grazie all'opera di persuasio ne di un camerata che passò l'intera notte a convincerlo che la Marina con il suo peso istituzionale avrebbe difeso i propri uomini. 99 In una riunione di gabinetto Alfonsin lesse la serie di misure da lui elaborate : 1) destituzione di ogni capo di unità che nascondesse un insubordinato e non gar antisse la sua presentazione; 2) accerchiamento di qualsiasi unità ribelle con tru ppe della stessa forza facendo eventualmente ricorso alle altre due se non si fo sse potuto fare altrimenti; 3) interruzione dell'erogazione di viveri, acqua, en ergia elettrica e gas; 4) azione di denuncia nazionale e internazionale; 5) mobi litazione pubblica contro i ribelli; 6) uso delle armi per costringerli alla res a. Il capo di Stato Maggiore ritornò con una controproposta: la Marina avrebbe negoz iato con il Governo il numero tollerato di processati. Dovevano essere molti men o e dall'elenco doveva essere risparmiato Astiz, l'uomo simbolo. Il governo la r espinse. Alle 2.30 del mattino di mercoledì 25 febbraio il capo di Stato Maggiore inviò un radiogramma controfirmato da tutti gli ammiragli. Qualificava la situazio ne come molto grave, perché venivano giudicati "alcuni dei loro uomini per qualcos a che ha visto la partecipazione di tutta la Marina". Comunque, i sei ammiragli arrivarono in tribunale in qualità di prigionieri su un furgoncino della Marina, s otto la responsabilità del direttore generale del personale. Come nel periodo dell a guerra sporca, la Marina agiva ancora in senso gerarchico seguendo gli ordini superiori. Il giorno dopo, quando il capo dei Servizi informativi portò gli altri in manette ammonì uno dei giudici: "Voi applicate il Codice penale, ma alcuni di q uesti uomini mi hanno visto fare cose peggiori di quelle per le quali voi li pro cessate". Lo stesso messaggio che poi sarebbe stato ripetuto da Scilingo: siccome un tale fatto è stato compiuto da molti, visto che non vi sono prove contro tutti, nessun o dovrebbe essere punito. Modus operandi Nella sua deposizione davanti alla Corte federale, il capitano di fregata Jorge Eduardo Acosta, ex capo dei Servizi informativi del gruppo tattico dell'Esina, disse che la Scuola si era specializzata nel combattere i montoneros. Il procura tore gli chiese quanti di loro erano stati tenuti prigionieri all'Esma. "Veramente il numero preciso non lo so, ma direi che..." cominciò a rispondere Ac osta. Tergiversò e chiese chiarimenti: "Considerando anche i morti?". 100 *: Dopo una lunga esitazione rispose che tra il 1976 e il 1979 erano passati per l'Esma dai 300 ai 500 prigionieri. Li classificò in due gruppi. Se si valutava ch e non avevano vincoli con la guerriglia erano messi in libertà. A partire dal 1977 fu deciso di non uccidere i militanti, ma di tentare di convertirli in propri a genti di informazione per contribuire a porre fine al confronto. (Gli ammiragli Massera, Lambru-schini e Mendia si erano addirittura offesi quando fu loro chies to dei prigionieri adibiti a servizi informativi.) Non vi era qualcuno tra loro che avendo a che fare con la guerriglia non accett asse di collaborare? chiese il tribunale. "È probabile che ve ne fossero. Allora credo che fossero... so di qualcuno che è st ato messo a disposizione dell'esecutivo o, però'io... non so veramente che cosa gl i succedeva," tentennò Acosta. Ricorda qualche caso individuale di persone che siano state messe a disposizion e dell'esecutivo? insistette il procuratore. "Sì... quella signora... una signora molto giovane... che il marito... Non le pos so dare il cognome, ma forse facendo qualche indagine potrei averlo. Mi sembra c he il padre fosse sottufficiale dell'Esercito e comunicò che la figlia faceva part e di un'organizzazione terrorista, allora sono andati a prenderla. Lei disse 'no

, io non c'entro, a questa roba non ci credo', e fu messa a disposizione dell'es ecutivo." La messa a disposizione dell'esecutivo è una misura d'emergenza prevista dalla co stituzione argentina nei casi di guerra esterna o sommovimento interno e comport a la sospensione dei diritti e delle garanzie individuali. Durante la dittatura militare essere imprigionato in quella situazione equivaleva ad avere salva la v ita, perché in questo caso vi era un riconoscimento ufficiale della detenzione. Da lle stesse parole del capo dei Servizi informativi dell'Esina, si può dedurre che ci fu un caso ogni 500. Il resto "venivano a prenderli altri organi che non cono sco". Il tribunale volle sapere come venisse decisa la sorte di ogni detenuto. E potè s entire il resoconto di un simulacro di processo dove si giudicava sulla vita e s ulla morte: "Si riunisce qualcosa di simile a questo, con tutto il rispetto. C'è il comandant e e il suo Stato Maggiore. Il procuratore è l'ufficiale operativo, e la difesa è a c arico dei Servizi informativi. Si presentavano posizioni contrapposte. Quello op erativo racconta cosa ha detto quando è stato detenuto. Quello dei Servizi informa tivi interpreta che ciò che ha detto lo ha detto perché voleva fingere. Così si va ava nti fino alla sentenza," rispose. La Marina spalleggiò Acosta quando fu accusato di essere 101 autore dei delitti più gravi. Fu invece messo in congedo quando una rivista pubbli cò la sua fotografia insieme a due attrici di varietà, una delle quali portava sulla testa il berretto della divisa navale. Con l'arresto di Acosta, Astiz, Pernias e altri membri della Marina cominciò il conto alla rovescia che sarebbe arrivato a conclusione due mesi dopo. La Marina mostrò un'omogeneità istituzionale che spiega la difficoltà di scrollarsi di dosso la disciplina e i miti, anche per uomini come Scilingo, disillusi dai propri capi. L'Esercito entrò invece in crisi. "Anch'io ho la casacca macchiata dalla guerra sporca," disse un generale nella Scuola superiore di guerra. "Di sugo," bisbigliò un capitano, figlio di uno dei generali sotto processo. Settanta ufficiali dell'Esercito in servizio manifestarono nel quartiere milita re di Buenos Aires, sotto un forte acquazzone estivo, la propria solidarietà a Mon es Ruiz, chiamato a comparire ancora una volta davanti al tribunale. Alcuni eran o in divisa e si erano lamentati dei vertici militari. Una settimana dopo fu arr estato niente di meno che l'aiutante del capo di Stato Maggiore dell'Esercito, u n tenente colonnello in servizio, accusato di omicidio aggravato per l'applicazi one della legge di fuga4 su tre detenuti. La perversione del sistema utilizzato, la pretesa esemplarità della barbarie, permisero di chiarire la vicenda. L'unico superstite raccontò ai magistrati come si svolse l'azione. Il militare ri tirò i quattro prigionieri dal carcere della provincia di Córdoba. Il personale femm inile pretese la firma di una ricevuta prima della loro consegna. Dopo aver fatt o un pezzo di strada, il tenente colonnello li fece scendere dal furgoncino su c ui venivano trasferiti. Il prigioniero gli sentì dire: "Preparate le armi". Poi ch iese se erano tutti pronti. Quando ebbe risposta positiva, ordinò di fare fuoco. I l prigioniero sentì gli spari e i suoni gutturali di chi essendo imbavagliato non poteva gridare. "Questo è un lavoro di merda," disse uno degli esecutori. "Non vi lamentate, la guerra è così," rispose il capo. Un ufficiale tolse la benda e il bavaglio al prigioniero, poi lo condusse fino al corpo caduto di un compagno, che aveva un foro di proiettile sul sopracciglio destro. A pochi passi vi erano i corpi degli altri due detenuti. "Sai perché li abbiamo uccisi?" chiese l'ufficiale. "Perché voi avete ucciso un cap orale." " II detenuto viene portato fuori dal luogo di prigionia per poi essere ucciso simulandone la naga. [N.d.T.] 102

"Io non sono d'accordo, vorrei che non venisse ucciso nessuno." "Ormài è tardi. Adesso, quando torni in prigione, racconterai agli altri tutto ciò ch e hai visto. Devono sapere che se continuano a uccidere militari succederà a tutti lo stesso. E tu sei il primo dell'elenco. Oggi ti sei salvato per un pelo." Uno dei trucidati era fratello del prigioniero. Il malessere dei giovani ufficiali che non accettavano di essere processati si ritorse contro il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, incapace perfino di pren dere la difesa di un aiutante. "Gli attuali vertici militari hanno fatto parte d elle Forze Armate durante la guerra contro la sovversione e hanno occupato posti di rilievo. La legalità che allora non hanno richiesto alle rispettive giunte mil itari pretendono ora di imporla ai loro subalterni che si sono espressamente lim itati a eseguire ordini," recitava una dichiarazione che Alsina e Mo-nes Ruiz po rtarono alle agenzie di stampa. Nella pericolosa missione furono accompagnati da un terzo uomo che non era il sottufficiale Pérez bensì il tenente colonnello Ernest o Guillermo Barreiro, sopranominato Nabo [testa di rapa], che aveva un. evidente interesse nella vicenda: era sotto processo per la sua attività come capo dei tor turatori de La Perla, il campo di concentramento di Córdoba. Un'altra missione pericolosa fu affidata a un ufficiale che in uniforme di serv izio e casco si era recato alla Plaza de Mayo all'ora della ronda settimanale de lle Madri accompagnato da un gruppo di giovanotti. Portavano cartelloni che dice vano: "Libertà per gli eroi della guerra contro la sovversione. Basta con i proces si di sinistra. Libertà per chi ci ha liberato". La Presidentessa delle Madri li i nseguì con un megafono gridando loro ruffiani e venduti. Il Circolo militare difes e i "giovani che avevano partecipato pieni di fervore patriottico" alla carnefic ina di oppositori. Nei tre rami delle Forze Armate si discuteva appassionatamente circa la respons abilità dei superiori che avevano dato gli ordini e dei subalterni che li avevano eseguiti. Una settimana prima dell'inizio delle udienze del processo contro Pernias, Asti z e altri detenuti dell'Esina, scoppiò la crisi nell'Esercito. Mercoledì 15 aprile 1 987 il maggiore Barreiro non si presentò all'appuntamento con i giudici e si rifug iò in un Reggimento di fanteria, il cui capo si oppose al suo arresto. Le altre gu arnigioni non obbedirono all'ordine di arresto. Un capitano dei paracadutisti sp iegò alla stampa la posizione dei ribelli: "Siamo processati da gente che nemmeno ci capisce. Anche noi militari abbiamo il nostro modus operandi". 103 La più grande guarnigione militare di Buenos Aires fu occupata dal tenente colonn ello Aldo Rico. Era iniziata la ribellione dei militari dal "volto dipinto" dell a Pasqua 1987. Davanti al Parlamento e a pochi metri da una manifestazione di mi gliaia di persone, Alfonsin proclamò: "La democrazia degli argentini non si negozi a". Rico preannunciò che non ci sarebbero stati ufficiali in tutto l'Esercito dispost i a reprimerlo. "Lo farò uscire a cannonate," minacciò il generale incaricato della repressione. "Se lei lo fa, allora io sparerò con il mortaio contro i manifestanti e toccherà a lei spiegare che non è stata una sua cannonata che non ha centrato il bersaglio," rispose Rico. Il generale, che tra l'altro aveva anche partecipato alla guerra s porca, non insistette e le sue truppe non arrivarono mai a destinazione. Quello stesso pomeriggio circa 2000 persone furono sul punto di entrare disarma te nella guarnigione ammutinata, facendo pressione sui reparti. Appena Alfonsin si rese conto che la situazione gli stava sfuggendo di mano si recò in volo alla g uarnigione. Ritornando alla Plaza de Mayo dopo il colloquio con il capo degli in sorti, fu acclamato dalla folla quando annunciò "gli ammutinati hanno deposto le a rmi". Vi furono sconcerto e fischi quando aggiunse che alcuni di loro erano eroi della guerra delle Malvine, che avevano «assunto una posizione sbagliata ma senza l'intenzione di provocare un colpo di stato, l'esatto contrario di quanto aveva detto in Parlamento. Come finale di una stupefacente manovra di magia politica, concluse chiedendo ai cittadini che erano entrati nella guarnigione militare di ritirarsi.

La conclusione fu la legge di Obbedienza dovuta, che più che una legge fu una sen tenza, come sostenne l'unico magistrato della Corte Suprema che ebbe il coraggio di dichiararne l'incostituzionalità. Il testo diceva che tutti i militari di un d eterminato livello sarebbero stati considerati esenti da ogni colpa, per aver ob bedito a direttive superiori. Con una tale legge Alfonsin poteva anche realizzar e la sua idea di giustificare pure gli atti aberranti e atroci commessi su prigi onieri inermi. Il Parlamento approvò la legge sotto la pressione delle baionette e nell'ultima settimana del giugno 1987 la stragrande maggioranza dei militari pr ocessati, tra cui Astiz e Pernias, tornò in libertà. I decreti di indulto di Menem del 1990 e 1991, tagliarono il nodo che Alfonsin aveva iniziato a sciogliere. Ma nemmeno così riuscirono a voltare la pagina più trag ica della storia argentina moderna. Le organizzazioni per i diritti umani 104 chiesero che tutti i graziati fossero congedati. Erano stati risparmiati dalla, giustizia, ma che almeno non fossero premiati. Ogni fine anno si tornava a comba ttere la battaglia sui nominativi per le promozioni all'interno di ogni forza. Mentre andavano avanti i processi, Astiz rimase con lo stesso grado. Gli uffici ali più giovani che lo avevano superato, in segno di solidarietà lo trattavano come un superiore, compiangendolo per ciò che consideravano la distruzione della sua ca rriera e della sua vita. "Sono stato socialmente ripudiato in molti circoli. Non posso nemmeno fare visita ai miei genitori," si lamentò Astiz di fronte ai tribun ali militari. Negli anni successivi le riviste rosa l'hanno più volte fotografato mentre ballava nelle discoteche di Buenos Aires con delle ragazze di venticinque anni più giovani di lui. In qualche occasione è giunto perfino a malmenare giornali sti e fotografi, a strappare loro rullini e a rompere le macchine fotografiche. In un drammatico dispaccio trasmesso agli abbonati di tutto il mondo alla vigil ia del Natale 1987, l'agenzia di notizie France Presse scrisse: "Astiz rappresen ta una vera bomba a orologeria collocata sul tavolo di lavoro del capo di stato. Tutta la Marina argentina, dal mozzo di bordo fino al comandante, tutti si sono mobilitati a favore di Alfredo Astiz, minacciando una nuova ribellione, per ott enere che il presidente Raúl Alfonsín accolga positivamente la sua richiesta di prom ozione". Alfonsín accettò, ma nello stesso tempo chiese al ministero della Difesa ch e venisse dato inizio alle procedure per il suo congedo obbligatorio. Secondo le istruzioni di Alfonsín non si poteva negare la promozione a un ufficia le assolto dalla magistratura. Ma dato che Astiz, "per motivi che dipendevano o meno dalla propria volontà", aveva assunto un significato speciale per la società ch e condanna i metodi dello stato terrorista, la permanenza in servizio avrebbe po tuto gravare sulla coesione sociale e ripercuotersi negativamente sulle istituzi oni militari. Quindi "non deve rimanere in servizio". Con questo modo di ragionare cavilioso si cercava di aggirare il fatto fondamen tale che l'assoluzione di Astiz non era basata sulla sua innocenza, ma su una le gge successiva alla sua causa, legge promulgata ad hoc per farlo uscire di galer a. Pretendere che la volontà di Astiz fosse indifferente, per quanto tristemente c elebre, era cosa tanto parziale contro di lui quanto ingiusta e sleale verso le vittime che non riuscivano a veder concluso il processo nel quale vi era prova i mperfetta della sua responsabilità in un così atroce delitto contro due suore e diec i famigliari di desaparecidos. 105 Non veniva messo da parte in quanto colpevole, ma perché persona nota. Quelli men o famosi, gli altri 300 sequestratori, torturatori, assassini che beneficiarono della legge di Obbedienza dovuta, oltre a non essere più soggetti ad alcuna persec uzione penale, potevano continuare a fare carriera. La Marina contravvenne all'ordine di congedare Astiz. Nell'elenco di promozioni firmato senza remore da Alfonsin vi era anche il nome di Pernias. Ma non solo q uello. Un giornalista, che sarebbe poi diventato capo dei Servizi informativi di Menem, segnalò la contraddizione tra l'ordine di congedare Astiz e la simultanea promozione del viceammiraglio Adolfo Maria Arduino, che all'epoca era il superio re di Astiz all'Esma, anche lui accusato di aver violato i diritti umani.

Fu Arduino il capo che un giorno del 1977 ordinò a Sci-lingo di prepararsi per il primo volo. 106 3. L'alienazione Whisky e pasticche Due bicchieri di whisky pieni fino all'orlo furono la sua razione quando tornò da l primo volo. Li mandò giù tutti d'un fiato e dormì fino al giorno dopo. Scoprì che, per trovare conforto, quella era una medicina più efficace delle parole del cappellan o militare. Eppure non lo stordivano a sufficienza. Col tempo lasciò il whisky per gli psicofarmaci. Con whisky o sonniferi la cosa più difficile era superare la no tte. Dormire significava rivivere il volo: lui che scaraventava dallo sportello i corpi nudi, metteva un piede in fallo e cadeva. Quel giorno del 1977 un membro dell'equipaggio era riuscito a trattenerlo, ma in sogno il vuoto lo divorava. P rima di entrare a contatto con le acque del mare si svegliava. Tuttavia ci vollero molti anni prima che Scilingo rimettesse in discussione que ll'ordine. Le prime critiche che fece erano rivolte ad alcune tematiche che gli sembravano più gravi dei yoli. Tutto ciò che veniva raccolto durante le perquisizioni veniva messo in un deposit o della Scuola. In quel luogo la con-tabu» tà era molto severa. Norma era che si pot evano ritirare solo oggetti utili alle operazioni del gruppo tattico o per aiuta re la vedova di qualche camerata morto. Un giorno Scilingo si recò al deposito per avere una perforatrice che gli serviva per l'officina e scoprì che non ce n'erano più. "Ma se ce n'erano due o tre..." reclamò senza successo. Cominciò così a scoprire come si fossero allentati i controlli. Pose la questione a i suoi capi che gli risposero che la cosa non lo riguardava. Criticò anche uno spr eco eccessivo di autovetture. Non vi era nessuna attenzione per le macchine e ve nivano richiesti optional di lusso inusitati per vetture 107 operative. Ricevette addirittura proteste quando l'officina consegnò una macchina a cui mancava una modanatura e un'altra con un problema di tappezzeria. Le vettu re dei Servizi informativi avevano la precedenza anche se non sempre venivano us ate per servizio. I reclami venivano trasmessi dal capo del parco macchine, il t enente di vascello Vaca, che fu suo compagno nel primo volo, e verso il quale Sc ilingo sviluppò un rapporto di antipatia reciproca. Secondo la sua testimonianza, i prigionieri prima di essere gettati nel vuoto v enivano spogliati. Eppure i primi cadaveri apparsi nell'Uruguay erano vestiti. " Quella fu una grande mascalzonata, la più grande barbarie. Chi ha fatto quel volo è come impazzito. Non resse allo shock e dopo ha chiesto di andare in congedo," di sse. Ma che significa barbarie in un tale contesto? Le parole perdono il loro se nso e Scilingo non vuole spiegarlo. "Prima di parlare di questi fatti devo verificare qualcosa." Verificare che? "Un nome." Quando entrò nella sala di torture e vide la donna avvocato del tenente Vaca... "Non le dirò nulla finché non avrò verificato quel nome." L'hanno buttata vestita? Oltre che vestiti li gettavano svegli? "Ne riparleremo quando saprò quel nome." Scilingo finì per essere un personaggio scomodo. Nel 1978 dalla Scuola di meccani ca della Marina lo trasferirono alla fregata Libertad come capo di propulsione e d elettricità. Fu poi capomacchinista del cacciatorpediniere Storni, secondo coman dante della nave di avvistamento Sobral e capo di una lancia torpediniera nella Terra del Fuoco e cioè ai confini del mondo. Arrivò senza ostacoli al grado di capit ano di corvetta. Adempiva al proprio dovere come tutti gli altri, senza farsi no tare, e non venne mai punito. Nell'intimo della propria coscienza però, dopo il pr imo volo, niente sarebbe stato più lo stesso. Nella base navale di Puerto Belgrano ritrovò l'ex capo dei Servizi informativi de ll'Esina. Il capitano di fregata Jorge Acosta si faceva vedere in giro per il qu

artiere degli ufficiali a bordo di una Mercedes Benz e alcuni arredatori stavano restaurando la sua casa. Dov'era finito l'orologio d'oro dell'ammiraglio Mayorg a? Dalla Terra del Fuoco Scilingo passò a un impiego burocratico come aiutante del c apo degli uffici militari della presidenza. Arrivò alla Casa Rosada due giorni pri ma che Videla andasse in pensione e restò lì durante i governi Viola, Galtie-ri, Big none e i primi cinque mesi di Alfonsin. Furono gli anni 108 della fine dell'euforia economica, della fine del consumismo sfrenato, della gue rra delle Malvine e del collasso della dittatura, l'epoca delle prime rivelazion i sui cadaveri non identificati alla stampa che si mostrava sorpresa come se fos se appena giunta in un paese straniero, del Documento finale, del-f autoamnistia e della sua deroga, delle indagini della Commissione nazionale per la scomparsa delle persone, dei processi contro gli ex comandanti e del primo processo contr o Astiz. Desaparecidos e responsabili di quelle sparizioni occuparono il centro della scena politica del paese. I fantasmi di Scilingo prendevano corpo. Ma egli aveva anche altre preoccupazioni che comunicò al suo capo. La sua esperie nza come elcttricista era maturata in unità di tecnologia ormai superate e anche l a sua stessa formazione operativa era invecchiata per poter essere utilizzata in unità moderne. Questo avrebbe compromesso il suo futuro, perché si sarebbe trovato in condizioni tecniche e operative di inferiorità. Voleva essere occupato in mansi oni che gli permettessero di conoscere i nuovi strumenti o altrimenti essere spe dito nelle unità dell'Antartide. Dopo cinque mesi accolse fiducioso il trasferimen to alla portaerei. Nato a Bahía Blanca, la città sede della maggiore base navale, la Marina fu sempre l'orizzonte ovvio per chi, come lui, era uno dei tre figli del la famiglia di un piccolo costruttore e di una maestra. L'impiego prolungato in ufficio non avrebbe danneggiato la sua carriera in Marina, che gli sembrava anco ra l'unica e la migliore possibile. Scilingo doveva presentarsi per l'esame di ammissione alla Scuola navale milita re per seguire un corso di Stato Maggiore e non si sentiva molto preparato. Tre settimane prima dell'esame fece sapere al capo dell'Arsenale navale che gli orar i e le funzioni nella Presidenza non gli avevano permesso di prepararsi adeguata mente e chiese un anno di proroga per "avere le stesse possibilità degli altri ric hiedenti". Il capo dell'Arsenale rifiutò la richiesta. Non vi era molto tempo per considerar e il caso prima dell'esame e non vi erano precedenti. Inoltre, seguire il corso alla Scuola navale non era più una condizione per accedere a posti di comando o es sere promosso. Lo ammonì perché intensificasse la propria preparazione nelle due set timane che restavano prima dell'esame. Spedì anche una copia della richiesta e del la risposta alla Scuola navale. Scilingo fece l'esame. Successivamente si riunì con lo Stato Maggiore della Scuol a. Gli chiesero perché aveva chiesto la proroga se era ben preparato, e lui venne così a sapere di essere stato promosso con un buon voto. Decise di essere sincero con i suoi superiori. Disse: 109 "La storia vera è questa: quando sono stressato mi blocco per il casino che ho av uto in uno dei voli quando ero all'Esma durante la guerra contro la sovversione" . Raccontò il suo incubo. Dopo un silenzio interminabile, un ufficiale superiore gl i consigliò: "Lei dovrebbe farsi visitare". "Non so se dovrei farmi visitare," rispose sorpreso. "Il nostro consiglio è che si faccia visitare," incalzò il suo interlocutore. Ritornando a Puerto Belgrano, il suo capo l'accolse in malo modo: "Sembra che abbia parlato troppo alla Scuola navale". "Perché lo dice?" domandò. "Ha fatto riferimento a fatti che le creeranno qualche fastidio," rispose mentr e compilava l'ordine di avviare un esame psicologico.

All'Ospedale navale gli fu fatta una serie di test. Risultato: non era malato né soffriva di turbe psichiche tali da non renderlo idoneo. Tuttavia in uno scritto confidenziale di sole ottanta parole gli veniva comunicato che era stato giudic ato, con sovrabbondanza di maiuscole navali, "non idoneo per funzioni direttivedefinitive" e "ammesso per restare in servizio". Questo significava che la sua c arriera si sarebbe conclusa senza nuove promozioni, in quanto era rimasto "defin itivamente escluso dal fronte dei capitani di corvetta suscettibili di essere va lutati dalla Giunta delle promozioni". Si erano appena concluse le udienze pubbl iche nel processo agli ex comandanti e i giudici stavano valutando le prove e pr eparando la sentenza. Nella Marina non vengono mai chiesti i motivi di una decisione superiore. Si può solo chiedere che venga riconsiderata. Scilingo spiegò che nei suoi diversi incari chi si era sempre meritato note di qualifica alte. Scrisse che le sue qualità etic o-professionali, la sua personalità, la sua capacità di comando, la sua disponibilità complessiva e la sua attitudine psicofisica non erano mai state messe in discuss ione. Era sempre stato proposto per il comando, la sua scheda era intatta e non aveva nemmeno mai ricevuto ammonizioni verbali. Tentò pure di alleggerire il peso del colloquio avuto con lo Stato Maggiore della Scuola navale: lo stato dei suoi nervi era conseguenza della mancanza di riposo, dell'eccesso di lavoro come aiu tante del capo della Casa Militare, della perdita del suo congedo annuale e dell a situazione del paese e della Marina dopo l'entrata in carica delle autorità elet te che avevano processato gli ex comandanti in capo. Diceva che in quel colloquio aveva fatto riferimento a un 110 problema "atipico" e di "ordine strettamente personale". Ormai era superato e no n avrebbe avuto nessuna incidenza sulla sua attività professionale. Il suo fascico lo comprendeva anche gli esami da cui risultava senza carichi pendenti con la ps ichiatria e l'opinione favorevole dei superiori "rispetto alla mia attitudine pe r il comando/funzione direttiva". Ma nemmeno in queste pagine burocratiche, scritte per implorare la grazia perché non gli venisse troncata la carriera, potè fare a meno di precisare proprio ciò che spaventava i suoi capi. "L'origine di questa situazione si trova nei fatti che m i sono accaduti nel 1977, durante un volo a bordo di un aereo Skyvan della Prefe ttura navale, nell'adempimento delle mansioni legate alla guerra contro la sovve rsione: mentre l'aereo aveva lo sportello aperto, sono scivolato e sono stato su l punto di cadere nel vuoto, cosa evitata solo grazie al rapido intervento di un o dei membri dell'equipaggio." Il messaggio implicito era che aveva passato un brutto momento, ma ormai aveva recuperato e non si sarebbe mai più fatto scappare nulla né davanti ai suoi né davanti a estranei. Tre settimane dopo gli arrivava la risposta, ancora più breve d.ella prima: la decisione era stata parzialmente riconsiderata. Adesso era "temporanea mente non idoneo per funzioni direttive". Non sarebbe stato cioè promosso quell'an no, ma il suo caso avrebbe potuto essere preso'in considerazione in quello succe ssivo. Non restavano dubbi su quale fosse il problema che agli occhi dei suoi su periori lo aveva reso non degno di fiducia. Pochi giorni dopo la Corte federale condannò Videla e Massera all'ergastolo, inte rdizione assoluta perpetua e destituzione, per essere autori responsabili di omi cidi plurimi aggravati dall'incapacità di difendersi delle vittime; privazioni ill egali della libertà con minacce e violenza; torture; torture seguite da morte e fu rti. La sentenza descrisse il "progetto criminale" adottato dagli ex comandanti che consisteva nel "catturare i sospettati, tenerli clandestinamente in prigione in condizioni di vita inumane, sottoposti a torture per ricavare informazioni, per poi finalmente metterli a disposizione dei magistrati o dell'esecutivo nazionale o eliminarli físicamente". La difesa dei militari sotto processo ammise, con gli stessi termini del Docume nto finale, la possibilità che ci fossero stati eccessi, giustificati dall'esisten za di una guerra non convenzionale. La Corte federale rispose che "la gravita de lla guerriglia e le difficoltà di combatterla non costituiscono ragioni sufficient

i per compiere atti che hanno significato un disprezzo assoluto della dignità uman a". Secondo i giudici ili "uccidere un nemico sul campo di battaglia e nel fragore della lotta non può esser e paragonato alla pratica di torture crudeli su persone indifese dentro la tranq uilla sicurezza di quattro mura". Il tribunale sostenne che nemmeno la cieca obb edienza poteva giustificare chi aveva eseguito gli ordini di compiere atti atroc i, quale che fosse il suo grado gerarchico. "Il rispetto della persona del nemic o catturato costituisce una regola essenziale che non può essere assente dalla cos cienza di nessun militare e che è stata inoltre sancita da norme internazionali e di diritto nazionale." I tribunali punivano i sequestri, le torture e le eliminazioni clandestine. La Marina ammoniva chi ne faceva menzione, perfino tra camerati. Massera avrebbe do vuto rimanere per il resto della vita in galera e Scilingo avrebbe potuto contin uare la propria carriera perché, ancora una volta, prima di cadere aveva recuperat o l'equilibrio. Scilingo però sorprese nuovamente i propri superiori: chiese lui stesso di andare in congedo. Non sopportava più il silenzio. Una questione di scarsa importanza II capitano di vascello Jorge Osvaldo Ferrer, suo capo nella portaerei, lo asco ltò immobile senza dire nulla. Ferrer fu il primo a sapere che Scilingo, benché la s ua richiesta di revisione fosse stata accolta, era intenzionato a chiedere il co ngedo. Gli disse solo che avrebbe cercato di abbreviare la pratica. Quando Videla chiese un riconoscimento per il proprio operato nella guerra spor ca, Scilingo scrisse la sua prima lettera. Ferrer era ormai diventato ammiraglio e capo di Stato Maggiore della Marina. Non fece nemmeno cenno di aver ricevuto le due lettere speditegli. Sia Ferrer sia il vicecapo erano all'estero. L'allora direttore del personale, ammiraglio Fausto López, era il terzo in carica. A un amico intimo di Scilingo, ch e doveva assumere un comando a Puerto Belgrano, fecero posticipare i festeggiame nti perché potesse recarsi a Buenos Aires quello stesso giorno a cercare di capire che cosa volesse Scilingo con le sue lettere. Per l'amico non fu un compito fac ile: "Ho l'ordine di chiederti se vuoi dei soldi," confessò con vergogna. "Non ti immischiare in questa faccenda," rispose Scilingo. Fu allora chiamato dallo stesso Fausto López, che lo avvertì che non era convenient e toccare certe questioni. 112 "Quai è il suo obiettivo?" chiese. "Voglio soltanto avere una risposta." "Ciò che fa è pericoloso. Pensi alla sua famiglia, potrebbe perdere i servizi della mutua della Marina." "Per me era inaccettabile che la Marina pensasse che avevo commesso qualche err ore o che avevo qualche problema personale con i voli, era inammissibile non pot er riconoscere di fronte ai miei superiori che in un certo momento quelle questi oni mi avevano turbato. Se non avessi raccontato la verità ai miei superiori, non ai miei nemici, è probabile che sarei rimasto in servizio e sarei stato esaminato dalla Commissione nomine," racconta cercando un cavillo. Appena gli fu possibile rinunciò alla mutua della Marina e stipulò un'assicurazione medica privata. Quando si rese conto di non poter più aspettare risposte dai suoi ex capi e camer ati, cominciò a cercarle fuori della Marina. Le cose non andarono molto meglio. Si presentò davanti alla Procura della Corte federale, così come aveva annunciato a Fe rrer e a Menem. "Non^so cosa cercassi. Qualcuno che mi desse ascolto. Non sto di cendo di volermi confessare davanti all'opinione pubblica o giustificarmi in qua lche modo. Voglio togliermi da dentro qualcosa che ho fatto e che i miei superio ri mi hanno fatto credere che fosse qualcosa di sbagliato," Fu ricevuto da Luis Moreno Ocampo, già Procuratore contro Videla, Massera, Pernías e Astiz e che poi aveva emesso la sentenza in favore della costituzionalità degli

indulti. "Sono andato a parlare con lui per capire perché tutto questo non veniva alla luce in modo definitivo. Moreno Ocampo era seduto in una poltrona di cuoio, con i piedi sopra un tavolino. È stato molto gentile ma niente di più. Succede qual cosa che forse per molti è difficile da capire, ma in realtà questa vicenda, non so se è tabù, ma di certo la si vuole dimenticare." Raccontò la sua storia e mostrò la docu mentazione. Dice che Moreno Ocampo lo stette a sentire suggerendogli di incontra re un editore. 'Mi sembrò che la cosa non lo interessasse." L'ex Procuratore ricorda l'incontro in un altro modo. "È venuto con sua moglie. P rima disse che aveva portato soltanto dei prigionieri perché indicassero i loro co mpagni per strada. Poi raccontò che aveva anche preso parte a un sequestro. Quando gli toccò di partecipare a un volo, scoprì che l'uomo che lui aveva sequestrato era a bordo dell'aereo. Nonostante l'iniezione, il prigioniero si svegliò e in stato di semincoscienza oppose resistenza, tanto che quasi lo trascinò nel vuoto. Dopo l 'Obbedienza dovuta e l'indulto non vi erano Più possibilità di aprire un'indagine gi udiziaria. Mi chiese di 113 essere messo in contatto con la rivista "Somos", ma ho preferito non immischiarm i. Le sue motivazioni erano contraddittorie: il ricordo gli impediva di dormire, la Marina lo stava processando per qualcosa che aveva fatto e inoltre voleva de l denaro per raccontare la sua storia." Scilingo si rivolse alla rivista "Somos". Conosceva il direttore, al quale avev a fornito una serie di documenti raccolti alla Presidenza, utilizzati poi in una serie di articoli sulla guerra delle Malvine. Dice che gli rispose che il volo "era un argomento che non tratta vano".. Ma non perché la questione fosse loro ind ifferente: la Marina era venuta a conoscenza di quella visita alla rivista. "Sem bra che a loro non interessi," dissero prendendo in giro Scilingo. L'ex direttor e.della rivista lo nega. Disse che Scilingo offrì di raccontare la sua storia per diecimila dollari, di cui aveva bisogno per impiantare un sistema di televisione via cavo, e quando gli chiesero tempo per decidere, sparì annunciando che si sare bbe rivolto alla rivista "Noticias". Dal suo racconto risulta essere stato "rice vuto da una signorina che mi fece parlare con un'altra, che disse di essere la v icedirettrice o qualcosa del genere, e che mi consigliò di spedire una lettera al direttore". In ogni modo, la preoccupazione di Scilingo quando vennero registrat e le sue confessioni per questo libro era che si sapesse che non parlava per int eresse, "non sono un venduto". Chiedeva solo di avere un aiuto legale nel caso d i un contenzioso con la Marina. Aveva provato con la sua istituzione, con il Governo nazionale, con la magistra tura, con la stampa. Gli mancava solo il Parlamento. Quando Pernias e Rolón furono chiamati a deporre al Senato, Scilingo fece una copia di tutte le lettere prece denti e le spedì a ognuno dei membri della Commissione nomine. Nemmeno in questa o ccasione ebbe risposta. "Per me la vicenda dei desaparecidos era molto importante. Può darsi che per la M arina, la maggioranza dei giornalisti e dei cittadini sia una questione di scars a importanza," riflette. Insieme a due soci ("sono ebrei," precisa), si dedica all'esportazione di sidro e di costumi tangas di camoscio in Brasile. Potrebbe perdersi nella città senza d are nell'occhio, uno tra i tanti trafficoni, sempre dietro a qualche combinazion e vincente, perché il segno di Caino non si percepisce a vista ma brucia sotto la pelle. Scilingo tenta di sorridere: "Forse sbaglio, ma anche lei sbaglia perdendo tempo con me". 114 4. La catarsi Una pianura appiattita dalla morte Nel 1981 lo scrittore argentino Julio Cortázar pubblicò nella "Revista de Occidente " di Madrid un racconto: Un gruppo di argentini decide di fondare una città in una pianura propizia, senza che la grande maggioranza sappia che la terra sulla quale cominciano ad alzare l

e loro case è un cimitero del quale non rimane alcuna traccia visibile. Solo i cap i lo sanno e tacciono, perché il posto facilita i loro progetti, in quanto è una pia nura appiattita dalla morte e dal silenzio. Sorgono così gli edifici e le vie e la vita si organizza e prospera, molto rapidamente la città acquista proporzioni e a ltezze considerevoli e le luci, che si vedono da molto lontano, sono il simbolo dell'orgoglio di chi ha innalzato la nuova metropoli. All'improvviso cominciano i sintomi di un'allarmante inquietudine, i sospetti e i timori di coloro che sen tono strane forze che li incalzano e in un modo o nell'altro li denunciano e cer cano di espellerli. Finalmente i più sensibili si rendono conto di abitare sopra l a morte e che i morti a loro modo sanno come tornare, come entrare nelle case, n ei loro sogni, nella felicità degli abitanti. Ciò che sembrava la realizzazione dell 'ideale dei nostri giorni, cioè il trionfo della tecnologia, della vita moderna av volta nell'ovatta dei televisori, frigoriferi, cinema e abbondanza di denaro e a utosoddisfazione patriottica, si sveglia lentamente nel peggiore degli incubi, n ella fredda e viscida presenza di repulsioni invisibili, di una maledizione che non si esprime con parole ma tinge di un indicibile orrore tutto ciò che quegli uo mini hanno eretto su una necropoli. Cortázar diceva che non si era deciso a scrivere il racconto perché era già scritto ne l libro della storia. Ma in un fantasioso finale cortazariano, la storia tornò a s criverlo quindici dopo. 115 Non sbagliava Scilingo, né parlare con lui era, come credeva, una perdita di temp o. La diffusione delle sue parole ebbe l'effetto di un fulmine che colpì ogni cell ula della società. L'Argentina riviveva il peggiore degli incubi. Scilingo non dis se nulla che non fosse già noto, ma le parole di uno dei carnefici che ammetteva i n prima persona i propri crimini ebbero un impatto straordinario, come se fosse necessario mettere in mostra la sua anima martoriata perché finalmente smettessero di esistere due storie, perché il racconto delle vittime non fosse più quello dei p aria e dei pazzi e si trasformasse nel senso comune della società. L'edizione in spagnolo del presente volume fu distribuita a Buenos Aires il 2 m arzo 1995. Il principale talk show del paese diffuse una selezione registrata de l mio dialogo con Scilingo, ripetuta il mattino dopo da varie radio locali. I ce ntralini s'intasarono per la quantità senza precedenti di telefonate del pubblico. Quel giorno la Marina rendeva omaggio al suo patrono, un ammiraglio irlandese d elle guerre d'indipendenza del xix secolo. Il capo di Stato Maggiore disertò la tr adizionale cerimonia. I suoi ammiragli rimasero soli, schierati per strada sotto il sole d'estate assieme a due invitati dell'Esercito senza poter dare inizio a lla celebrazione per l'assenza del capo. Due generali altissimi, entrambi oltre i due metri, emergevano con le loro uniformi verdi nell'oceano di casacche bianc he degli sconcertati uomini della Marina. Un centinaio di giornalisti si precipi tò sull'ammiraglio più alto in grado: "Quale sarà la risposta della Marina?" gli chiesero. Provò a difendersi con una frase che voleva essere severa ma risultò ridicola: "Niente zuppa di microfoni". Confessò poi che non sapeva cosa dire: salì in macchina sbattendo la portiera e si allontanò. La zuppa di microfoni è un alimento molto nutriente per le democrazie, sp ecialmente quando sono ancora nell'età della crescita. f L'ammiraglio Molina Pico era partito verso lo stesso aeroporto dal quale Scilin go aveva fatto il suo primo volo, chiamato d'urgenza da Menem in uno scalo del s uo giro di propaganda per aggiornarlo sull'accaduto. In quell'occasione il presi dente sostenne che Scilingo era "un facinoroso", e le sue dichiarazioni non eran o degne di fiducia perché aveva "varie condanne per falsificazione, frode e furto di macchina". Inoltre attribuì la pubblicazione del libro a "interessi legati alla campagna elettorale". Se le squalifiche servissero a qualcosa, sarebbe stato più ragionevole svergognarlo per il delitto singolare di gettare persone indifese in mare che per quello "co116 muñe" di truffa, secondo le testuali parole di Molina Pico in un radiogramma segre

to ai suoi subordinati, nel quale raccomandava loro di tacere per attenuare la r isonanza della vicenda. Da Londra gli rispose il ricercatore dell'Olocausto Zygr nunt Bauman: "Cosa speravate, che dopo aver gettato trenta persone vive in mare si dedicasse al giardinaggio?". Il presidente e il capo di Stato Maggiore tentarono di banalizzare un episodio grave che colpiva nel profondo della struttura sociale al di là di ogni congiuntur a, la cui complessità sfuggiva loro. Infine Scilingo e i desaparecidos, il ruolo d ei militari e dei sacerdoti, la verità e la giustizia hanno occupato il centro del dibattito in Argentina, spostando le tematiche della campagna elettorale. La reazione a catena messa in moto da Scilingo si è estesa all'egemone Chiesa cat tolica. Diversi vescovi hanno chiesto perdono per la codardia o la complicità di a lcuni dei loro membri in risposta all'affermazione che il metodo del volo aveva ricevuto l'approvazione delle autorità ecclesiastiche e che i cappellani davano co nforto agli ufficiali dopo le loro missioni. La Conferenza episcopale ha sostenu to che qualsiasi membro della Chiesa che avesse avallato i fatti "avrebbe agito secondo la propria responsabilità personale, sbagliando o peccando gravemente". La discussione si è estesa fino all'intervento, durante la dittatura militare, dell' ex Nunzio apostolico Pio Laghi, che sarebbe diventato primo ambasciatore vatican o negli Stati Uniti (di cui ora si fa il nome come papabile) quando le mogli di due scomparsi, commosse dalle dichiara/ioni di Scilingo e dall'eco da esse desta ta, hanno rivelato che il rappresentante di Sua Santità era stato a conoscenza deg li elenchi di desaparecidos e che perfino un alto capo della Marina gli aveva ch iesto cosa fare con una quarantina di loro che non voleva uccidere, ma che non a veva nemmeno il coraggio di rimettere in libertà. Una delle donne era la moglie e socia del giornalista Julián Delgado, direttore d i riviste di affari vicino alla politica economica del governo militare, che cad de sotto il tiro incro-Clat° di due diverse fazioni della dittatura, non per motiv i Politici ma per interessi economici. Disse che fino ad allora si era occupata solo di suo marito, ma che dopo la confessione i Scilingo "aveva a cuore tutti i desaparecidos. Adesso Pano dei nostri desaparecidos, perché nella nostra società c'è n Problema. Sembrerebbe che i desaparecidos siano loro, « °n n°*- Sono nostri, siamo n oi stessi". Spiegò che Pio Laghi ^ fetto tutto il necessario per mio marito, lo avrebbe . o uscire in una delle macchine con targa diplomatica, ma an° altri che non avevano avuto la stessa sorte. E chi è a 117 conoscenza del fatto che ci sono quaranta persone vive e fa rilasciare qualcuno che gli interessa, sa anche che ce ne sono molte di più che non potranno uscire. E poiché ormai è tramontato il tempo della Giustizia, questo è il tempo della Verità. La chiamo la mia seconda opportunità, che è anche quella di tanti, e non la voglio perd ere. Prima agivo ma non avevo le idee così chiare. So che possono servire ad altra gente e alla società e perciò non posso tacere". Mentre da Roma il cardinale spiegava a una radio di Buenos Aires che "non sapev amo ciò che avveniva", un vescovo raccontava a un'altra emittente come, grazie all 'interessamento di Laghi, un "perseguitato da tutto l'Esercito" potè uscire dal pa ese. Nessuno ha provato a spiegare l'incongruità di qualcuno che lavorava per i di ritti umani, salvava delle vite, portava poi i perseguitati fino all'aeroporto, e allo stesso tempo era ignaro di quanto accadeva. Lontano e dopo molti anni, Pi o Laghi non si rendeva conto di quanto fosse cambiata la società argentina, e cont inuava a ripetere il vecchio discorso ufficiale ormai non più sostenibile. Varie testimonianze avevano riferito che l'ex Nunzio giocava periódicamente a ten nis con Massera e un vescovo tentò di spiegare questo con la sua passione per il t ennis. Ma il colmo fu quando l'ex ammiraglio, dopo la destituzione e l'indulto, infranse il silenzio che durava ormai da dieci anni per difendere il buon nome d el suo compagno di gioco di fronte a tante "notizie calunniose" e confermare la sua preoccupazione per la sorte dei "cosiddetti desaparecidos". Il lampo chiarificatore arrivò dalla stessa Chiesa quando il vescovo Miguel Esteb an Hesayne (lo stesso che attaccò i militari denunciando le torture come anticrist

iane) disse in un agghiacciante messaggio pasquale che "è deplorevole, ma chi dove va non si è ancora pentito, compresa la stessa Conferenza episcopale" che "ha mang iato insieme ai torturatori. Li abbiamo accolti in seno alla Conferenza episcopa le per avere le loro scuse, o sarebbe meglio dire, per lasciarci ingannare dicen do che erano semplicemente eccessi. Mentre per un altro verso non abbiamo ricevu to le madri dei desaparecidos che per tutto un giorno sono rimaste sotto la piog gia ad aspettare dietro le porte dell'Assemblea plenaria dell'episcopato. E come dicevamo con un altro vescovo: che dirà Cristo in questo momento in cui non accog liamo il clamore delle madri?". La lettera di Hesayne, resa pubblica nei primi m inuti del Venerdì Santo, fece esplodere la polemica. L'episcopato, profondamente d iviso, si richiamò al silenzio e scelse di consacrare le proprie omelie al costo s ociale della politica economica di Menem, una tematica meno controversa. 118 Le pagine dei giornali, i programmi della radio e della televisione, i BBS degl i argentini che vivono ali estero e comunicano tramite Internet, strariparono di discussioni e nfles-inni sulla ricomparsa sociale del tabù della storia argentina ^"temporanea. Il metodo di far scomparire le persone è ,,na tortura indefinita pe r i famigliari, che vedono il proprio dolore sospeso nel tempo. Un centinaio di fagli di desaparecidos formò una nuova organizzazione per i diritti umani, la nrim a non integrata dalla generazione precedente ma dai discendenti delle vittime de lla guerra sporca. Madri che si erano fatte una ragione del proprio dolore nel r improvero alla militanza politica dei figli, si sono decise a indagare per la nr ima volta sulla loro sorte. Fratelli separati dopo la scom-narsa o la morte dei genitori, a causa dell adozione di uno di loro da parte di altre famiglie, si so no ritrovati in interminabili notti di veglia dove ognuno ha raccontato come ave va attraversato quegli anni di negazione e di segreto. Ma il desiderio di sincerità a cui si consegnò la società aveva anche bisogno di una sanzione giuridica. Invocando princìpi culturali che si rifanno all'età della pietra , all'Antigone di Sofpcle, al diritto nazionale e internazionale, vari famigliar i di desaparecidos si sono rivolti alla magistratura per chiedere che dichiarass e il diritto alla verità e al lutto e l'obbligatorietà del rispetto del corpo. Emili o Mignone, firmatario di una di queste petizioni, sostenne che quello era un pat rimonio culturale dell'umanità da quando Un uomo di Neanderthal fu seppellito in u na caverna su un letto di rami di pino e ricoperto da un manto di fiori. Aggiuns e che archeologi e antropologi riconoscevano nel culto dei morti un segno di uma nizzazione anche più elevato dello stesso impiego di utensili e dell'uso del fuoco . "La morte," disse, "viene introdotta nel campo simbolico attraverso il rito, e precisamente sono questi i simboli che ci distinguono dal resto del regno anima le. Coloro che ci negano il diritto di seppellire i nostri morti non fanno altro che negare la nostra condizione umana." Sulla base dei registri ufficiali, le F orze Armate dovrebbero informare ogni famiglia. Quell'informazione servirebbe an che quale "riconoscimento ufficiale dell'attività del terrorismo di stato". È così iniziata una nuova prova di forza politica. La Corte federale della capitale , che dieci anni prima aveva condannato Videla, Massera & Co., ha riconosciuto i diritti invocati, ha dichiarato che lo stato aveva l'obbligo di ricostruire il passato e scoprire la realtà dell'accaduto durante la guerra sporca e ha sollecita to il ministro della Difesa, lo Stato Maggiore dell'Esercito e la Marina perché fo rniscano tutte le informazioni 119 in loro possesso sulla sorte delle persone detenute-scomparse. Con la scusa del tempo trascorso, tutti hanno risposto che al loro insediamento non avevano trova to i registri. La corte ha ordinato allora la ricostruzione degli elenchi. Gli S tati Maggiori hanno reso noto di non avere i mezzi per farlo. L'Esercito ha isti tuito però un ufficio per accogliere le testimonianze dei propri dipendenti che de siderino farlo in modo volontario e riservato, in quanto la Costituzione argenti na prescrive che nessuno è obbligato a testimoniare contro se stesso. La Marina, i nvece, ha messo in discussione il potere della magistratura di impartire quell'o rdine, sostenendo la divisione dei poteri, e ha detto che grazie all'Obbedienza

dovuta e agli indulti "non vi è spazio per l'azione pubblica. Vige l'oblio, il sil enzio e il perdono sui fatti del passato". Nemmeno le Forze Armate sono rimaste fuori dal tumulto di passioni risvegliato da Scilingo. Dopo due decenni, non soltanto nelle famiglie delle vittime prende vita una nuova generazione di ragazzi e ragazze che ora hanno circa vent'anni. I figli delle famiglie dei militari hanno chiesto ai propri genitori che cosa ave ssero fatto durante la guerra sporca. Alcuni si sono decisi a raccontarlo anche fuori casa. Era così forte l'emozione pubblica che perfino alcuni mass media di ve cchia tradizione conservatrice, che avevano appoggiato l'azione dei militari dur ante la dittatura, hanno raccolto le testimonianze dell'orrore facendosi concorr enza per gli scoop giornalistici. Il sergente Víctor Ibáñez, con una diagnosi di depressione emessa dall'Ospedale milit are, allontanato dalle file dopo un incidente con un ufficiale e senza lavoro, h a raccontato all'ormai centenario "La Prensa", giornale di Buenos Aires, che anc he dalla principale guarnigione di Buenos Aires erano partiti aerei ed elicotter i con il loro carico di prigionieri politici che venivano buttati in mare, in vo li a bassa quota. Anche i sottufficiali Federico Talavera, della gendarmeria, e Pedro Caraballo dell'Esercito hanno raccontato alla stampa particolari delle atr ocità da loro viste e compiute. Ibáñez è stato l'unico in grado d'identificare con assol uta certezza mezza dozzina di vittime e ha chiesto perdono in pubblico alle loro famiglie. In strazianti colloqui che il paese ha seguito con il fiato sospeso a ttraverso i mass media, il padre di un ragazzo scomparso gli ha detto che non lo avrebbe mai perdonato, un altro lo ha ringraziato per aver messo fine a 19 anni di veglia senza sepoltura, una madre gli ha chiesto informazioni sul figlio ma ha rifiutato di parlare con un assassino. In un'altra intervista, il generale Al bano Harguindeguy, ex ministro degli Interni della dittatura, ha ammesso per la 120 prima volta che il metodo dell'assassinio senza legge né processo era stato deciso istituzionalmente dagli alti vertici delle Forze Armate. Arrivò pure il turno del capo di Stato Maggiore Martin Balza. Impiegato all'ester o nel periodo peggiore della guerra sporca, si è presentato a un programma televis ivo e ha ammesso senza mezzi termini che l'Esercito "prese il potere abbandonand o la strada della legittimità costituzionale", che lottò contro la guerriglia ai mar gini della legge e che "scatenò una repressione che oggi fa rabbrividire". Quando ha dato inizio al suo mea culpa, sembrava avesse letto le parole di Cortázar: si a ugurò di "dare inizio a quel dialogo straziante sul passato, mai sostenuto, che si agita come un fantasma sulla coscienza collettiva, tornando dalle ombre dove oc casionalmente si nasconde". Ha detto che la responsabilità doveva ricadere sugli a lti comandi scartando l'insostenibile favola degli eccessi o degli errori nei gr adi inferiori, e con ciò riconoscendo che i vertici ordinarono ai subalterni compo rtamenti delittuosi. Aggiunse che "fu preferito individuare l'avversario, il suo ritrovamento, al rispetto della dignità, procurandosi in qualche caso informazion i con l'uso di mezzi illegittimi e arrivando perfino a togliere la vita". Ha proposto, nel paragrafo centrale del messaggio, una nuova concezione del com ando e dell'obbedienza, lontana sia dall'ormai vecchia teoria dell'emergenza naz ionale, sia dall'Obbedienza dovuta imposta dall'ex presidente Raúl Al-fonsin. Balz a ha messo così l'Esercito argentino sulla stessa linea di quello degli altri paes i occidentali: "Nessuno ha l'obbligo di eseguire un ordine immorale o che si all ontani dalle norme e dai regolamenti militari. Chi lo fa cade in un grave errore che merita tutta la sanzione che la gravita del caso richiede. Chiaramente e se nza ricorrere a eufemismi dico: 'Commette un delitto colui che ferisce la Costit uzione nazionale, commette un delitto chi impartisce ordini immorali, commette u n delitto chi esegue ordini immorali, commette un cjlitto chi per raggiungere un fine che crede giusto impiega mezzi ingiusti, immorali'". Il giornalista che gl i fece leggere il documento nel suo programma gli chiese se aveva consultato il presidente. "No," fu la secca risposta. Nel clima teso di catarsi sociale suscitato dalla confessione di Scilingo, la p resenza in televisione di un generale che, invece di recitare i soliti luoghi co muni con il tono minaccioso dei suoi predecessori*riconosceva umilmente le atroc

ità el passato, è stata accolta con grande simpatia, t A rr1 ^a^° ^ settimane dalle ele zioni, Menem si rese con-0 dell improvviso cambiamento di umore pubblico verso l e 121 Forze Armate e cercò di trame dei vantaggi. Convocò d'ur genza una conferenza stampa dove annunciò che Balza ave va parlato su sua precisa indicazione. Facendo un giro di 180 gradi aggiunse che bisognava tenerne conto al momento del voto. Il Governo, dopo che per 45 giorni aveva negato i fatti e screditato chi li raccontava, si lanciò in uno straordinario tentativo di approfittare della situazione e ordinò ai capi di Stato Maggiore delle altre due forze di fare pubblica autocri tica, cosa che fecero non senza disappunto l'Aviazione e la Marina. Il brigadiere Juan Paulik ammise che erano stati commessi "errori e orrori" e l'ammiraglio Molina Pico rico nobbe che fino ad allora la Marina aveva mentito sui fatti, nascondendo l'impiego di "metodi che non hanno rispettato l'ordinamento legale vigente né le norme di guerra. Sono sta ti metodi sbagliati che hanno permesso orrori inaccettabili perfino nel contesto crudele proprio della guerra. Per questo oggi li rifiutiamo e li escludiamo come possibilità in qualsiasi azione futura". £ Rompere il guscio '-i Come sempre accade nella storia umana, i grandi segreti vengono scoperti da una coscienza solitària, in questo caso; quella di qualcuno che lentamente si era lib erato dalle servitù istituzionali. Quando Scilingo scivolò e fu sul punto di cadere in mare insieme a una delle sue vittime, dentro di lui si ruppe il meccanismo mi litare di spersonalizzazione e disumanizzazione. Per la prima volta gli riuscì di vedere il nemico come un essere umano. Anni dopo ebbe una crisi definitiva motiv ata dall'atteggiamento elusivo dei suoi superiori. L'architettura militare che p revede un'efficacia dell'insieme a scapito della libertà individuale, precipita de finitivamente se coloro che impartiscono gli ordini non si assumono la responsab ilità . delle conseguenze dell'esecuzione. Il suo discorso continuava comunque a essere confuso. Né la tragedia collettiva i n cui ebbe parte, né l'effetto devastante che questa produsse sulla sua vita perso nale, né l'esaltante decisione di confessare davanti alla società, gli conferivano a utomaticamente lucidità di pensiero. Benché fosse perseguitato dal senso di colpa, r ivendicava la guerra sporca che, secondo le sue stesse parole, aveva fatto di lu i un assassino, e chiedeva l'indulgenza per coloro che avevano solo eseguito ord ini. Ma perfino Tommaso d'Aquino (il santo patrono delle destre ispanoamericane) si chiede nella sua Summa theologiae se chi per obbedienza compie un atto colpe vo122 le è innocente. E fa l'esempio di un militare subalterno, concludendo che senza du bbio non si può calpestare il dettame della coscienza personale. Se il suo superio re gli ordinasse di dire che Dio non esiste o di insultare sua madre, dovrebbe d isobbedire o lasciare l'incarico. Non vent'anni dopo e distrutto dalle conseguen ze dei propri atti, ma nello stesso momento in cui riceve l'ordine. Ma a cambiare non era solo la società. Anche Scilingo sembrava un altro uomo, sor preso dalla reazione sociale della propria confessione: // presidente Menem ha cominciato a screditarla come facinoroso.... "Io parlo di cose terribili che sono accadute in questo paese e mi rispondono c on delle sciocchezze." Ha sostenuto pure che la sua denuncia non era seria perché in essa le vittime non venivano identificate. "Ho già spiegato chiaramente che non conosco l'identità delle persone che buttai in

mare. Ho ricevuto due gruppi di prigionieri con l'ordine di trasportarli su due voli, ma siccome non ero dei Servizi informativi non sapevo chi fossero. Sono i l primo a volere la loro identificazione." Infine ha detto che avrebbe dovuto parlare solo con il suo confessore. "Se le cose fossero così facili! Sono già andato a confessarmi. Ho parlato con un c onfessore della Scuola immediatamente dopo il primo volo e non mi è servito a null a. Non posso accettare che si giustifichi ciò che abbiamo fatto con delle parabole bibliche. Nessun cattolico può dire che confessandomi finisce tutta la storia. Ma gari si fosse risolto tutto nel confessionale!" La confessione a volte serve come sollievo individuale. Ma c'è poi una dimensione sociale della questione. "Sì. Il presidente ha preso questo come un problema mio personale. Non si dovrebb e più parlare di Scilingo. Benché sia un po' egoista, la mia confessione pubblica mi ha dato un certo conforto. Prima avevo un segreto che non potevo dire a nessuno . Adesso posso dirlo a chiunque. Il problema però rimane." Menem ha detto anche che questo era un argomento elettorale. "Ma per carità, sono più di dieci anni, almeno, che cerco di parlare di questa vice nda! Inoltre, chi ne può trarre beneficio elettorale? Io voterò per il presidente Me nem anche se la sua incomprensione mi rattrista." Perché gli darà il voto? "Come uomo non capisce, ma ciò non lo squalifica come 123 statista. Mi sembra che il bilancio di questi anni sia positivo." Cosa le sembra positivo? "Fondamentalmente la stabilità economica." E l'indulto? "L'intenzione del presidente di chiudere un capitolo molto triste della storia e pacificare il paese è stata positiva. Oggi mi sembra però che tutti noi che abbiam o commesso quelle atrocità dovremmo essere in galera. Se così fosse potremmo fare un vero mea culpa, permanente, e saldare il nostro debito. Mi rendo conto che dirl o ora, dopo il Punto finale che lo ha reso impossibile, può sembrare irresponsabil e. Questo avrebbe un effetto positivo tra i militari ancora in servizio e anche tra quelli nuovi che non si siano sporcati le mani. Potrebbe servire loro a rifl ettere, a ricordare ciò che non deve essere fatto. Il presidente Menem dovrebbe ob bligare il capo di Stato Maggiore della Marina a dire tutto ciò che sa sugli avven imenti di quegli anni, a dare l'elenco dei desaparecidos. Così come per me è stato u tile parlare, così lo sarà anche per la società e per la Marina. Soprattutto per le nu ove generazioni di militari, perché non portino più il marchio dell'Esina. Se non si farà così non si avrà mai la certezza che queste vicende non si ripetano." Dice di sentirsi bene ora? "No. Dico che parlare mi ha fatto bene. Mi sentirò male per il resto della mia vi ta. Si tratta di qualcosa che non può essere superato." Gli elenchi con i desaparecidos si conoscono già. Ciò che resta da sapere è in quale circostanza fu sequestrata ogni vittima, qual è stato il trattamento ricevuto e la forma in cui fu assassinata. "Certamente. Gli elenchi li conoscono i famigliari di quelli che non ci sono più e li conoscono anche le organizzazioni che li hanno raccolti. Per questo dico ch e la Marina deve dare informazioni. Tutti i morti della sovversione sono sepolti e le loro famiglie sanno dove. Dall'altra parte, no. Molte volte sono andato al la Plaza de Mayo, come un imbecille, come un vigliacco nascosto dietro gli alber i per vedere girare le Madri intorno alla piazza per i desaparecidos, sapendo di averne trenta sulla coscienza." Durante i nostri primi colloqui diceva che il suo proposito era quello di salva re Pernias, Rolón e Astiz. "Sì. Dicevo che se altri che hanno fatto lo stesso sono stati promossi, era un'in giustizia che ciò venisse negato a loro." Quella era una motivazione misera e inammissibile. Nessuna democrazia che si ri spetti può accettare che sequestratori, 124

torturatori e/o assassini arrivino al vertice della piramide, solo perché altri fu rono promossi prima di loro. "Era quello che pensavo, ma mi rendo conto che era solo un pretesto necessario di fronte a me stesso per decidermi a parlare. Quando ho raccontato ciò che avevo fatto, si è svelato qualcosa di molto più importante. Si renda conto che mi sono sem pre riferito ai metodi ordinati per arrestare, interrogare ed eliminare il nemic o. Mi era difficile dirlo con altre parole." Quali? "Sequestrare, torturare, assassinare." Adesso lo può fare? "L'ho appena fatto. Quando ho incominciato a parlare il mio schema mentale era ancora molto chiuso. Prima di ogni intervista prendevo un sedativo e mi preparav o per un atteggiamento duro. Avevo paura che mi si vedesse piangere perché non era proprio da militare. Per questa ragione ho detto che avevamo vinto la guerra, e questo ha confuso molta gente. Qualcuno mi ha detto che la mia posizione gli se mbrava contraddittoria, che non capiva se ero o no pentito per ciò che avevo fatto ." E lei'che ha risposto? "In quel momento ero convinto di ciò che facevamo. C'era gente che avrebbe prefer ito un romanzo rosa, che dicessi di essere stato obbligato, che fu contro la mia volontà o il mio parere. Adesso sono passati quasi vent'anni. Certamente mi sono pentito. Di più, sono distrutto per ciò che ho fatto. Ma ho incominciato a rompere i l guscio militare. Se ho le lacrime agli occhi non mi preoccupo di nasconderle. Non solo sento come un essere umano, comincio pure a pensare come una persona co mune. Questo ha modificato anche la mia vita famigliare. Ci sono cose che ho rac contato a lei di cui non avevo parlato nemmeno con mia moglie, non ne parlavo qu asi con i miei figli. Adesso ne parliamo ogni giorno. E in questo momento torna a colpirmi ciò che abbiamo fatto." I'' ripeto una domanda a cui non è stato in grado di rispondermi prima. Com'è possi bile che all'epoca nessuno se ne rendesse conto? "Lei diceva che eravamo indottrinati. Forse. Ma credo che come spiegazione sia insufficiente. L'unica spiegazione è che eravamo in uno stato di pazzia, di demenz a. E non mi dimentico delle cose che ha fatto la sovversione, delle bombe e degl i assassinii. Ma noi eravamo una forza armata e avremmo dovuto agire in un altro modo. Avremmo potuto agire in un altro modo." Che reazioni ha raccolto dai civili? 125 "Cerco di non farmi vedere troppo, perché non si può essere orgogliosi di quello ch e ho fatto, non si può essere elogiati. Ci manca solo di passare per eroe. Alcune persone che mi hanno riconosciuto per strada mi hanno incoraggiato ad andare ava nti, a non mollare." Che significa? "A uno l'ho chiesto. Mi ha risposto di continuare la mia crociata finché verrà fuor i la verità. Se ho parlato è perché non potevo più sopportare me stesso. Lo so che quest o capita a molta gente delle Forze Armate e che capita alle stesse Forze Armate come istituzione." Perché dopo quasi vent'anni ha parlato soltanto lei? "Ho parlato perché ero tormentato. E la maggioranza di coloro che sono passati pe r l'Esma o i voli devono anch'essi essere tormentati. Devono soffrire la stessa lotta che soffro io, se parlare o non parlare. Non credo che vi sia un essere um ano capace di convivere con questo segreto per tutta la vita. Forse in un futuro non ne parleranno pubblicamente ma almeno lo faranno con le loro mogli." Un'idea lo insegue e gli fa cambiare ruolo. Adesso è lui a fare domande. "Non le avevo mai detto che mia sorella era nei Montoneros? Mai. "Faceva militanza politica all'università. Con volantini, senza armi. Era nobile e idealista. Discutevamo molto. Mi prendeva in giro, mi diceva che non capivo ni ente. Ho provato a convincerla ad allontanarsi. Non mi ha dato retta e ha contin

uato. Per fortuna non le è successo nulla. Poi siamo arrivati a essere molto amici , più che fratelli." E ora? "È morta di cancro a 42 anni." Sorride ricordandola, beato, come se fosse ancora incapace di immaginare la pos sibilità dell'incontro tra la vittima anonima e il burocrate della morte, a bordo di uno Skyvan della Prefettura o di un Electra della Marina. Epilogo Menem è stato rieletto presidente e dai celeberrimi balconi di Perón ed Evita ha da to sfogo ai suoi sentimenti più profondi: "Abbiamo vinto non solo i partiti dell'o pposizione, ma anche la stampa". Il Governo ha fatto pressioni sulla Corte federale fino a 126 quando quattro giudici su sei si sono dichiarati privati della giurisdizione add ucendo le leggi e i decreti dell'oblio. L'annunciato impegno ufficiale a chiarir e la sorte dei desaparecidos è stato delegato alla Sottosegreteria per diritti uma ni, una derivazione dell'esecutivo. Questa ha considerato che il pagamento di un a indennità fosse una risposta sufficiente ai tormentati famigliari. È stato chiaro che, come in altre occasioni, per saldare il conto con un passato tenebroso si s arebbe dovuto fare a meno dell'intervento dello stato. In un'intervista, l'ex ammiraglio Massera ha negato nuovamente i fatti. Ha racc olto una riprovazione sociale unanime, compresa quella del capo di Stato Maggior e della Marina. L'ammiraglio Molina Pico, ha risposto che durante il periodo di Massera la Marina aveva sequestrato, torturato e assassinato prigionieri.Scilingo, accusato di frode, è stato arrestato da un giudice. Dal carcere ha invi ato una serie di lettere ai magistrati con i dati relativi a un sacerdote e a un a donna incinta sequestrati all'Esina insieme ad alcuni suggerimenti su come pro seguire la ricerca dei desaparecidos. 127 5. Riferimenti Diciamo la verità I precedenti di Rolón e Pernías, su "Pàgina/12", 28 dicembre 1993 e 19 ottobre 1994. Le testimonianze sul coinvolgimento di Pernías nel caso delle suore francesi furon o fornite ai magistrati da Ricardo Héctor Coquet, Gracida Da-leo, Sara Solarz de O satinsky, Ana María Martí, María Alicia Milia de Pirles e Alberto Girondo. Con riferim ento ai sacerdoti pallottini, Daleo e Andrés Castillo. Sul tentato rapimento del d irigente d'azienda Julio Broner in Venezuela, Lisan-dro Raúl Cubas. Su Pernías in qu alità di istruttore dei torturatori, Amalia Larralde. Il prigioniero sul quale son o stati provati i dardi avvelenati è Daniel Schapira. Lode alla tortura L'affermazione di Menem di non aver chiesto la promozione per i torturatori, su "Pàgina/12", 29 dicembre 1993. Massot parla della tortura su "Pàgina/12", 2 gennaio 1994. Il dibattito a proposito della tortura tra Hesayne e Harguinde-guy, nell' inserto sugli indulti di "Pàgina/12", 31 dicembre 1990. La testimonianza dell'allo ra ministro degli Esteri francese Alain Juppé, su "Clarín", 26 ottobre 1994. La deci sione del gruppo peronista di senatori, su "Pàgina/12", 27 ottobre 1994. Menem sul trionfo della legge, nel programma "Giornalismo e croissant", di Radio FM Jai, martedì 25 ottobre 1994. Balza sull'umiltà nei confronti del passato, su "La Prensa" , 27 ottobre 1994. Su fini e mezzi, dopo aver ricevuto l'incarico di capo di Sta to Maggiore, in "Somos", 1° giugno 1992 e nel suo messaggio alle matricole del Col legio militare, 128 su "Página/12", 17 dicembre 1993. Intervista di Jorge Lanata a Mayorga, pubblicata dalla rivista "El porteño", aprile 1985. Le sue dichiarazioni sulle iniezioni ai prigionieri e la rivendicazione della tortura, nell'ottimo libro di Tina Rosenbe rg, The Children of Cain, William Morrow & Company, New York 1991, p. 86. Una morte cristiana

Oltre alle molteplici testimonianze sulla partecipazione diretta di Pernias, Ro lón e altri uomini della Marina alle sessioni di tortura, esiste un'analisi global e sull'uso della tortura nella guerra sporca. Uno studio inedito scritto da uno dei prigionieri superstiti dell'Esina sostiene che ogni forza armata ne ha fatto un uso diverso. L'Esercito cercò di delegare l'uso della picana alle forze di Pol izia o ai pentiti. L'Aviazione realizzava cerimonie mistiche: intervenivano vari ufficiali conpicane, fruste e bastoni, mentre un altro consolava la vittima ten endola per mano. La Marina pensava che in ogni guerra vi era un'arma decisiva ch e doveva essere riservata a una élite, e faceva il paragone tra la picana elettric a e il pulsante nucleare. Questo era il motivo per cui il suo uso era un fardell o ma anche un privilegio riservato agli ufficiali che facevano lavoro informativ o all'Esina. Soltanto in casi eccezionali veniva autorizzato l'uso a ufficiali o perativi, come Astiz, o ad ausiliari delle forze di sicurezza. Nel periodo di ma ggiore barbarie all'Esina, colui che veniva chiamato Puma era il capitano Jorge Perren. La menzogna istituzionalizzata II discorso di Massera, su "La Nación", 3 novembre 1976. La prima spiegazione for nita da Videla sui desaparecidos, su "La Prensa", 15 settembre 1977. Il calcolo di Viola su detenuti ed eliminati, su "La Nación", 30 settembre 1977. L'intervista a Massera, nella biografia di Claudio Uñarte: Almirante Cero, Planeta, Buenos Air es 1992, p. 139. L'arringa di Viola sugli "assenti per sempre", in tutti i giorn ali del mattino di Buenos Aires, 30 maggio 1979. Le vanterie di Harguindeguy, su "Clarín", 22 settembre 1979 e su "La Nación", 22 marzo 1980. Gli avvertimenti di Vi ola e Galtieri quando avvenne il cambiamento ai vertici dell'Esercito, su "Clarín" , 12 aprile 1980. Nello stesso giornale, il 17 aprile 1980, la pretesa di Videla di legittimità della guerra sporca. La risposta della ditta129 tura alla Osa, su "Clarín", 20 aprile 1980. La prova che il conservatore Francisco Manrique fu l'unico politico che si preoccupò della guerra sporca, in una interes sante dichiarazione a Bignone, su "La Nación", 29 marzo 1987.1 particolari sulla m ediazione della Chiesa e la messa di Riconciliazione furono forniti dal dirigent e del partito Demócrata Cristiano Augusto Conte. Il documento della Giunta indiriz zato ai partiti perché questi si impegnassero a non giudicare la guerra sporca, su "Clarín", 12 novembre 1982. Boomerang I dispacci di Ancla, la Historia de la guerra suda e la Carta abierta de un esc ritor a la Junta Militar, in Horacio Verbitsky, Rodolfo Walsh y la prensa clande stina, Ediciones de la Urraca, Buenos Aires 1985. La disinfezione Le testimonianze delle tre donne che accusano Pernias per il sequestro delle su ore, sulla rivista spagnola "La calle", 23 ottobre 1979. Quella di Horacio Maggi o, sul numero gennaio-marzo 1979 della rivista "Alternativa", stampata in Svezia . Tutte due le pubblicazioni si trovano nell'archivio dell'autore. Un umanista in divisa La riforma al Codice di giustizia militare alla Camera dei Deputati, agenda del le sedute, 5 gennaio 1984, e nel Senato, agenda delle sedute, 31 gennaio e 1° febb raio 1984. Massera sull'umanesimo cristiano nella guerra sporca, dai testimoni d 'indagine davanti al Consiglio superiore delle Forze Armate, 8 febbraio e 30 ago sto 1984. Lambruschini su come estirpare il cancro, nella dichiarazione di front e al Consiglio superiore delle Forze Armate, 13 febbraio 1984. // giudizio degli uomini Le dichiarazioni dei testimoni nel processo provengono dalle registrazioni audi o delle testimonianze di fronte alla Corte federale, 23 aprile (ammiragli Luis M aría Mendia e Pe130 dro Santamaría), 25 aprile (ammiraglio Antoine Sanguinet-ti), 2 maggio (Jacobo Tim erman), 4 luglio (Marta Bettini de Devoto), 16 luglio (il sacerdote Orlando Yori o, il capitano di vascello Óscar Quinteiro), 17 luglio (l'ex coscritto Alejandro H

ugo López, il capitano di fregata Jorge Búsico e l'ex sottufficiale Jorge Torres), 1 8 luglio (Gracida Daleo, Miriam Le-win e Andrés Castillo) e 25 luglio (Carlos Muñoz) , tutti del 1985. Lo stesso per l'allegato di Massera, 3 ottobre 1985. Quella di Rosario Quiroga negli atti consolari siglati a Caracas, 13 luglio 1985. L'ex uf ficiale Urien sull'insegnamento della tortura, in Rosenberg, The Children of Cai n, cit., p. 117. Modus operandi La testimonianza di Acosta, 27 febbraio 1987, è stata presa dagli atti della Cort e federale firmati dall'accusato e dai giudici. La manifestazione sotto la piogg ia nel quartiere militare è stata riportata su "La Nación", 26, e su "La Prensa", 27 febbraio 1987. I particolari della applicazione della legge di fuga su-tre dete nuti, così come la certificazione di essere stati prelevati dal carcere, sono stat i presi dall'incartamento dei tribunali federali di Córdoba. La lagnanza di Astiz per il suo isolamento sociale, in Rosenberg, The Children of Cain, cit., p. 134. Juan Yofré su Astiz e Arduino, su "Ambito Financiero", 23 dicembre 1987. Whisky e pasticche La descrizione del piano criminale, nella sentenza di condanna della Corte fede rale a Videla, Massera e compagni, dicembre 1985.1 riferimenti alla cieca obbedi enza e al rispetto dovuto alla persona del nemico catturato, nella sentenza dell o stesso tribunale, un anno dopo nella condanna di Ramón Camps, Una pianura appiattita dalla morte II radiogramma di Molina Pico, su "La Prensa", 4 marzo 1995. L'attività del Nunzi o Pio Laghi, su "Pàgina/12", 9, 11, 12 e 16 marzo 1995. I vescovi che ammisero che la Chiesa non fece abbastanza furono Justo Laguna, Carlos Galán, Domingo Castagna , Emilio Bianchi di Carcano e Jorge Casaret-to. Il vescovo Hesayne sulla Confere nza episcopale e le Ma131 dri in "Página/12", 16 aprile 1995. La testimonianza del sergente Ibáñez, su "La Prens a", 24 aprile 1995. Quella del sergente Caraballo, su "Pàgina/12" del 1° luglio 1995 . Il mea culpa dei capi di Stato Maggiore Balza, Molina Pico e Paulik, su tutti i giornali di Buenos Aires nei giorni 25 aprile e 4 maggio 1995. Epilogo Le parole di Menem sulla stampa, su tutti i giornali di Buenos Aires, 15 maggio 1995. La decisione della Corte federale di chiudere l'indagine, su "Pàgina/12", 2 3 luglio 1995. L'intervista a Massera, sulla rivista "Gente" n. 1566, 27 luglio 1995. La risposta di Molina Pico, sulla rivista "Noticias", 13 agosto 1995, inti tolata Basta bugie. Le lettere di Scilingo dal carcere, su "Pàgina/12", 7 e 9 lugl io 1995. 132 6. Colpi di stato e violenza in Argentina Cronologia 1930 - Un colpo di stato militare depone il presidente Hipólito Yrigoyen. Primo a essere eletto in elezioni libere, con voto segreto e obbligatorio, H. Yr igoyen appartiene al Partito radicale e segna l'arrivo al Governo dei nuovi ceti medi recentemente immigrati dall'Europa. Nei successivi cinquantanni in Argenti na si succede circa un colpo di stato militare ogni dieci anni. Questo periodo, che si chiude con la nomina del radicale Raúl Alfonsín, democraticamente eletto nel 1983, vede solo due capi di stato concludere il mandato costituzionale di sei an ni. Entrambi sono generali dell'Esercito in congedo. Il primo Augustin P. Justo, arriva al potere con brogli elettorali nel 1932. Il secondo, Juan Domingo Perón, viene deposto nel 1955, nel corso della sua seconda presidenza. 1943 - Un gruppo di militari simpatizzanti con le potenze dell'Asse prende il po tere. Del gruppo fa parte l'allora colonnello Perón, segretario al lavoro e alla previde nza sociale, poi ministro della Difesa e infine vicepresidente. Fin dal primo in carico avvia una politica di rispetto per i diritti dei lavoratori ispirata alla dottrina sociale della Chiesa cattolica. 1945 - Sollevazione popolare spontanea per la liberazione

di Perón, arrestato dai suoi stessi compagni. 1946 - Perón viene eletto presidente in libere elezioni. 1955 - Colpo di stato contro Perón. Il 16 giugno l'Aviazione navale lancia 9,5 tonnellate di bombe sulla Plaza de Ma yo, di fronte al palazzo dove ha sede il Governo, nel corso di un fallito tentat ivo di rovesciare Perón, che era stato rieletto tre anni prima con il 62% dei voti . Questi episodi 133 segnano il punto di partenza dell'ondata di violenza che scuote l'Argentina fino al 1983. A settembre una Giunta militare rovescia Perón, chiude il Parlamento, sc ioglie la Corte suprema di giustizia, commissaria i sindacati e governa imponend o lo stato d'assedio. Un decreto dell'esecutivo stabilisce pene detentive per ch i nomina in pubblico l'ex presidente Perón o sua moglie Evita. I militari sequestrano la salma imbalsamata di Eva Perón. 1956 - Inizio della resistenza peronista. A giugno il generale Juan José Valle, insieme a una ventina di civili e militari p eronisti, viene fucilato su ordine del presidente militare Pedro Aramburu, come rappresaglia nei confronti di una sollevazione che rivendicava libere elezioni. A ottobre Perón invia dall'esilio le sue Direttive per tutti i peronisti e le Istr uzioni per i dirigenti dove si consiglia la resistenza armata contro il Governo, l'organizzazione della guerriglia, il ricorso agli attentati e l'eliminazione d egli awersari. Militari argentini seguono corsi alla Scuola di guerra a Parigi e colonnelli francesi addestrano ufficiali nelle scuole militari argentine. Vengo no studiati i metodi della controguerriglia francese nelle guerre di Indocina e Algeria. 1958 - II radicale Arturo Frondizi viene eletto presidente con i voti del movimento peronista. Arturo Frondizi ottiene i voti peronisti grazie alla promessa di ridare legalità a l movimento peronista, ora fuori legge. I] presidente, durante i 46 mesi di mand ato, subisce ben 32 atti di insubordinazione da parte dei militari, in alcuni ca si con spiegamento di carri armati per le strade della capitale. Cresce l'intens ità della resistenza peronista; saltano oleodotti, si diffonde il sabotaggio nelle fabbriche. I ferrovieri in sciopero vengono precettati e sostituiti dai militar i. Carri armati abbattono le porte dello stabilimento Lisandro de la Torre occup ato dagli operai. 1959 - Fidel Castro e il Che a L'Avana. II 1° gennaio Fidel Castro e il medico argentino Ernesto Che Guevara fanno il loro ingresso trionfale a L'Avana. Si propor ranno di trasformare la cordigliera delle Ande in una grande Sierra Maestra, dove ha avuto inizio l'insurrezione cubana. 1960 - John F. Kennedy viene eletto presidente degli Stati Uniti. 1961 - Esilio di Perón in Spagna. Il portavoce personale di Perón, John William Cooke, partecipa alla resistenza cub ana contro il tentativo di invasione a Playa Girón. Cooke invita Perón a stabilirsi nell'isola, ma l'ex presidente si reca in Spagna dove resterà fino al 1973; Kenned y annuncia l'Alleanza per il progresso. I militari argentini imparano 134 le tecniche della controguerriglia alla Scuola delle Americhe mentre guerriglier i argentini vengono addestrati a Cuba. Alla dinamica politica propria del'paese si sovrappongono i conflitti strategici della guerra fredda. - Partecipazione dei candidati peronisti alle elezioni provinciali. Il presidente Arturo Frondizi consente ai peronisti di partecipare alle elezioni dei governatori di provincia. Uno dei loro candidati ha la maggioranza dei voti nella decisiva provincia di Buenos Aires scatenando così un nuovo colpo di stato. I conflitti interni tra i militari permettono l'insediamento del presidente del Senato, José María Guido al posto del capo dell'Esercito. A settembre le due fazion i si affrontano in un conflitto armato per controllare il debole presidente Guid

o. 1963 - Si impone come capo dell'Esercito Juan Carlos Onganía. Ad aprile gli oppositori militari si scontrano nuovamente con aerei e blindati. I carri armati dell'Esercito distruggono le piste d'attcrraggio della Aeronautic a dando il via a una persistente ostilità. Da questi scontri emerge un nuovo uomo forte, il generale Juan Carlos Onganía, che si presenta come "capo dell'Esercito, della costituzione e della legge". Assumendo la carica di capo dell'Esercito, si fa garante delle consultazioni elettorali e promette di non intervenire sulla p olitica interna. Cinque settimane dopo aver propiziato una così chiara sottomissio ne alle autorità civili, il movimento peronista viene messo nuovamente fuori legge . A giugno, con solo il 23% dei voti, viene eletto il radicale Arturo Illia. 1964 - Charles de Gaulle visita l'Argentina; mobilitazioni in tutto il paese. Onganía resta comandante in capo dell'esercito. Da West Point formula la dottrina delle frontiere ideologiche e teorizza l'intervento dell'esercito nella politica interna quale garante sovraco-stituzionale. A Salta - nell'estremo nord del pae se - la Polizia di frontiera distrugge una postazione di guerriglieri aderenti a un gruppo marxista. Il presidente francese de Gaulle visita l'Argentina; Perón or dina che venga accolto come se si trattasse della sua stessa persona. Mobilitazi oni in tutto il paese mettono il Governo in gravi difficoltà. Alcuni mesi dopo Perón tenta di rientrare in Argentina, ma viene fermato a Rio de Janeiro dai militari brasiliani su richiesta del Governo Illia. 1965 - Si consolida l'affermazione del movimento peronista. I peronisti ottengono buoni risultati in tutte le elezioni alle quali viene loro permesso di partecipare. Ciò fa prevedere la loro 135 vittoria anche in quelle in programma per l'anno successivo nella provincia di B uenos Aires. 1966 - Nuovo colpo di stato militare: Illia è deposto. Viene eletto presidente Ongania. Il 28 giugno, prima della data della convocazione elettorale, un Giunta militare depone Illia, sancisce uno Statuto Rivoluzionario sovracostituzionale insediand o Ongam'a alla presidenza. Viene sciolto il Parlamento e la Corte suprema di giu stizia e inoltre proibita ogni attività politica e sindacale. All'organizzazione c lericale Opus Dei viene riservato un importante ruolo governativo e il cardinale Antonio Caggiano, che è anche vescovo militare, ratifica con la sua firma l'incar ico a Ongam'a e presenzia a tutte le cerimonie ufficiali. Ongania e un gruppo di militari di alto rango partecipano a ritiri spirituali dove subiscono l'influen za dei gruppi fondamentalisti cattolici di origine francese, Verbe e La Cité Catho lique. 1967 - Morte del Che. Ernesto Che Guevara viene catturato e fucilato dall'esercito boliviano mentre è al comando di una piccola colonna guerrigliera. Secondo le sue stesse affermazioni , il suo obiettivo era creare "uno, due, molti Vietnam", come strategia di lotta rivoluzionaria. 1968 - Azioni militari nel Tucumán. Nella provincia di Tucumán, nel nord del paese, viene smantellato un distaccamento di una mezza dozzina di guerriglieri delle Forze Armate peroniste. 1969 - Rivolta di Córdoba. Il 29 maggio colonne di operai e studenti occupano Córdoba, la seconda città del pae se, per protestare contro la politica sociale ed economica di Ongania. La Polizi a non riesce a sedare la rivolta; l'Esercito interviene e spara contro i manifes tanti per riprendere il controllo della città. Lo stesso giorno un commando guerri gliero, fino ad allora sconosciuto, uccide il dirigente del sindacato dei metall urgici, Augusto Vandor, accusato di essere "esempio paradigmático" della connivenz a tra burocrazia sindacale peronista e l'establishment militare. Nel pieno dell' ondata di commozione suscitata dai due avvenimenti, arriva in Argentina, in una

tappa della sua missione in America Latina, Nelson Rockfeller. Nel dossier che p resenterà a Nixon, Rock-feller mette in guardia il presidente americano sulla cres cente minaccia comunista, elogia il ruolo delle Forze Armate e consiglia il raff orzamento delle forze di Polizia in tutto il continente come bastione contro il suo dilagare. Ongania annuncia una processione alla Vergine di Lujan, per consac rare l'Argentina al 136 Sacro Cuore di Maria. La Chiesa cattolica è però divisa. Sotto l'auspicio del Concil io Vaticano II e del Sinodo episcopale latinoamericano di Medellin, molti vescov i e sacerdoti si schierano per la "scelta dei poveri" giustificando la reazione violenta all'oppressione e avviano il dialogo tra cattolici e marxisti. Tutte le condizioni per una militarizzazione della politica sono presenti. 1970 - Nascita delle organizzazioni di guerriglia. Il 29 maggio, un commando della nuova organizzazione dei Montoneros, che prende il nome dai gruppi di gauchos insorti' contro il liberalismo filobritannico nel XIX secolo, sequestra l'ex dittatore Aramburu. Accusato delle fucilazioni del 19 56, dopo un processo farsa, viene giustiziato e il suo cadavere sommerso nella c alce. Dall'esilio di Madrid, Perón plaude gli avvenimenti e si congratula con i Mo ntoneros, che nel loro primo comunicato avevano raccomandato l'anima di Aramburu a Dio. I Montoneros, che provengono dall'Azione cattolica e hanno partecipato ai campi di lavoro sociale organizzati da sacerdoti nelle zone più povere del paese, esplicano una duplice attività: attentati contro militari e sindacalisti da una parte e lavoro di quartiere e organizzazione politica della Gioventù peronista dall'altra. Ongania viene deposto dall'esercito che insedia al suo posto l'addetto militare a Washington, il generale Roberto Levingston, esperto di controguerriglia. Le massicce manifesta zioni di protesta sociale e politica e la richiesta di un'apertura politica dilagano in tutto il paese che gli stessi militari non rie scono a governare. Da una parte i sindacati peronisti firmano accordi di compromesso con il Governo, dall'altra i sindacalisti di base, i Montoneros e la Gioventù peronista, organizzano la resistenza contro la dittatura militare. La stessa spaccatura che precedentemente aveva diviso la Chiesa, si ripropone ora tra i peronisti. Perón dichiara di dover agire come il Pontefice e be nedice tutte le parte in lotta. Cominciano a entrare in azione anche piccole organizzazioni marxiste di guerriglia, come l'E sercito rivoluzionario del popolo (Erp) e le Forze armate rivolu zionarie (Far). Entrambe raccolgono l'esperienza cubana, cine se, vietnamita ma, mentre l'Erp resta fedele all'ortodossia, le Far avviano un processo di avvicinamento al movimento popo lare peronista. 1971 - Colpo di stato di Alejandro Lanusse. II capo dell'Esercito, generale Alejandro Lanusse rovescia Levingston, assume la presidenza e indice le elezioni a cui, per la prima volta dopo tanti anni, saranno ammessi esponenti pero nisti. Il suo obiettivo è sottrarre alla guerriglia il suo simbolo più potente e isolarla politicamente e socialmente, vista la diffi coltà di sconfiggerla con le armi. 137 1972 - Perón torna in Argentina e candida Hector J. Campera. Come gesto di buona volontà, Lanusse restituisce a Perón la salma imbalsamata di Evi ta, nascosta dai militari con l'aiuto della gerarchia ecclesiastica in un cimite ro italiano. Lanusse stabilisce che potranno candidarsi solo coloro che risiedon o nel paese antecedentemente al mese d'agosto. A novembre Perón torna in Argentina , acclamato da migliaia di persone. Poiché il suo arrivo è avvenuto dopo il termine

stabilito da Lanusse, non può presentarsi alle elezioni. Al suo posto candida il s uo portavoce Hector J. Cámpora e quindi torna a Madrid. La parola d'ordine diventa : "Cámpora al Governo, Perón al potere". Il 22 agosto, inscenando un tentativo di ru ga, la Marina militare fucila una dozzina di guerriglieri detenuti nella base na vale di Trelew. La veglia si tiene nella sede centrale del Partito peronista, ma la Polizia abbatte le porte del palazzo e sequestra le salme degli uccisi, per impedirne l'autopsia. Durante la campagna elettorale in tutti i comizi risuona u n identico slogan: "Far e Montoneros sono nostri compagni", cosa che suscita l'i ra dei militari. 1973 - Cámpora presidente. L'I 1 marzo Cámpora viene eletto presidente. Alla cerimonia sono invitati il presi dente cileno Salvador Allende, e quello cubano Osvaldo Dorticós. La prima misura d i Governo è concedere la libertà a tutti i guerriglieri detenuti, decisione approvat a all'unanimità dal Parlamento che scioglie anche il Tribunale speciale creato per giudicarli. Man mano che i prigionieri arrivano dalle diverse carceri del paese , sono accolti come eroi nei governatorati provinciali. Le Far si fondono in un' unica organizzazione con i Montoneros. Il 20 giugno Perón intraprende il viaggio d i ritorno. Il suo segretario privato e ministro di Cámpora, José López Rega, un ex cap orale della Polizia e astrologo esoterico, si rivolge ai sindacalisti e militari per collocare un contingente armato sul palco dove Perón terrà il suo primo discors o dopo il ritorno in Argentina. La folla comincia ad affluire già durante la notte che precede il comizio di Perón. Si stima che superi il milione di persone. Quand o si avvicinano le colonne della Gioventù peronista, dal palco viene aperto il fuo co. La manifestazione si scioglie lasciando a terra almeno 13 morti e 300 feriti . Perón si pronuncia contro i Montoneros e costringe Cámpora alle dimissioni. Assume la presidenza ad interim Raúl Lastiri, genero di López Rega, che indice nuove elezi oni. Il 23 settembre Perón viene eletto presidente per la terza volta; vicepreside nte sarà sua moglie Isabelita. Due giorni dopo i Montoneros assassinano il segreta rio generale della Confederazione generale del lavoro (Cgt), José Rucci, considera to uno dei responsabili dei fatti di Ezeiza, ma non rivendicano l'attentato per non irritare Perón. L'Erp effettua una serie di sequestri di uomini d'affari norda mericani per chiederne il riscatto e sferra diversi attacchi a caserme dell'Eser cito. Questo destabilizza il 138 capo dell'Esercito generale Jorge Carcagno che, nella Conferenza degK eserciti d i Caracas, aveva rifiutato la dottrina della sicurezza nazionale. Perón, temendo u na sua eventuale compromissione con i Montoneros, lo costringe a dimettersi. 1974 - Morte di Perón. Durante il comizio del 1° maggio Perón tuona contro i Montoneros, definendoli "imbec illi e imberbi". I Montoneros abbandonano Plaza de Mayo lasciandola pressoché vuot a. Perón muore il 1° luglio. Al suo posto viene insediata Isabelita, ma in realtà le r edini del Governo sono tenute da López Rega. Entra in azione la Triplice A (Allean za Anticomunista Argentina) che sequestra e uccide intellettuali e politici sosp ettati di essere legati alla guerriglia. A settembre i Montoneros annunciano il loro ritorno alla clandestinità. L'Erp apre un fronte di guerriglia rurale nella p rovincia di Tucumán. 1975 - Radicalizzazione dello scontro. Senza la copertura politica dei peronisti, alle azioni dei Montoneros viene meno il consenso popolare. Isabelita fa appello all'esercito per controllare il cres cente malcontento sociale. Il capo dell'opposizione radicale, Ricardo Balbin, de nuncia che gli operai in sciopero costituiscono una sorta di "guerriglia industr iale". Il Governo incarica l'esercito di "annientare la capacità di azione dei sov versivi", prima a Tucumán , poi nel resto del paese. Il comandante in capo delle t ruppe a Tucumán è il generale Adel Vilas, cresciuto alla scuola francese. Vilas rive ndica la tortura come strumento decisivo per questo tipo di lotta ed estende lo scontro alle università. Gli succederà il generale Domingo Bussi, che si è fatto le os sa in Vietnam. Spazzato via dal distretto di Tucumán, negli ultimi giorni dell'ann o l'Erp tenta un assalto disperato contro una caserma a Buenos Aires. Il fallime nto dell'azione finisce per stroncare l'organizzazione. Anche i Montoneros, con

un'azione che aveva fino ad allora contraddistinto solo l'Erp, attaccano una gua rnigione militare nella provincia di Formosa, ma anch'essi vengono respinti sube ndo gravi perdite. L'arcivescovo monsignor Adolfo Tortolo, annuncia a un pubblic o di imprenditori che si sta avvicinando un processo di purificazione. L'Ordine operativo dell'Esercito include "metodi speciali" negli interrogatori, un eufemi smo per "tortura". Altrettanto fa la Marina, dove l'ammiraglio Luis Mendia, coma ndante delle operazioni navali, comunica queste disposizioni agli ufficiali dell a Base navale di Puerto'Belgrano. Afferma che tali metodi e l'eliminazione dei p rigionieri mediante i voli sull'oceano sono stati approvati dalla curia. Tuttavi a, consci dell'isolamento internazionale della dittatura di Augusto Pinochet, i militari argentini decidono di attuare queste misure di nascosto. 139 1976 - Colpo di stato del generale Jorge Videla. Il 23 marzo i comandanti in capo dell'Esercito, della Marina e dell'Aviazione fa nno visita a monsignor Tortolo nella sede vescovile. Il 24 marzo depongono e imp rigionano Isabel Perón. Il governatore della provincia di La Rioja, Carlos Menem, e altri dirigenti peronisti sono confinati in una nave militare ormeggiata nel p orto di Buenos Aires. Ancora una volta il Parlamento e la Corte suprema di giust izia vengono sciolti. All'interno delle singole unità delle Forze Armate e della s icurezza vengono organizzati campi di concentramento clandestini. Qui vengono po rtate le persone sequestrate, sottoposte a torture e poi segretamente eliminate. In una riunione dell'Episcopato, Tortolo difende la tortura con argomenti teolo gici. La Giunta militare, pur divisa da lotte intestine, nomina presidente il ca po dell'Esercito generale Jorge Videla. Esplodono vecchie gelosie tra Esercito e Marina, al cui comando è l'ammiraglio Massera. Massera afferma che l'organo supre mo del potere è la Giunta e Videla ne è solo l'amministratore delegato. D'accordo co n i piani approvati dalla Giunta militare, la conduzione delle operazioni della cosiddetta "guerra sporca" viene affidata all'Esercito determinando con chiarezz a le rispettive giurisdizioni. Massera però non rispetta gli accordi e invade la g iurisdizione dell'Esercito. Lo fa attraverso la Scuola di meccanica della Marina (Esma), dove è attivo un campo di concentramento clandestino. Il gruppo tattico c he lo controlla dipende direttamente dal comandante in capo della Marina che par tecipa di persona ad alcune operazioni. Massera gioca frequentemente a tennis co n il Nunzio apostolico Pio Laghi. A giugno una pattuglia dell'Esercito elimina i l capo dell'Erp, Mario Roberto Santucho, disgregando definitivamente l'organizza zione. A giugno, durante una riunione dell'Osa (Organizzazione degli stati ameri cani) in Cile, il rappresentante argentino, l'ammiraglio Cèsar Guzzeti, riferisce al segretario di stato Henry Kissinger ciò che i militari argentini stanno compien do. Kissinger gli risponde che devono chiudere i conti con i terroristi prima de ll'insediamento del nuovo Congresso nel gennaio 1977. Kissinger è certo della riel ezione di Gerald Ford, che tuttavia è sconfitto da Jimmy Carter. 1977 - Né sequestrati, né detenuti: desaparecidos. I militari argentini si sentono traditi dalla politica in difesa dei diritti uma ni di Carter, e si legano all'opposizione ultraconservatrice tramite il senatore Jesse Helms. Videla riceve l'inviato di Carter, Patricia Derian, e le spiega ch e non è in grado di controllare i quadri inferiori. Il 25 marzo viene sequestrato lo scrittore e giornalista Rodolfo J. Walsh a seguito della pubblicazione di una sua lettera aperta alla Giunta militare in cui denuncia le torture e gli assass inii di prigionieri. Alla vigilia di Natale, nella chiesa di Santa Cruz vengono sequestrati i membri del nucleo fondatore delle "Madri di Plaza de Mayo", che st anno raccogliendo fondi per la pubblicazione dell'elenco dei desapareci140 ¿os. Il tenente Alfredo Astiz, infiltratosi nel gruppo, li tradisce e li fa cattur are. Torturati all'Esina dal tenente Antonio Pernias, non faranno mai più ritorno. Del gruppo fanno parte due religiose francesi, Alice Domon e Léonie Duquel. Altri prigionieri all'Esina sono tenuti in vita in cambio della loro collaborazione a lla carriera politica di Massera, il quale aspira a ereditare la leadership del peronismo. Incaricato di questo gruppo è il tenente Juan Carlos Rolón. Alcuni prigio

nieri, rimessi in libertà, riescono a lasciare il paese e denunciano lo stato di r epressione. 1978 - La repressione concordata con la Chiesa. L'ammiraglio Massera viene congedato. Il suo successore, Armando Lambruschini, d iscute con il Nunzio apostolico Pio Laghi la condizione dei detenuti: non vuole ucciderli, ma teme che, risparmiandoli, essi raccontino ciò che hanno visto. 1979 - Visita della Commissione dei diritti umani. La Commissione interamericana dei diritti umani dell'Organizzazione degli stati americani (Osa) visita l'Argentina. Nel corso della visita, il gruppo tattico de ll'Esina nasconde i prigionieri in un campo di concentramento clandestino provvi sorio. Impiegando i documenti di uno dei detenuti e falsificandone la firma, l'E sma acquista per conto della Curia un'isola nel delta del fiume Paraná, destinata al relax settimanale del cardinale Juan Carlos Aramburu e là vi trasferisce i dete nuti. Quando l'Osa lascia il paese, i prigionieri vengono riportati all'Esina e l'isola rimessa in vendita. È questo l'unico caso della storia contempo-^j-anea di cui si abbia conoscenza di un campo di concentramento allestito su un terreno d i proprietà ecclesiastica. 1980 - L,'Osa dichiara che migliaia di desaparecidos sono stati assassinati dalle forze governative. La relazione finale dell'Osa asserisce che le migliaia di desaparecidos sono sta te assassinate dalle forze governative dando per certo l'uso sistematico della t ortura. La risposta del Governo è che lo stato ha esercitato il suo diritto all'au todifesa facendo ri-c< rso a "mezzi idonei". Adolfo Pérez Esquivel, del Servizio d i pace e giustizia che denuncia le numerosissime violazioni dei diritti umani, r iceve il Premio Nobel per la pace. Dopo il rovesciamento di Somoza a opera dei s andinisti, i militari argentini, d'accordo con la Cia, addestrano i primi contin genti dei Contras. Insegnano anche i metodi di tortura a militari dell'Honduras, Guatemala e El Salvador. Ronald Reagan viene eletto presidente degli Stati Unit i. 1981 - Crisi politica ed economica. Crisi economica e avvicendamento rapido di presidenti militari. A marzo il gener ale Roberto Viola succede a Videla; a dicembre 141 il generale Leopoldo Galtieri destituisce Viola. I partiti politici chiedono le elezioni, i sindacati premono per un miglioramento economico. 1982 - Guerra delle Malvine (Falkland). Il 2 aprile la Giunta militare occupa le isole Malvine (Falkland), Georgia e San dwich del Sud, possedimenti inglesi fin dai primi decenni del secolo scorso. Il governo di Margaret Thatcher invia una poderosa flotta per rientrarne in possess o. La Marina militare argentina, che aveva promosso l'occupazione, richiama la p ropria flotta dopo l'annuncio che il Regno Unito ha messo in azione sommergibili atomici. Astiz viene catturato dagli inglesi dopo essersi arreso senza combatte re nelle isole Geòrgia del Sud. Dopo alcuni giorni di battaglia le truppe argentin e si arrendono. Galtieri viene deposto. Ferita a morte, la dittatura indice le e lezioni. 1983 - Sconfitta del peronismo. Alfonsín presidente. A luglio la magistratura ordina l'arresto di Massera, accusato di aver ucciso, d urante una crociera sul suo yacht, l'imprenditore Fernando Branca, marito di una sua amante. A settembre la Giunta proclama un'autoamnistia per tutti i militari accusati di aver violato i diritti umani. A ottobre il capo del partito radical e, Raúl Alfonsín, vince le elezioni con il 52% dei voti. È la prima sconfitta del pero nismo in un'elezione senza brogli. Il 10 dicembre riceve l'incarico. Il nuovo Pa rlamento dichiara nullo il decreto di amnistia. Alfonsín nomina una commissione pr esidenziale di personalità illustri per far luce sulla violazione dei diritti uman i e sollecita i tribunali affinchè Videla, Massera e gli altri leader della guerra sporca vengano processati. 1984 - Indagini sui desaparecidos. Su richiesta del Governo nazionale che invoca l'autoepurazione nelle Forze Armat e, il Consiglio superiore ordina l'arresto dei tre comandanti in capo al potere

nel 1976. La commissione nazionale per i desaparecidos presieduta dallo scrittor e Ernesto Sàbato consegna la sua relazione finale al presidente. Nella relazione s i prova che i diritti umani sono stati calpestati in modo organico a opera delle istituzioni e che i desaparecidos, dopo essere stati torturati, sono stati gett ati nel fiume o in mare. Certifica novemila casi di cui è in grado di fornire nome e cognome, ma ipotizza una cifra reale più elevata. In una risposta di autodifesa , il Consiglio superiore dell'Esercito dichiara che gli ordini emanati dagli ex comandanti erano impeccabili. La Corte federale ritira la causa e manda avanti i l processo che viene esteso anche alle altre due Giunte militari successive. In tutto vengono processati nove ex comandanti, tre dei quali erano stati anche pre sidenti de facto. 142 1985 - LC prime condanne. Tra aprile e settembre la Corte federale ascolta per dodici ore al giorno le tes timonianze di sopravvissuti ai campi di concentra-rnento clandestini e di espone nti di rilievo, nazionali e internazionali. Il 9 dicembre condanna Videla e Mass era all'ergastolo per omicidio pluriaggravato, privazione illegale della libertà, torture e furto; l'ex generale Roberto Viola viene condannato a 17 anni di prigi one per privazione illegale di libertà, tortura e "furto; l'ex ammiraglio Armando Lambruschini a 8 anni di prigione per privazione illegale di libertà e tortura; e l'ex brigadiere Ramón Agosti a 4 anni e 6 mesi di prigione per tortura e furto in tutti i casi in forma reiterata. Viene inoltre comminata la destituzione dalle c ariche ricoperte. La sentenza descrive il piano "criminale" adottato dagli ex co mandanti: "catturare i sospetti, tenerli prigionieri clandestinamente in condizi oni di vita disumane, sottoporli a tortura con l'intento di ottenere informazion i per poi, infine, consegnarli alla magistratura o all'esecutivo, o invece elimi narli físicamente". Stabilisce anche che deve essere accertata la responsabilità deg li esecutori materiali e che l'obbedienza agli ordini non assolve gli autori di crimini aberranti. 1986 - ta legge del Punto finale. La Corte suprema di giustizia ratifica queste condanne benché riduca la pena di Vi ola alò anni e 6 mesi e di Agosti a 3 anni e 9 mesi di reclusione. La stessa Corte federale condanna a 25 e 14 anni di prigione gli ex capi della polizia di Bueno s Aires, il colonnello Ramón Camps e il generale Pablo Ovidio Riccheri; a 23 l'ex vicecapo, commissario Miguel Osvaldo Etchecolatz; a 6 il medico Jorge Borges e a 4 il caporale Norberto Cozzani. In questo modo tutta la piramide repressiva vie ne investita: dai capi militari di grado più elevato fino all'ultimo poliziotto e ai suoi collaboratori civili. Lo stesso tribunale si occupa del processo per ciò c he è accaduto alla Scuola di meccanica della Marina. Messo in allarme dalle riperc ussioni negli ambienti militari, Al-fonsin ottiene dal Parlamento la promulgazio ne della legge del Punto finale, secondo la quale ai giudici sono concessi 60 gi orni per decidere l'apertura di processi contro coloro che sono stati i> iplicat i nella violazione dei diritti umani. Dopo tale data tutte le cause si considera no cadute in prescrizione. 1987 - Reazioni dei militari, compromessi di Alfonsin. A febbraio, alla scadenza dei 60 giorni, le Corti federali non avevano processat o 30/40 militari, come si era augurato il Governo, ma quasi 400. La Corte della capitale, nel corso del processo all'Esina, ordina l'arresto di quattro ammiragl i in congedo e di una dozzina di ufficiali in servizio, tra cui Astiz e Fermas. Man mano che cominciano ad arrivare le citazioni a ufficiali processati in altri luoghi del paese, cresce la tensione negli ambienti militari. Il 15 aprile il t enente colonnello Ernesto Barreiro igno143 ra la citazione della Corte federale di Córdoba che lo invita a deporre in fase is truttoria con l'accusa di torture e omicidi aggravati. Il tenente colonnello Ald o Rico occupa la Scuola di fanteria della più importante guarnigione militare dell 'Argentina. Commandos ai suoi ordini, con le facce dipinte (carapintada) esigono che vengano interrotti i processi contro i loro camerati. "Non sono le complica

zioni delle leggi né le trappole giuridiche l'ambito naturale del soldato. Il sold ato è addestrato a mostrare i denti e a mordere. Combattere è la sua natura, il suo potere risiede nel monopolio della violenza," spiega il documento. Il presidente ordina la repressione degli insorti, ma le colonne militari impiegano giorni a percorrere qualche centinaio di chilometri. Di fronte al Parlamento Alfonsin ann uncia che nessun civile o militare può fare uso della forza per negoziare la propr ia situazione processuale e sancisce l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge . Davanti a migliaia di persone riunitesi nella Plaza de Mayo per protestare con tro la sommossa, promette di recarsi di persona nelle caserme per esigere la res a dei carapintada. Al ritorno li definisce "gli eroi della guerra delle Malvine" e chiede ai manifestanti di ritirarsi, affermando che "la casa ormai è in ordine" . Si congeda con uno sconcertante augurio di "Buona Pasqua". A luglio ottiene da l Parlamento l'approvazione della legge dell'Obbedienza dovuta, che esenta dalla colpevolezza chi ha torturato o ucciso eseguendo un ordine superiore. Restano i n prigione gli ex comandanti e un piccolo gruppo di generali, ex capi di corpo d 'armata e di zone di sicurezza. Tra i rilasciati vi sono Astiz e Pernias. 1988 - Le sommosse continuano. I carapintada sono protagonisti di altre due sommosse: la prima guidata da Rico e la seconda dal colonnello Mohamed Ali Sei-neldin, ex consigliere dell'uomo for te di Panamá, Manuel Noriega. Mohamed Ali Seineldín afferma di ricevere ordini dalla Vergine Maria. 1989 - Menem presidente. A gennaio un piccolo gruppo dello scomparso Esercito rivoluzionario del popolo ( Erp) occupa la caserma de La Tablada, dopo aver denunciato un patto tra carapint ada e peronismo per costringere Alfonsin a dimettersi. Gli organismi internazion ali di credito tagliano i finanziamenti all'Argentina, scatenando una crisi valu taria. A maggio viene eletto presidente il candidato peronista Carlos Menem. L'i perinflazione divora i salari e in diverse parti del paese i supermercati sono s accheggiati per procurarsi il cibo. Alfonsin si dimette e Menem riceve l'incaric o cinque mesi prima del previsto. A ottobre firma l'indulto per circa quattrocen to tra ufficiali e sottufficiali processati per le sommosse dei carapintada (tra costoro si trovano Rico e Seineldín), per i tre ex comandanti in capo condannati dai tribunali militari per la guerra delle Malvine (Falkland) e per una qua144 rantina di generali, ammiragli, colonnelli e capitani di vascello che erano in p rigione per violazione dei diritti umani. 1990 - Indulto per i condannati. A dicembre, 48 ore prima dell'arrivo di George Bush nel paese, Seineldin guida u na nuova sommossa che viene repressa con le armi dal vicecapo di Stato Maggiore dell'esercito, generale Martin Balza. Menem vuole fucilare i prigionieri, ma vie ne dissuaso dai suoi consiglieri.; Alcuni giorni dopo, firma l'indulto per gli e x comandanti condannati dalla magistratura e per i capi montoneros Mario Firmeni ch (condannato a 30 anni di prigione), Fernando Vaca Narvaja e Roberto Perdía, che si trovavano in esilio. 1995 - II capitano di corvetta Adolfo Scilingo confessa di aver partecipato alla guerra sporca, argomento di questo libro. 145 índice Pag. 11 21 21 26 31 53 61 66 66 11 Prefazione 1. La confessione Diciamo la verità Lode .alla tortura Una morte cristiana // paese delle ombre Come la realtà 2. La negazione La menzogna istituzionalizzata Boomerang

77 82 87 98 100 107 107 112 148 115 115 122 126 128 133 6.

La disinfezione Un umanista in divisa // giudizio degli uomini O tutti o nessuno Modus operandi 3. L'alienazione Whisky e pasticche Una questione di scarsa importanza

4. La catarsi Una pianura appiattita dalla morte Rompere il guscio Epilogo 5. Riferimenti Colpi di stato e violenza in Argentina. Cronologia

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