Arcadia

Published on February 2017 | Categories: Documents | Downloads: 53 | Comments: 0 | Views: 396
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Nel 1690 viene fondata a Roma da 14 scrittori l’Arcadia, accademia modellata sul mondo pastorale: i componenti, retti da un Custode generale, assumevano nomi pastorali (Titiro, Melibeo, Tirsi, ecc.) e denominavano il luogo delle loro riunioni Bosco Parrasio; insegna dell’Accademia era la siringa di Pan coronata di alloro e pino e protettore ne era Gesù Bambino. L’Arcadia era una regione della Grecia abitata da pastori che già aveva subito nella poesia una trasfigurazione mitica ed era diventata un luogo di armonia fra gli uomini e con la natura. Il richiamo era ad un mondo pastorale semplice, simbolicamente contrapposto al “teatro del mondo”, all’artificio dominante in epoca barocca. L’Arcadia segna un rinnovamento nella letteratura italiana a tutti i livelli in quanto, data la struttura fortemente gerarchizzata, data la sua attività editoriale, data la sua composizione sociale (clero, nobiltà, e professionisti) ebbe una grossa capacità di irradiamento in tutta Italia (infatti furono aperte sedi un po’ dovunque). I caratteri dell’Arcadia vennero specificati in molti scritti di teoria e critica letteraria. Il punto principale è la volontà di ripristinare, in antitesi con il cattivo gusto barocco, il «buon gusto», termine introdotto da Ludovico Antonio Muratori, esemplato sul Canzoniere di Petrarca e sui petrarchisti cinquecenteschi. La proposta era quella di un compromesso tra l’attività della fantasia (come produttrice di ‘immagini’) e il controllo razionale (ingegno), sottoposti entrambi al buon gusto che viene definito come «il conoscere ed il poter giudicare ciò che sia difettoso ed imperfetto o mediocre nelle scienze o nelle arti, per guardarsene, e ciò che sia il meglio e il perfetto per seguirlo a tutto potere». Il recupero della razionalità viene compromesso nella poesia arcadica dall’artificio: di fatto questa poesia fu il gioco galante di una società aristocratica. L’Arcadia impose una nuova misura linguistica e stilistica, che si risolveva nella semplificazione, nella ricerca di una maggiore nitidezza, nel rifiuto di un uso eccessivo della metafora, nella ricerca di un linguaggio più vicino alla quotidianità. Si ridussero al minimo la complicazione sintattica, l’uso dell’enjambement. Dal punto di vista tecnico le preferenze andarono alla lirica (cantabile, di facile comprensione, simmetrica), in particolare al sonetto ed alla canzonetta, con versi e strofe brevi, cantabili e spesso accompagnate da musica Marginale rispetto alla linea teorica dominante rimase quella di Gian Vincenzo Gravina (uscito dall’Accademia nel 1714), che concepiva la poesia come una forma di rivelazione e di insegnamento mitico che doveva ispirarsi al severo classicismo greco.

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