Motoit Magazine n 224

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Numero 224
09 Dicembre 2015

Nico Cereghini

Oggi Jarno Saarinen
avrebbe settant’anni

Periodico elettronico di informazione motociclistica

Proposte

Le cinque moto che
vorremmo tornassero

67 Pagine

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Prova

Husqvarna 701 Enduro.
La prima dual-sport
della nuova gestione

| PROVA CUSTOM |

MOTO GUZZI
CALIFORNIA 1400
TOURING SE
da Pag. 02 a Pag. 11

All’Interno

NEWS: Mercato a novembre volano le moto | MOTOGP: Bastianini “Gli ultimi due giri sono fondamentali”
SBK: Scassa “Da Laguna in poi la moto è cresciuta tantissimo” | Dakar: Barreda A caccia dell’eredità di Coma?

Moto Guzzi California 1400 Touring SE

PREGI

Estetica e finiture

DIFETTI

Funzionalità Cruise Control

Prezzo 20.690 €

PROVA CUSTOM

MOTO GUZZI
CALIFORNIA 1400
TOURING SE
L’ultima arrivata nella gamma California, che
arricchisce ulteriormente l’allestimento Touring
di Francesco Paolillo

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Prove

Media

È

l’ultima arrivata nella gamma
California, che così arriva a contare cinque versioni differenti
(Touring, Touring SE, Custom,
Eldorado e Audace), e che - ormai possiamo dirlo con ragionevole certezza - si amplierà ulteriormente con la
bagger derivata dalla coraggiosa concept MGX21 ammirata al Salone di Milano dello scorso
anno. La California 1400 Touring SE si presenta
con un allestimento più ricco rispetto alla “semplice” Touring (di cui potete leggere qui la nostra
prova), dalla quale che pur fungendo da base di
partenza, si differenzia per le colorazioni bicolore in grigio, chiaro o scuro, e per le dotazioni votate a esaltarne ulteriormente le caratteristiche
di moto da turismo. Ecco allora una coppia di deflettori per l’aria che incrementano la protezione
4

per il guidatore, mentre il maniglione posteriore
con schienalino incrementa il comfort di viaggio
per il passeggero. A innalzare ulteriormente il
livello già eccellente delle finiture della cruiser
di Mandello ci pensano due nuovi foderi cromati per la forcella, rispetto a quelli in nero lucido
delle altre versioni. Questi cambiamenti portano
naturalmente a un leggero aumento di prezzo,
nell’ordine dei 500 euro, elevando il listino della
California Touring SE a 20.690 euro f.c., quotazione importante ma compensata da una dotazione sconosciuta alla concorrenza. Escludendo, infatti, gli accessori tipici delle cruiser come
le borse laterali, parabrezza e cruise control, la
California 1400 propone una dotazione elettronica da prima della classe, votata al comfort
di guida ma anche alla sicurezza. Il bicilindrico
da 1.380 cc è tenuto a bada da un controllo di
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Prove

trazione (MGTC) più unico che raro nella categoria, mentre la tecnologia Ride by Wire consente
di contare sulla possibilità di impostare tre differenti mappature del bicilindrico, (Pioggia, Turismo, Veloce) in base alle condizioni d’uso. Le
tre modalità si possono impostare in qualsiasi
momento semplicemente agendo su un pulsante posizionato sul blocchetto destro, e cambiano la personalità del bicilindrico di Mandello in
tempo reale. Quello che non cambia sulla California SE è la sensazione di qualità che si prova
guardandola e guidandola. Coricata su un fianco
come una matrona romana, la cruiser italiana si
fa ammirare per il mix equilibrato tra classicità e
innovazione, confezionato con cura, come dimostrano gli assemblaggi ben eseguiti con materiali
di pregio. Unico appunto, le cerniere delle borse laterali in bella vista, che di bello hanno ben
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Prove

Moto Guzzi 1400 Touring SE 20.690 euro
Cilindrata 1.380 cc
Tempi 4
Cilindri 2
Raffreddamento ad aria/olio
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione monodisco
Potenza 96 cv - 71 kw - 6.500 rpm
Coppia 12 kgm - 120 nm - 2.750 rpm
Emissioni Euro 3
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 20,5 lt
ABS Sì
Pneumatico anteriore 130/70 R 18”
Pneumatico posteriore 200/60 R 16”
Peso a secco 322 Kg

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SCHEDA TECNICA

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Casco Givi
Giubbotto Spidi
Guanti Spidi
Scarpe TCX

poco. La qualità, percepita nel guardarla e nel
toccarla viene esaltata ancor più guidandola. Qui
la California 1400 Touring SE non ha rivali, come
abbiamo più volte scritto e affermato provando
i modelli e le versioni della famiglia “California”,
dalla prima Custom fino alle più recenti Audace
ed Eldorado. La dinamica di guida di questa cruiser è un gradino sopra rispetto alla concorrenza,
con particolare considerazione per il comfort ma
anche per il piacere di guida, sia che si percorra
un lungo nastro d’asfalto, o un itinerario ricco di
curve. Nel primo caso ci si scontrerà solo con la
funzionalità del cruise control, che una volta impostato non permette di aumentare e diminuire
la velocità. Un piccolo neo che di certo non offusca l’immagine della cruiser di Mandello, che sa
farsi perdonare e che ci ha conquistati fin dalla
sua prima apparizione.
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Husqvarna 701 Enduro

PREGI

Ottime prestazioni e qualità generale

DIFETTI

Vibrazioni sul manubrio

Prezzo 9.280 €

PROVA OFF ROAD

HUSQVARNA
701 ENDURO
L’Husqvarna presenta la sua prima dual-sport della
nuova gestione. Il motore è un fenomeno
prestazionale, mentre il telaio la rende ideale sia sul
lento che nel veloce. Ottime le finiture, meno il
prezzo e le vibrazioni sull’asfalto
di Andrea Perfetti

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Prove

Media

N

ovembre 2015: se amate il
marchio Husqvarna, segnatevi questa data. La storica
industria motociclistica (fu
fondata a nel 1903) torna a
proporre moto stradali sotto
la gestione di KTM AG, che ha rilevato la proprietà da BMW nel 2013. Arriveranno infatti presso i concessionari nel mese di dicembre le due
novità che stiamo provando, le 701 Supermoto
e 701 Enduro. Sono moto di nicchia, è prevista
una produzione annuale di 4.000 pezzi circa. Ma
segnano un percorso ben preciso, che nel giro di
circa cinque anni porterà la Casa austro-svedese
a ricoprire un ruolo di primo piano nel mercato
europeo delle due ruote. Le ambizioni dei manager Husqvarna sono toste, il target è diventare il
terzo player del Vecchio Continente (alle spalle
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di KTM e BMW quindi). La gamma 701 è il primo
tassello, ma non dimentichiamo le concept 401
Vitpilen e 401 Svartpilen viste nel 2014 a Eicma.
Le indiscrezioni le danno in arrivo nel 2016, ma
crediamo che Husqvarna possa riservare altre
sorprese anche al vicino salone di Milano. Le
Husqvarna 701 non ci devono sorprendere, la
Casa ha un passato prestigioso nella velocità,
che la vide protagonista nelle corse degli anni
trenta anche al celebre Tourist Trophy sull’Isola
di Man. Nel secondo dopo guerra estese il suo interesse alle gare di fuoristrada; qui presentò modelli innovativi, pensiamo ad esempio alla 501 del
1983, una moto a quattro tempi leggera e moderna, antesignana delle moto che ancora oggi
riscuotono ampi consensi in questo segmento.
Il 2015 incorona la gestione della nuova proprietà (KTM AG), perché al di là di ogni polemica

seguita alla cessione del marchio da parte di
BMW, parlano i fatti. E questi ci dicono che nel
2014 sono state vendute oltre 16.300 Husqvarna nel mondo. Si tratta del record nei 113 anni di
storia del brand, segno evidente che in Austria
stanno lavorando molto bene. Le Husqvarna 701
Supermoto e Enduro costano rispettivamente 9.540 e 9.280 euro franco concessionario e
sono omologate per il trasporto del passeggero.
Grazie alla mappa del motore specifica A2, con
potenza di 30 kW, la 701 ENDURO può essere
guidata dai possessori di patente A2.

Motore mono strapotente e
poco peso

E’ questa la ricetta delle 701. Il loro motore monocilindrico 4 tempi di 690 cc sviluppa 67 cavalli
e pesa solo 43 kg. Già questi numeri vi ricordano

qualcosa, vero? Le nuove Husqvarna condividono infatti la piattaforma di telaio e di motore
delle KTM 690 Enduro e SMC. Rispetto a queste
cambiano diversi dettagli. In primis, com’è ovvio, l’estetica, che non si limita certo alla livrea
e agli adesivi. Sono inedite tutte le plastiche e i
fanali (quello posteriore è a led e ha una foggia
quadrata davvero minimal). Lo scarico è dedicato e la sella dà un’ergonomia parecchio diversa.
Prima di tutto è gigantesca e va dal tappo del
serbatoio (posteriore, da 13 litri) sino ai fianchi
del radiatore. E poi ha una consistenza favolosa,
è morbida senza essere cedevole e filtra le vibrazioni in modo lodevole. Il mono 690 (102x84
mm) dispone di 67 cavalli a 7.500 giri e di una
coppia pari a 67 Nm a 6.000. L’acceleratore ha il
comando ride by wire, che governa l’iniettore da
46 mm della Keihin. Il pilota può selezionare le
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Husqvarna 701 Enduro e
Supermoto: cosa c’è di diverso?

Le due versioni hanno in comune il motore, il
telaio e le sovrastrutture. Sono diverse le ruote
e le sospensioni. La Enduro impiega cerchi neri
DID (con camera d’aria) a raggi da 21 e 18 pollici,
con pneumatici Continental TKC 80 (90/90-21
davanti e 140/80-18 dietro). L’impianto Brembo
conta su una pinza flottante a doppio pistoncino
per il disco wave flottante da 300 mm anteriore
e una pinza fissa a pistoncino singolo per il disco
da 240 mm posteriore. La 701 Enduro riceve da
WP la forcella a steli rovesciati a cartuccia chiusa, denominata 4CS. È dotata di quattro camere
separate ed è specifica per questo modello. Al
pari del mono-ammortizzatore dotato di leveraggio, ha 275 mm di escursione, un valore vicino a quello delle moto da enduro destinate alle
gare. Le piastre della forcella sono lavorate CNC

tre mappe (standard, soft e advanced), agendo
sullo spinotto posto sotto la sella. Come anticipato, la benzina è contenuta nel telaio posteriore
in materiale plastico, che ha una funzione portante. L’airbox si trova quindi sopra il motore, in
una zona riparata e pulita. Il motore LC4 dispone
del contralbero antivibrazioni nel basamento.
Non si tratta quindi del monocilindrico destinato
alla KTM 690 Duke 2016, che infatti non sarà impiegato neanche sulle altre 690 (Enduro e SMC)
del costruttore austriaco. I tagliandi sono previsti ogni 10.000 km. Per la versione Enduro arriveranno presto un cupolino alto e un serbatoio
aggiuntivo anteriore da 7 litri, che faranno di lei
una piccola advnture adatta alle piste desertiche
del Nord Africa. Il cambio ha sei rapporti e la frizione con comando idraulico Magura è dotata di
antisaltellamento APTC.
16

Prove

e anodizzate nere. Il manubrio è fissato su riser
con tamponi in gomma sia su Supermoto che
Enduro, ma lo smorzamento delle vibrazioni –
come vedremo – è molto diverso tra le due. La
701 Supermoto ha una forcella WP a steli rovesciati con 215 mm di escursione e prevede le regolazioni di compressione e ritorno separate sui
due foderi.
Il mono-ammortizzatore WP 4618 regala un’escursione alla ruota posteriore di 250 mm ed è
anch’esso completamente regolabile. Le ruote
Giant a raggi tubeless, anodizzate nere, misurano 17 pollici e impiegano pneumatici Continental ContiAttack Supermoto (120/70 e 160/60
all’anteriore e al posteriore). La Supermoto ha
un impianto Brembo dedicato; la pinza radiale
ha 4 pistoncini, che azzannano il disco flottante
da 320 mm, mentre dietro c’è un disco flottante
da 240.

Telaio a traliccio e sospensioni
da corsa

Le Husqvarna 701 sono moto destinate all’utilizzo stradale, ma sanno anche divertire in pista (la Supermoto) e in fuoristrada, persino se
impegnativo (la Enduro). Per farlo sono state
equipaggiate dalla nascita con un solido telaio in
acciaio al cromo-molibdeno e con sospensioni
di grande qualità (interamente regolabili). Il fornitore è WP, marchio che appartiene al gruppo
KTM. Il telaio pesa 8,4 kg ed è vincolato al forcellone in alluminio che ferma l’ago della bilancia a
3,9 kg. Entrambe le versioni sono dotate di ABS
Bosch 9.1 MP, che prevede anche la funzione
Enduro e Supermoto, che lascia il sistema attivo
sull’anteriore e disattivo dietro. L’ABS è in ogni
caso anche disinseribile completamente.
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Prove

un’erogazione esagerata. A parte qualche strappo ai bassi, ovvio per un mono di 690 cc, ai medi
ha una spinta regolare e possente che prosegue
con un allungo impetuoso fino a oltre 8.000 giri.
Anche tra le bicilindriche sono poche le moto
capaci di eguagliare queste prestazioni sui percorsi misti. Le gomme tassellate di primo equipaggiamento si comportano bene sull’asfalto
asciutto, mentre richiedono prudenza su quello
bagnato. La strumentazione è ridotta all’osso
e, visto l’impiego dual, ci sarebbe piaciuta una
unità più completa e dotata almeno del contagiri. In fuoristrada la 701 diverte un casino. Sui
percorsi rallistici va a nozze e procede sicura
anche a velocità paurose (oltre i cento orari per
capirci). Si guida bene in piedi, grazie ai convogliatori stretti, ed è fantastica da gestire col gas
in uscita dalle curve. La nuova Enduro va molto

La nostra prova su strada:
Husqvarna 701 Enduro

Ve le ricordate, le moto da enduro monocilindriche dei mitici anni 80 e 90? Ci facevi di tutto, ma
per davvero. Lavoro, scuola, gite e soprattutto
tanto sano divertimento a grufolare come maiali
nel fango. Erano buone sui sentieri delle nostre
montagne, ma spesso diventavamo macchine
da divertimento puro sulle dune di sabbia del vicino Nord Africa. Ecco, la Husqvarna 701 Enduro nasce con la medesima missione. Su strada
scorrazza senza problemi, è potente (67 cavalli) e leggerissima (145 kg). Ma consuma anche
poco (circa 20 km/l) e ha tagliandi da stradale
(ogni 10.000 km). Le premesse sono buone.
Non ci resta che metterla alla prova sui fantastici
percorsi del Portogallo, resi viscidi dalla pioggia
caduta nelle ore che hanno preceduto il nostro
18

test. La posizione in sella è comoda e molto simile a quella di una moto da enduro da competizione. C’è più spazio e la sella nuova (appositamente costruita in Canada per Husqvarna) è
molto confortevole. Si rivela un po’ scivolosa,
nonostante la zigrinatura, ma ha il pregio di assorbire tutte le vibrazioni indirizzate alle chiappe
di pilota e passeggero (in questo è nettamente
migliore rispetto alla sella montata sulla cugina KTM 690 Enduro). Le vibrazioni sono invece
ben presenti sulle pedane e soprattutto sul manubrio e disturbano nei trasferimenti stradali
con alte velocità di crociera. Con questa nota
ci lasciamo alle spalle i difetti e iniziamo a parlarvi dei pregi della 701 Enduro, che sono tanti.
Su strada la Husqvarna corre forte e frena sicura, grazie all’ABS. Il motore regala un grande
piacere, è sempre pronto in uscita di curva e ha
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Casco Acerbis
Maglia e pantaloni Acerbis
Guanti Acerbis
Stivali Acerbis

SCHEDA TECNICA

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Husqvarna 701 Enduro 9.280 euro
Cilindrata 690 cc
Tempi 4
Cilindri 1
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Potenza 67 cv - 49 kw - 7.000 rpm
Coppia 67 nm - 6.500 rpm
Emissioni Euro 3
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 13,5 lt
ABS Sì
Peso a secco 145 Kg

bene anche sui percorsi enduristici. Le sospensioni sono scorrevoli e non richiedono interventi
di sorta sulle regolazioni. Il serbatoio posteriore
aumenta la trazione e consente alla 701 di scalare sentieri dalle pendenze disumane; di contro, a
pieno carico, si avverte un po’ di inerzia da parte
della ruota posteriore nel rientrare dai traversi di
potenza (lo si avverte quando si guida al limite,
sfruttando la grande potenza del motore). La
701 è agile e, grazie alla erogazione dolcissima
del grande mono, si destreggia alla grande anche
nello stretto, dove risulta penalizzante soltanto
l’ampio raggio di sterzata. La frenata Enduro,
con ABS attivo sull’anteriore, è perfetta. Non
si avverte praticamente mai il suo intervento,
mentre il bloccaggio del freno posteriore regala
il tipico feeling enduristico. Con la Husqvarna
701 Enduro dimenticatevi pure furgone, carrello
e complicazioni varie. Con lei si parte da casa e
si comincia a esplorare. Se poi l’esplorazione vi
porta lontano, tanto meglio!
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Lo Scrambler Italia Independent è una declinazione in chiave café racer della 800, caratterizzata da diversi tocchi estetici e tecnici
che la valorizzano rispetto all’originale. Spicca
l’azzeccata finitura tutta nera opaca e bronzo
(la colorazione di cerchi e telaio è stata definita Night Copper) ma vanno notati anche il motore nero con lavorazioni a vista ed alettature
fresate che richiamano un po’ le raffinate lavorazioni di macchina della gamma alta Diavel, lo

News

scarico Termignoni nero opaco e il manubrio
basso con specchietti bar-end. Realizzata in soli
1.077 esemplari (con targhetta in alluminio numerata sul telaio) Scrambler Italia Independent
si riconosce anche dal logo Scrambler Ducati Italia Independent sulle guance del serbatoio e
sulla sella in pelle. Il nuovo Scrambler Italia Independent sarà disponibile a partire dalla primavera 2016 al prezzo di 11.977 euro franco concessionario.

DUCATI SCRAMBLER
ITALIA INDEPENDENT
di Edoardo Licciardello | Una nuova versione di Scrambler presentata
a Miami con una sinergia fra i due marchi italiani

A

rt Basel, prestigiosa mostra d’arte
contemporanea che si tiene ogni
anno a Miami è stata l’occasione per
la presentazione (nella cornice del
Setai Hotel) di un nuovo allestimento di Scrambler in serie limitata. Già annunciato in occasione
della Ducati World Premiere, il nuovo Scrambler
Italia Independent nasce da una collaborazione
24

fra i due marchi e si accompagna ad una collezione di occhiali da sole che ne riprende i temi e le
colorazioni. Saranno diverse le cooperazioni fra i
due brand nel corso di un accordo triennale che
vedrà Italia Independent (un brand di creatività e
stile fondato da Andrea Tessitore e Lapo Elkann)
e Ducati sviluppare diversi prodotti della collezione Scrambler.
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Guardando a quello che sta accadendo nel mercato automobilistico, dove peraltro le auto intestate a società e noleggi sono state una componente rilevante, novembre ha visto un +23%
nelle immatricolazioni e i primi undici mesi del
2015 toccare il +15,5% ritornando ai volumi del
2011.

Immatricolazioni
gennaio-novembre

MERCATO A NOVEMBRE
VOLANO LE MOTO (+33%), TOTALE A
+27%. LE TOP 100

I primi undici mesi del 2015 vedono il totale delle
immatricolazioni a 166.150 unità: +9,5% (nello stesso periodo del 2014 l’incremento si era
fermato a +1,2%), con le moto a quota 60.837
immatricolazioni (+14,7%) e con gli scooter in
attivo con un buon +6,6% e vendite complessive a 105.313 pezzi. Se si esclude marzo, tutti gli
altri mesi del 2015 hanno registrato vendite maggiori nei confronti dell’anno scorso. I ciclomotori
accusano invece ancora perdite a doppia cifra,
scendendo a 22.232 registrazioni in undici mesi
e vedendo il confronto anno su anno a -13,2%.

Mercato

La Top 100 Moto
gennaio-novembre

La classifica delle moto più vendute è la fotocopia di quella vista a ottobre fin quasi alla ventesima posizione, vuoi perché il numero delle
moto vendute a novembre è piccolo rispetto al
totale registrato in undici mesi, e vuoi perché il
mercato si è stabilizzato da alcuni mesi in relazione ad arrivi di novità a disponibilità presso la
rete. Da ricordare ancora una volta come le maxi
enduro/crossover siano le più vendute (sono
quattro nelle prime cinque posizioni), mentre le
prime dodici in classifica si dividono equamente fra questa categoria e le naked/classiche. La
Harley-Davidson 883 Iron, tredicesima, è la prima custom; la KTM Duke 125, diciassettesima,
è la prima ottavo di litro, le Ducati Hypermotard
(tre versioni) sono le prime rappresentanti della categoria derivazione supermotard (posizione numero 27), mentre la prima super sportiva
si conferma la Yamaha R1, con 478 unità vendute e la conquista del 30° posto in classifica.

di Maurizio Gissi | Novembre incide poco nel totale annuo, ma in ogni
caso l’aumento delle immatricolazioni rispetto al 2014 è stato
notevole. I primi 11 mesi sono positivi per moto e scooter del 9,5%.
Sempre in calo però i ciclomotori. GS 1200 resta prima fra le moto

N

ovembre conferma il trend positivo del mercato moto e scooter
oltre i 50 cc che prosegue ormai
dagli ultimi mesi dell’anno scorso.
Nel mese appena concluso le immatricolazioni
moto e scooter hanno raggiunto le 7.328 unità,
con un aumento pari a +27,3% rispetto a dodici
mesi prima. Le moto sono state 2.293 (ovvero
+33,5%), e gli scooter sono cresciuti del 24,7%
registrando 5.035 immatricolazioni. Sono calati
26

ancora i cinquantini, anche se con solo un -1,6%,
fermandosi a sole 1.198 unità vendute. Il mese
di novembre è uno dei meno influenti sul totale
dell’intero anno, pesa circa il 4%, in ogni caso
gli incrementi sono stati percentualmente molto
interessanti. Nello stesso mese del 2014 il mercato totale aveva perso il 5% (addirittura il 16%
se si teneva conto delle vendite Piaggio a Poste Italiane registrate a novembre 2013), con le
moto che erano invece aumentate di un +4,7%.
27

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Mercato

consueto predominio degli SH Honda, e il controllo delle prime 21 posizioni da parte di soltanto
tre costruttori (Honda, Piaggio, Kymco e Yamaha), spulciando la graduatoria si nota come Yamaha Tricity sia diventato il tre ruote più venduto (1.077 unità) spodestando Piaggio MP3 (603
unità comprese le vendite a Enjoy). Fra i maxi
scooter il TMax è sesto assoluto con oltre 4.000
pezzi contro i 631 BMW C Sport (37esimo) e i
566 Suzuki Burgman 650 (che è 43esimo). Da
rilevare come il BMW C Evolution (93esimo) sia
in assoluto il primo veicolo elettrico con 108 unità vendute fino a novembre. Come rileva Ancma,
l’analisi per cilindrata conferma l’importanza
degli scooter 125 con 37.517 vendite, pari al
+14,3%, mentre i 150-200 con 22.180 unità arretrano dell’1,2%. In leggera ripresa i 250 (+2,5%)
con 4.045 pezzi. Migliora anche l’altro segmento importante, quello dei 300-500, con 33.686
scooter pari al +5,2%. Infine i maxi scooter oltre
500 con 7.885 unità presentano un incremento
del +4,7%. Guarda tutte le classifiche

Passando ai dati forniti da Ancma, si nota come la
categoria più venduta sia quella delle oltre 1000
cc (18.519 unità e una crescita inferiore della media del mercato:+2,8%). Seguono le 800-1000
con 17.865 veicoli venduti e un impennata pari al
+39,4%. Le cilindrate intermedie tra 650 e 750,
con 11.084 unità hanno una crescita del +4,9%.
Il segmento delle 300-600, con 6.750 unità. ottiene un +7,8%. Le moto 150-250 con 2.025 vendite segnano un +3,7%. Interessante lo sviluppo
delle 125, con 4.594 unità vendute pari al +35%.
Il dato positivo è quindi constatare come in tutte
le fasce di cilindrata ci sia stato l’aumento delle
vendite Le naked rafforzano il primo posto con
23.541 pezzi e una forte crescita pari al +33,3%
(ma va sottolineato come la Tracer, seconda
in classifica, continui a essere erroneamente
28

classificata come naked...). Le enduro stradali
con 18.874 vendite (a cui andrebbero aggiunte
però le 2.600 Tracer) spuntano un +4,7%. Al
terzo posto le custom in leggero progresso con
6.030 moto e un +4%. Seguono le moto da turismo con 5.608 veicoli e un buon +21,2%. Anche
le sportive con 3.858 unità crescono del 18,7%.
Arretrano invece le supermotard con 1.962 moto
e una flessione del 22,3%.

La Top 100 Scooter gennaio-novembre

Anche per quanto riguarda il segmento scooter
non ci sono novità nella prime dieci posizioni
della classifica generale, da gennaio a ottobre, se si esclude la Vespa 300 GTS che perde
una posizione ed esce dalla top ten. A parte il
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scomparsi. Ma noi siamo appassionati, oltre che
addetti ai lavori. E visto che ognuno deve recitare
il proprio in questo gioco dei ruoli, da bravi appassionati per una volta ci vogliamo dimenticare
di tutte le considerazioni che nel corso degli anni
abbiamo avuto come risposta dalle figure aziendali sopra citate, e gridare a gran voce ad un po’
di case… perché non ci rifate quella moto? Se
ad un primo sguardo la lista potenziale sarebbe
lunghissima, in realtà abbiamo scoperto che non
è affatto facile trovare modelli che non abbiano
un corrispondente attuale. Almeno fra quelli che
sono stati apprezzati, s’intende, perché certe proposte non ebbero un seguito e a tuttora
non ce l’hanno per un semplice motivo: sono
piaciuti davvero a pochissimi. Tuttavia, come
al solito ci è toccato l’ingrato compito di una

Proposte

dolorosissima selezione, discussa e vagliata in
redazione, che ha lasciato fuori modelli di cui
sicuramente qualcuno aspetta ed invoca il ritorno da secoli, e che in qualche caso ha scelto un
modello per identificare un’intera categoria. Un
po’ perché qualche casa ha ascoltato gli appassionati e in qualche modo, magari rinunciando
all’evocatività del nome originario, ha di fatto
ricreato una versione moderna di quel modello,
un po’ perché qualcuno forse lo sta per fare, e un
po’ perché se no avremmo riprodotto pari pari i
cataloghi di qualche decennio fa. Perdonateci, e
venite a vedere cosa abbiamo scelto…

Aprilia Tuareg 125

E’ vero, i ragazzi le vogliono sportive, ma se
per avvicinare alla moto quelli che non sono

LE CINQUE MOTO
CHE VORREMMO TORNASSERO
di Edoardo Licciardello | Dimentichiamoci per un attimo analisi di
mercato, razionalizzazione dei costi e tanti anni di colloqui con gli
esperti delle case. E pensiamo a quelle moto che vorremmo riproposte

E’

u no dei grandi classici della nostalgia motociclistica. Il rimpianto
perché la tal casa o la talaltra ha
interrotto la produzione di un determinato modello. Nella mente di chi lo rimpiange, una riedizione moderna di quella certa moto
farebbe sicuramente furore, anche se spesso –
com’è nell’ordine delle cose – forse il successo
commerciale non sarebbe realmente scontato.
E’ facile fare da fuori, forti della competenza
dell’appassionato, il lavoro di responsabili dello
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sviluppo, direttori marketing e in generale “piani
alti” delle aziende moto. Purtroppo però la passione è solo uno dei tantissimi aspetti che determinano la fattibilità o la redditività di un modello.
Aspetti che spesso subiscono influenze di fattori esterni di cui non sempre ci si rende conto, a
meno – appunto – di non trovarsi nella stanza dei
bottoni di una delle Case costruttrici. Ci piaccia o
meno, se non fosse così sarebbe facilissimo avere successo mentre la storia, recente e passata,
è piena di marchi più o meno ingloriosamente
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non ai modelli speciali spinti dal boxer BMW. Che
giustamente, a tutt’oggi sono ricercatissimi (e
pagati a caro prezzo) dagli appassionati di tutto il
mondo perché dotati di soluzioni tecniche davvero avanti per l’epoca, e di estetiche tanto riuscite
da entrare per direttissima nella categoria delle
moto senza tempo. Pur ammirando tantissimo
la gamma BMW attuale, ci manca un po’ quella
follia che all’inizio del nuovo millennio ha dato
vita alle HP2. E’ vero, il mercato premia altri modelli e sta dando ragione senza se o ma grossomodo a tutte le proposte della gamma bavarese,
ma pur ammirando tantissimo le ultime novità a
due e quattro cilindri BMW, crediamo che ci sarebbe spazio anche per moto come quelle HP2.
In fondo il nuovo boxer raffreddato ad acqua è
ancora più prestante di prima, ci si potrebbero
tirare fuori potenze inesplorate da un bicilindrico
contrapposto di serie e la gamma di declinazioni
esplorabili è ben lungi dall’essere conclusa: vi immaginate, per esempio, una naked cattivissima
che porti ancora oltre i concetti della Concept

appassionati servissero “repliche” di quelle maxienduro e crossover che spopolano fra i loro padri? Sul finire degli anni 80, anche se le piccole
supersportive stavano crescendo con prepotenza, i sedicenni sognavano le enduro e più di tutte
quell’Aprilia Tuareg 125 che tanto ha contribuito
alla fortuna (sia in termini economici che in quelli
di percezione del marchio) della Casa di Noale.
La Tuareg, nata essenziale Dakariana e poi avvicinatasi con le successive versioni Wind alle
attuali crossover (per chi voleva fare fuoristrada
davvero c’era la specialistica Rally) ha insegnato a tanti sedicenni ad andare forte su asfalto e
sterrato, qualcuno ci ha fatto i suoi primi viaggi
e le vacanze, e probabilmente chi ha vissuto le
emozioni di quei modelli oggi è ancora motociclista. Oggi, è vero, le sportive sono le 125 che
vanno per la maggiore, ed essendo molto meno
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Proposte

Roadster con le potenzialità del nuovo motore?
Insomma dai, BMW, facci sognare di nuovo con
qualche giocattolo (costosissimo, lo sappiamo,
ma sognare è gratis…) che sappia trasmetterci
lo stesso senso di unicità e personalità di quelle
tre, folli, HP2 del decennio scorso.

Ducati 900SS

Non sono pochi gli appassionati ormai un po’
stufi di potenze francamente esagerate. Cavallerie non solo insensate (per quanto gratificanti,
lo ammettiamo) per l’uso stradale, ma che hanno ormai trasformato in kartodromi la maggior
parte dei circuiti quando ci si entra con una maxi
sportiva. Facendo finta di dimenticarci le condizioni in cui versa il mercato delle sportive medie
in Italia – ma nel resto del mondo la situazione non è molto diversa – viene da rimpiangere
quella Ducati 900SS che, soprattutto nella sua
versione di inizio anni 90, aveva coniugato in
una ricetta gustosissima pochi, semplici ingredienti dando vita ad un piatto il cui risultato era

estreme delle loro antesignane a due tempi degli anni 80 sono anche un po’ più versatili, permettendo… destinazioni d’uso non contemplate
dalle cattivissime “Sport Production” dei tempi
delle Tuareg. Ma sarebbe bello anche rivedere
quelle “enduro” di una volta, magari qualche sedicenne che sogna le maxi lo si avvicinerebbe…

BMW HP2

Alzi la mano chi si aspettava la prima HP2. Ma se
anche parlassimo di Megamoto, o HP2 Sport, il
discorso non cambierebbe: a parte qualche vanaglorioso bugiardo, pochissimi potrebbero in
tutta onestà sostenere di non essere rimasti a
bocca aperta davanti ai tre esperimenti bavaresi
usciti dal laboratorio HP. La stessa HP4, pur essendo un modello pazzesco, alla fine della fiera
era più vicina ad una “semplice” S1000RR che
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moto meravigliose. Abbiamo scelto la Suzuki
RGV come sua rappresentante perché è stata
quella di maggior successo, nel corso degli anni,
qui sul nostro mercato. Quando è nata, figlia della RG a cilindri paralleli, è entrata direttamente
nel gotha delle moto più desiderate dagli appassionati. Il “colpaccio” di produrla in livrea Pepsi
in contemporanea alla definitiva consacrazione
di Kevin Schwantz nel motomondiale ha forse
rappresentato una fortunata coincidenza, ma in
tutte le sue evoluzioni la Suzuki RGV-Gamma è
stata una delle sportivette più amate del mondo
e qui da noi. Leggera, cattiva, efficace in pista e
– pur se affilata – accessibile prestazionalmente da molti, è stata la nave scuola di tantissimi
motociclisti sportivi che passavano dalla 125
alle cubature superiori, ma anche una scelta di
downgrade consapevole per tanti che, stufi delle
superpotenze, cercavano una moto dalle prestazioni esilaranti su strada e in circuito. Farsi
sverniciare sui rettilinei era un sacrificio più che
decisamente migliore della somma delle sue
componenti. Tutti siamo allettati dalle proposte che escono dalle grandi cucine dei ristoranti
stellati, ma volete mettere quanta soddisfazione
possa dare un piatto di spaghetti alla carbonara
dove tutti gli ingredienti sono stati sapientemente calibrati e cucinati? La 900SS era così. Spinta
da quel bicilindrico con due valvole per cilindro
a comando desmodromico che aveva sostenuto
l’azienda per tutti gli anni 70 e gran parte degli
80, la SuperSport era leggera, spartana (sia pur
con diversi tocchi di classe quanto a finiture) e
con una ciclistica efficace. Stabile ma allo stesso
tempo maneggevole – perché i chili in meno si
sentivano – sul lento faceva sudare sette camicie
ai quattro cilindri e alle sorelle maggiori Desmoquattro perché saltava fuori dalle curve come
spinta da una fionda, e se ben messa a punto
anche in pista sapeva farsi valere. Invocare un
ritorno del due valvole è poco sensato, soprattutto oggi che Ducati si sta muovendo (giocoforza) in senso contrario. Ma pensiamo che un bel
34

Proposte

accettabile, paragonato al gusto di recuperare
decine di metri in staccata e percorrenza, sfruttando leggerezza e doti ciclistiche: dopotutto
la capacità del pilota non si misura “sul dritto”.
Avremmo potuto scegliere con un po’ di campanilismo l’Aprilia RS, che peraltro deve alla RGV la
sua base motoristica, ma la storia della Suzuki è
ben più lunga e – per certi aspetti – significativa. Immaginarsi un ritorno dei piccoli siluri a due
tempi è poco realistico, visti gli innegabili problemi di efficienza (e quindi di emissioni) di questo
tipo di motore. Allo stesso tempo siamo convinti
che con i necessari investimenti per applicare al
due tempi i più moderni ritrovati tecnologici in
tema di alimentazione e gestione elettronica il
quadro si farebbe sicuramente molto meno negativo. Il problema sta proprio lì, nella parola “investimenti”. Ma d’altra parte lo abbiamo detto in
apertura, no? Siamo appassionati, non dirigenti
di Case costruttrici…

motorino relativamente semplice come il 937cc
che spinge la famiglia Hyper starebbe benissimo
su una sportivetta leggera, semplice per quanto
possibile, accessibile prestazionalmente e tanto, tanto gustosa, che lasci alla futura Panigale
959 il compito di modello d’accesso alla gamma
Superbike ma si riveli bella da usare su strada e
magari anche sui circuiti più tortuosi. Magari con
sovrastrutture e livrea un po’ anni 80….

Suzuki RGV 250 Gamma

Il due tempi è stato lentamente ucciso. Dalla fine
degli anni 80, quando sono sparite le repliche
delle 500 da Gran Premio, fino all’eliminazione
della classe 125 nel motomondiale una manciata
di stagioni fa, il motore a luci e travasi è caduto
vittima di campagne ecologistiche (a volte demagogiche, altre volte figlie di pura convenienza economica per le Case costruttrici) che ne
hanno decretato la sparizione. Quale che sia il
motivo, fatto sta che questo genocidio tecnico
ha decretato la sparizione di una categoria di
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Malaguti Fifty Top

Il mitico tubone, che prendeva il nome dal semplicissimo ed efficace telaio/serbatoio a tubo.
Ma volete mettere cos’era il Fifty (ma anche tutti
i suoi mille cugini, nati come funghi con innumerevoli marchi negli anni 80) rispetto agli impersonali, seppur prestanti, scooterini che hanno
scritto la storia della mobilità adolescenziale del
decennio successivo? Intanto le marce, il fascino del padroneggiare la frizione e quel pedale,
semplice o a bilanciere, che faceva subito sentire
di una classe a parte, più moto che motorino, e
guardare con superiorità i monomarcia, massimo massimo con variatore, che al primo accenno di salita si piantavano ingloriosamente. I cinquantini a marce, di cui il Malaguti Fifty è stata la
declinazione più commercialmente fortunata in
tutte le versioni, hanno formato migliaia di motociclisti perché si guidavano un po’ come moto
vere. Freni a disco, cruscotti con tachimetro e
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contagiri, raffreddamenti a liquido – si scendeva
dal tubone pronti a salire sulla 125, specie perché era davvero facilissimo farli volare ben oltre
i limiti di legge.
Luca Cadalora si fece una reputazione ancora
prima di iniziare a correre facendo piangere tanta gente in sella a moto “vere” in discesa sulla
statale dell’Abetone, e tante aziende – qualcuna viva e vegeta anche oggi, qualcuna ormai
dimenticata – ha fatto fortuna vendendo gruppi
termici, carburatori e scarichi per i cinquantini a
marce spinti dai quattro (e sei) marce Minarelli
e Morini.
La categoria dei 50cc è agonizzante se non defunta, schiacciata soprattutto da costi assicurativi fuori controllo, da paure genitoriali e soprattutto da uno scarso interesse dei giovanissimi.
Siamo sicuri che mezzi come i vecchi tuboni,
economici e divertenti da guidare, non potrebbero dare una (piccola) scossa al sistema?
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Heinrich, in un apposito evento e di ricevere utilissime indicazioni sul design del nuovo modello
e sulle sue particolarità. Per BMW Motorrad Italia erano presenti Alberto Marazzini, product manager, e Andrea Ferrari, responsabile marketing,
che sono il tramite fra i tesisti e la filiale italiana
del marchio di Monaco in questa interessante
attività di collaborazione fra industria e formazione. Edgar Heinrich ha raccontato l’incredibile
storia del Marchio tedesco, nato con gli aerei e
divenuto poi un punto di riferimento nel mondo
delle moto e delle auto grazie ai motori sportivi e
a linee essenziali che hanno fatto tendenza negli
ultimi 50 anni. Il designer ha fatto una affascinante sintesi dell’evoluzione della moto in Europa. Negli anni 50 è stata uno strumento essenziale per la mobilità, in seguito il boom dell’auto
l’ha messa in secondo piano. Ma oggi le moto
tornano a essere grandi protagoniste nel design
e nella cultura; piacciono perché trasmettono
emozioni e passione. Edgar Heinrich ha poi spiegato la filosofia BMW applicata ai vari segmenti di

Iniziativa

mercato in cui è presente. Nel segmento Adventure al primo posto c’è la funzionalità, con stretti legami al mondo militare. Nello sport ci sono
i colori, il dinamismo. Nel roadster non c’è solo
la guidabilità o la funzione, è essenziale anche
un’immagine forte che faccia sognare.
C’è infine il segmento Heritage, nuovo per BMW:
la moto deve emozionare, ma deve anche essere
sicura, comoda e veloce come una moto di oggi.
Edgar Heinrich: «Facciamo moto che spesso vincono le comparative, ma questo non ci basta più.
Le nostre moto devono essere quelle che emozionano di più». Il grande designer sottolinea che
BMW in questi anni ha dominato le classifiche
di vendita e le comparative della stampa specializzata grazie alla teutonica perfezione della
sua gamma. In futuro la Casa di Monaco dovrà
puntare non solo sulla tecnica, ma sempre più
sullo stile per toccare il cuore degli appassionati.
A questa meravigliosa sfida parteciperanno ora
gli studenti dello IED di Milano: in bocca al lupo
ragazzi!

I TESISTI IED INCONTRANO
IL CAPO DESIGN BMW EDGAR HEINRICH
I tesisti dello IED di Milano sono al lavoro sulla nuova BMW G 310R.
Durante EICMA hanno avuto l’occasione di incontrare Edgar Heinrich,
che è a capo del design di BMW Motorrad, e di ricevere utili indicazioni
sullo sviluppo dei loro progetti

C

ome già sanno i lettori di Moto.it,
anche quest’anno stiamo seguendo
un gruppo di studenti dell’Istituto
Europeo di Design di Milano che discuteranno la loro tesi nel 2016. Gli studenti che
frequentano il terzo anno dei corsi di Product
Design e di Scenografia nella sede milanese dello
IED sono stati coinvolti da BMW Motorrad Italia
in un progetto di allestimento e di lancio dell’inedita G 310R. La nuova monocilindrica tedesca,
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dedicata a un pubblico per certi versi non tradizionalmente BMW, è stata presentata ufficialmente al pubblico durante la recente 73esima
edizione di EICMA. Nei padiglioni della Fiera
milanese, studenti e docenti, guidati da Giacomo Bertolazzi, coordinatore dei corsi di Product
Design, hanno avuto l’occasione di toccare con
mano la nuova moto e di salirci in sella. E soprattutto hanno avuto l’opportunità di incontrare il
responsabile del design di BMW Motorrad, Edgar
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marchio in crescita nel mondo underground del
motocross ed off road californiano. Da un’idea
nata per far smotazzare “quattro amici al bar”,
il DITD è diventato ormai un evento irrinunciabile
per le due ruote artigliate nel sud della California,
e attira centinaia di partecipanti suddivisi in una
miriade di categorie. Dal Vintage al Two Stroke,
dalla gara a coppie ai Mini, dalle donne fino ai Pro
veri e propri. Per l’occasione, il tracciato di Glen
Helen viene completamente ridisegnato, al punto che i tempi sul giro passano i 5 minuti (Taylor
Robert ha segnato sabato il tempo più veloce in
5’22”). Nel percorso viene inclusa tutta la pista
di motocross, più la pista interna normalmente
dedicata ad altri veicoli off-road e, come vedete
dalle foto, ci sono ulteriori aggiunte intriganti,
come ad esempio il tunnel (dove normalmente si
formano diversi ingorghi). Anche la procedura al
via è diversa, ovvero niente cancelletto, ma partenze in gruppo “old style” come nelle vecchie
gare nel deserto: mano della frizione sul casco
e marshall che controlla tutti prima che venga
data bandiera verde. Sebbene quando i piloti
scendono in pista l’aspettativa sia sempre quella

RIDE IN THE USA
IL “DAY IN THE DIRT”

On the road

di un buon piazzamento o magari una vittoria, al
“Day in the Dirt” l’atmosfera è moto rilassata e il
tema dominante è chiaramente il divertimento.
Ho potuto verificare di persona quando Weston
Peick si è dovuto fermare per un problema alla
sua Yamaha nella gara delle due tempi: Weston
è estremamente competitivo e normalmente
si sarebbe incazzato duro, ma a Glen Helen si è
messo a bordo pista e ha iniziato a coprire di terra gli avversari quando passavano, come farebbe
un bambino in spiaggia.
Per me la parte più bella, nonostante il freddo
pungente di prima mattina (è pur sempre un
deserto!) è stato rivedere in sella Rick Johnson
e Ron Lechien, due dei tre idoli assoluti della mia
gioventù (l’altro era Michele Rinaldi).
Ovviamente la pancetta ha assunto ormai un
ruolo prominente (in tutti i sensi) nella loro postura in sella e lo stile di guida non è più quello
di una volta, ma rivederli in pista è sempre bello.
Bello anche rivedere Troy Lee smanettare sulla
sua KTM numero 25, proprio come quando qualche anno fa si cimentava in qualche gara di AMA
Supermoto.

di Pietro Ambrosioni | Il “Day in the Dirt” è una vera e propria festa del
motocross, dove ogni anno partecipano centinaia di appassionati ad
ogni livello

L

o scorso weekend sono andato a fare
un giro al “Day In The Dirt” a Glen Helen, una manifestazione organizzata
da Kenny Alexander ed arrivata alla sua
18ma edizione. Sponsorizzato principalmente da
Red Bull e Troy Lee Designs, il “Day in the Dirt” è
una vera e propria festa del motocross, dove ogni
anno partecipano centinaia di appassionati ad
ogni livello. E quando dico ad OGNI livello intendo
proprio questo: sul tracciato di San Bernardino è
40

facile trovare calibri del livello di Weston Peick,
Josh Grant o Zach Osborne gareggiare e divertirsi spalla a spalla con vecchie leggende come Ron
Lechien o Ricky Johnson e semplici appassionati, di quelli che trovi a giare alla domenica sul
campetto dietro casa. Kenny Alexander, dicevo,
è l’ideatore e promotore dell’evento. Stuntman
molto apprezzato ad Hollywood (Iron Man, Fast
and Furious, The Matrix Reloaded) Kenny è anche il creatore e proprietario di Fasthouse, un
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NICO CEREGHINI
OGGI SAARINEN
FAREBBE
SETTANT’ANNI
Cosa farebbe Jarno in questi
giorni, e soprattutto dove
sarebbe arrivato se non fosse
morto a Monza nel maggio ’73?
Credo che avrebbe conquistato
almeno quattro titoli mondiali
e fatto poi una bella carriera in
Yamaha

Media

C

iao a tutti! Guardo i miei appunti e vedo che in
questi giorni,
per esattezza
l’11 dicembre,
uno dei più grandi piloti della
nostra storia avrebbe compiuto i settant’anni. Sarebbe
stata una gran festa, ne sono
sicuro: su Facebook avremmo
visto vecchie immagini e fotografie più recenti, una sotto
l’altra alla rinfusa, in mezzo
agli auguri e alle felicitazioni
di mezzo mondo. Purtroppo
Jarno Saarinen da un bel pezzo non è più tra noi. Dal 1973.
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E’ morto nel curvone di Monza
a maggio insieme a Pasolini,
Renzo aveva trentacinque anni
e Jarno non ancora ventotto.
Dove sarebbe arrivato il fortissimo pilota finlandese? Lui che
veniva dalle corse di speedway
sul ghiaccio, che guidava in
pista con manubri super spioventi, che andava così forte sul
bagnato, che faceva due giri di
prova con le Benelli 350 e 500
e batteva Agostini sul circuito
cittadino di Pesaro, che sapeva
conquistarti per la semplicità
con cui viveva e vinceva le corse. Si spostava con un furgone
VW insieme alla moglie Soili,

erano una coppia gioiosa, lui
lavorava personalmente sulle
due Yamaha che gli aveva affidato l’importatore Arwidson,
lei esponeva la tabella dal muretto box per le segnalazioni.
In Italia, Jarno trovava l’aiuto
puntuale e spontaneo di un
imolese, l’ex-pilota Domenico
Battilani; li vedevi trafficare
nei motori aperti senza scambiarsi una parola, Battilani non
parlava l’inglese e si capivano
benissimo lo stesso. Dove sarebbe arrivato Saarinen, che
in quel 1973 aveva le Yamaha
ufficiali e aveva già vinto tutte
e tre le gare della 250, e in 500

avrebbe fatto la stessa cosa
senza la rottura della catena
ad Hockenheim? Secondo alcune voci, il finlandese aveva
già progettato di ritirarsi dalle competizioni alla fine della
stagione successiva, 1974; per
accontentare Soili, per avere
dei bambini, ma anche per dedicarsi con tutte le sue energie
alla seconda delle sue passioni:
la progettazione dei motori. Lui
che fin da giovanissimo si era
dovuto occupare dell’impresa
di pompe funebri dei Saarinen a Turku, era riuscito tuttavia a laurearsi in ingegneria
meccanica nel 1970. Sarebbe
arrivato molto probabilmente
ai due titoli mondiali di quel
1973, Saarinen, 250 e 500. E
l’anno dopo avrebbe anche
potuto replicare la doppietta.
Mi piace pensare che oggi Jarno sarebbe un bel vecchietto,
che andrebbe ancora in moto
la domenica, che spesso occuperebbe un posto d’onore nel
box Yamaha in MotoGP dopo
una bella carriera con loro nel
reparto R&D, che sarebbe stato molto simpatico a Valentino
e a Cadalora. A Modena nella
primavera 1972 ero ai box della
vecchia pista con la Canon al
collo. Inviato di Motociclismo.
Jarno mi strizzò l’occhio: vai
all’uscita del tornante che ti
faccio vedere qualche bella impennata con la 250. Di fare le
foto me ne scordai, mai stato
bravo, era troppo bello vederlo
quasi verticale, raccolto nella
carenatura della sua Yamaha
Arwidson.

Editoriale

MI PIACE PENSARE CHE OGGI
JARNO SAREBBE UN BEL
VECCHIETTO, CHE ANDREBBE
ANCORA IN MOTO LA DOMENICA,
CHE SPESSO OCCUPEREBBE
UN POSTO D’ONORE NEL BOX
YAMAHA IN MOTOGP

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MotoGP

ENEA BASTIANINI
GLI ULTIMI DUE GIRI
SONO FONDAMENTALI
Il talento emergente della Moto3 si racconta ai microfoni di Moto.it
intervistato da Nico Cereghini

E

nea Bastianini, uno dei migliori rappresentanti della nuova scuola italiana nella Moto3, parla di sé a Nico Cereghini in occasione di EICMA. Di una
passione nata prestissimo – a soli 3 anni – e degli
esordi in gara, prima con le minimoto a livello nazionale ed europeo, poi il trofeo Honda NSF, la
Rookies Cup e il Mondiale Moto3. Il romagnolo
ci racconta anche della sua interpretazione delle gare di Moto3, del suo metodo di allenamento
e delle prospettive future, sempre con il Team
Gresini anche nel 2016, con uno sguardo anche
ai rivali che dovrà incontrare.
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Superbike

LORENZO SAVADORI
“VORREI LA SUPERBIKE!”
di Carlo Baldi | L’iridato STK racconta la sua stagione, delle rivincite
sull’anno precedente e delle sue aspirazioni di passaggio alla massima
categoria

L

orenzo Savadori, iridato 2015 nel
Campionato Superstock, si racconta
nello stand di Moto.it al microfono del
nostro inviato sui campi di gara Carlo
Baldi. Un titolo perso rocambolescamente nel
2014 ma conquistato d’autorità quest’anno,
che Lorenzo spera possa servirgli da passaporto per la Superbike, dove Savadori sta cercando
una sistemazione. Lorenzo riparla degli esordi in
125 prima nell’italiano e poi nel Mondiale, per poi
passare alle derivate di serie dove ha avuto i suoi
migliori successi.
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cosciente del fatto che da qui in poi dovrà fare sul
serio, per confrontarsi con un campionato mondiale che si preannuncia combattuto e molto difficile, soprattutto per un debuttante.
Parlaci del tuo primo test con il team Althea.
«Non conoscevo i tecnici del team, ma ci abbiamo messo poco a trovare un’intesa. Mi sono
sembrate subito delle ottime persone, oltre che
dei tecnici molto validi e quindi mi hanno messo
subito a mio agio. E’ stato un inizio ottimo, ma ho
già capito che dovrò imparare un po’ di italiano
(sorride)».
Sei in un team che è stato campione del mondo e in BMW credono molto in te. Una grande
opportunità, da non perdere.
«Quando ho saputo che sarei entrato a far parte
del team Althea ho toccato il cielo con un dito.
Quando vinsero il mondiale con Checa li guardavo in televisione e ora che posso lavorare con

Superbike

loro per me è come entrare in paradiso. Il team è
molto forte e so che la S 1000 RR migliorerà molto grazie al lavoro della mia squadra ed all’impegno della BMW. Quindi per quanto mi riguarda
so che non posso fare altro che dare sempre il
massimo e poi vedremo dove potremo arrivare».
Quale moto hai utilizzato nei test di Jerez?
«Ho utilizzato la moto con la quale ho vinto il titolo IDM, ma non vedo l’ora di salire sulla Superbike, quella con la quale disputerò il mondiale.
Sono convinto che sarà ancora più competitiva
e divertente da guidare».
I tuoi tempi sul giro nei test di Jerez sono stati molto buoni, addirittura a pochi decimi da
Sykes
«Il primo giorno ho lavorato con il mio team per
trovare un buon set up per la mia moto su quella
pista e solo nel finale del secondo giorno ho provato a spingere forte. Non ho montato le gomme

REITERBERGER
“VOGLIO DIVENTARE UNO
DEI TOP RIDER DELLA SBK”
di Carlo Baldi | Il giovane pilota tedesco dovrà dimostrare di meritare la
fiducia del team Althea e della BMW. E’ determinato, con le idee chiare e
le carte in regola per stupire, nonostante sia al debutto in SBK

M

arkus Reiterberger sta bruciando
le tappe e dopo aver vinto l’ultimo
campionato IDM (la Superbike tedesca) piegando piloti come Lanzi e Fores, il giovane pilota tedesco si appresta
a debuttare nel mondiale con la BMW del team
Althea. Pilota tedesco su moto tedesca, un binomio che fa sognare la casa di Monaco di Baviera
e tutti gli appassionati teutonici. Reiterberger ha
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solo ventuno anni e mentre la maggior parte dei
suoi coetanei corre in Stock 1000, lui dovrà invece dimostrare di meritarsi la fiducia della BMW e
del team Althea. Lo abbiamo incontrato a Monaco in occasione delle premiazioni del BMW Motorrad Race Trophy. A dispetto della sua giovane
età Markus ci è sembrato deciso, determinato e
con le idee molto chiare. Per nulla appagato dai
risultati conseguiti sino ad ora, ma pienamente
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Superbike

serenità, in un programma a più lungo respiro.
Per la prossima stagione non ho un obiettivo ben
definito da raggiungere. Ovviamente voglio dare
sempre il massimo di me stesso, inserirmi al
meglio nel mio team e nel mondiale e solo a fine
stagione potrò tirare le somme del mio lavoro.
Questo non vuol dire che per me il 2016 sarà solo
un anno di studio, ma so di avere ancora molto
da imparare e quindi non posso fare delle previsioni precise».
Anche il suo compagno di squadra Jordi Torres
la scorsa stagione diceva spesso che aveva molto da imparare e sappiamo poi cosa ha combinato nel suo primo anno in Superbike. Abbiamo
la netta impressione che anche Markus stupirà
molti. Soprattutto chi lo considera solo un “raccomandato” dalla BMW.

da qualifica, ma sono comunque riuscito a far
segnare un ottimo tempo che ha stupito anche
me».
Come ti sei trovato con Jordi Torres?
«Jordi è un bravo ragazzo, è un pilota molto veloce ed ha più esperienza di me in Superbike. Sono
certo che lavoreremo bene insieme per sviluppare al meglio la nostra moto. Saremo avversari in
pista, ma sono certo che nel box uniremo le forze
per rendere la nostra BMW sempre più competitiva».
Non hai paura di sentire troppa pressione addosso sia dalla BMW che dalla stampa tedesca
che dopo molti anni hanno finalmente un pilota tedesco in Superbike?
«Un pilota tedesco su di una moto tedesca. E’
una cosa che sta facendo molto rumore qui in
Germania. Per ora sono felice e sereno e non avverto nessuna particolare pressione. Mi aspetto
che aumenti quando inizierà il campionato, ma
50

sono certo di poterla gestire. E poi spero che i risultati mi aiutino a sopportarla meglio».
Farete dei test il 14 Dicembre a Vallelunga e
poi riprenderete a provare a Gennaio
«Sì abbiamo un nutrito programma di test perché la moto è completamente nuova per il mio
team, ma lo sarà anche per me. Io conosco bene
la S1000RR in versione IDM, ma la Superbike è
diversa, sia nel motore che nella ciclistica, soprattutto per quanto riguarda le sospensioni. Per
fortuna anche nel campionato tedesco utilizzavo
gomme Pirelli, comprese le morbide da qualifica
e questo renderà il mio lavoro un poco meno difficile».
Quali sono i tuoi obiettivi per la prossima stagione?
«Voglio arrivare in pochi anni ad essere uno dei
top rider della Superbike. Ho un contratto di due
anni con il team Althea e questo è molto importante perché mi da la possibilità di lavorare con
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Superbike

LUCA SCASSA
DA LAGUNA IN POI LA MOTO
È CRESCIUTA TANTISSIMO
di Carlo Baldi | Il tester e Team Representative della squadra
ufficiale Ducati SBK ci parla di presente e futuro

T

he Rocker, Luca Scassa, si racconta
ai microfoni di Moto.it in occasione
di EICMA 2015 con il nostro Carlo
Baldi. Tester, pilota e Team Representative per il Team Ducati Aruba Superbike,
il pilota aretino continuerà nei suoi ruoli anche
per il 2016. Anche l’anno prossimo Luca aiuterà
i piloti ufficiali Davies e Giugliano nello sviluppo
della moto, ma si toglierà qualche soddisfazione
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con partecipazioni da wild card, con cui spera
naturalmente di infilarsi fra gli ufficiali e magari
aiutare Chaz e Davide mettendosi dietro qualche
avversario. Luca racconta delle sue esperienze in gara nel 2015, delle condizioni fisiche e di
scelte di carriera in prospettiva 2017, ma anche
e soprattutto dell’evoluzione di cui si è resa protagonista la Ducati Panigale durante la stagione
appena conclusa.
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SIC DAY 2015.
EMOZIONI,
BENEFICENZA E
SPETTACOLO
IN PISTA

Sabato e domenica a Misano è andato in scena il Sic
Day 2015. Sul flat track protagonisti Dovizioso,
Chareyre, Pasini e Bagnaia
Foto Sal Alexander

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Dakar

JOAN BARREDA
A caccia dell’eredità di Coma?
No, della sua esperienza!
di Piero Batini | Punta di diamante del Honda Team HRC, alla sesta
Dakar, Barreda, sin dalle prime apparizioni indicato come l’”erede” di
Coma, non è mai riuscito, per vari motivi, nell’impresa. Questa potrebbe
essere la volta buona, e non solo perché Marc si è ritirato

T

rentadue anni, di Castellon. Joan
Barreda, da tre anni ufficiale Honda
Team HRC con il compito non facile
di… vincere, è sempre stato indicato
come il più probabile successore di Marc Coma.
Velocissimo, combattivo, irriducibile, tecnicamente bravissimo, tuttavia Barreda non è mai
riuscito a vincere una Dakar. Ha vinto molte
tappe, è stato in testa per lunghi giorni, per settimane, ma non è mai riuscito a concretizzare.
Mai in testa alla fine della corsa. Anche durante
la scorsa edizione le cose sono andate in questo modo. In testa fino a Uyuni, Barreda non è
riuscito lasciarsi alle spalle il Salar conservando
la leadership. Battere Coma non era facile per
nessuno, e la successione era rimandata, anno
dopo anno. Fino a oggi. A pochi mesi dall’abbandono di Marc il problema dell’avvicendamento è
reale, concreto. In onore alla sua ultima vittoria,
il numero 1 non è stato quest’anno assegnato,
ma lo sarà obbligatoriamente l’anno prossimo.
Più che una caccia a Coma, dunque, la Dakar di
quest’anno sarà una caccia alla sua eredità, non
solo agonistica e sportiva, ma mentale, strategica. I candidati non mancano, e Barreda è tra questi, ma l’operazione non è semplice, né automatica. Restano le incognite del rendimento, delle
circostanze che possono diventare imprevedibili, di una certa pressione psicologica che non
mancherà di gravare. Joan Barreda sembra aver
capito dove andare a cercare il Graal della Dakar!
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Joan, come vedi questa Dakar dei grandi cambiamenti improvvisi? Ci hai capito qualcosa?
«Mah, direi che l’Argentina ormai la conosciamo
bene, e la Bolivia abbastanza. Penso tuttavia che
potrà essere una Dakar un po’ diversa, soprattutto con l’arrivo di Marc come Direttore Sportivo di ASO. A spanne, vedo anche che la seconda
settimana di gara, quella con le tappe vicino alle
Ande, sarà sicuramente difficile. Conosco abbastanza Marc, e so che gli piace molto la navigazione, più tecnica e senza moltissime informazioni. Quindi è sicuro che quelle saranno tappe
nelle quali bisognerà stare molto calmi e attenti,
e prendere le decisioni corrette. Poi, io credo
che le due tappe che seguono la seconda tappa
Marathon potranno ancora fare una grande differenza, e che non sarà facile controllarsi a vicenda, con gli avversari, soprattutto con le partenze
scaglionate a tre minuti. In particolare, inoltre, ci
sarà da stare attenti nella tappa che Marc ha definito Super Fiambala. Sono certo che trovarsi in
mezzo magari a due macchine e un camion non
sarà una cosa facile».
Adesso che Marc ha appeso il casco al chiodo,
credi di essere tu il suo successore? Sei pronto
a raccoglierne la pesante eredità?
«Guarda, non direi che mi preoccupo dell’eredità di Marc Coma. Lui ha smesso, e io continuo con l’obiettivo di vincere la Dakar, come
ho fatto sino ad ora. Direi piuttosto che sono
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intenzionato a pianificare molto attentamente
la mia Dakar 2016. Come già avevo fatto anche
l’anno scorso, in effetti. Fino alla ottava tappa
tutto è andato secondo i nostri piani, poi è arrivata la tappa del Salar e tutto è andato a rotoli,
ma non penso per colpa nostra. È così. Dunque
anche quest’anno la mia priorità è quella di rimanere molto concentrato e di preoccuparmi solo
di quello che io posso controllare. Voglio fare
prima di tutto una gara senza errori, ben gestita
sotto il profilo delle risorse e delle strategie. Se ci
riesco sarò contento, come lo sono stato… fino a
quella ottava tappa. Dopo non ho più potuto fare
niente».
Hai preoccupazioni?
«No, non ne ho. Diciamo che metto molta attenzione al recupero e alla preparazione del fisico.
Voglio arrivare alla partenza della Dakar al 100%
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Dakar

voler vincere, che possono creare qualche equivoco. Non sempre questi due aspetti si sposano
felicemente. Vuoi essere rapido e vuoi vincere,
ma non sempre si vince spingendo troppo forte.
L’importante è vincere, non dimostrare che sei
in grado di farlo con le tue prestazioni, soprattutto in una gara lunga e complessa come la Dakar.
Questa è una cosa che ho ben chiara, ed è sicuro che i miei piani per la prossima Dakar rispecchieranno questo credo. Vedrai che i primi giorni
molti si spingeranno oltre e saranno velocissimi,
ma non è lì che qualcuno potrà fare la differenza. La differenza verrà da sola un po’ più avanti.
Meglio stare calmi, saper aspettare e prepararsi
meglio per i momenti più difficili che arriveranno
più avanti».

rapporto con i nuovi che arrivano, per quanto
veloci e preparati, io ho senz’altro una maggiore
esperienza. Credo che questo possa essere un
motivo di pressione, ma anche e soprattutto un
vantaggio. Io devo ritenerlo tale e metterlo tra le
mie risorse più preziose».

Sembri aver fatto tesoro dell’esperienza…
«Credo che sia innegabile. Soprattutto in

Io penso che lo farai. Tu cosa dici?
«Grazie della fiducia. Lo penso anch’io!»

Diventare un po’ come era Marc in pista?
«Questo l’ho sempre saputo. Per battere Marc
dovevi arrivare ad avere la sua forza, batterlo
sulla pista, sul suo terreno di gioco, non aspettare che lui commettesse un errore. Questo perché Marc di sicuro non sbagliava, mai. Direi che
in questo momento, più che la sua eredità, devo
fare tesoro del suo insegnamento, prendere da
lui la sua mentalità, il suo modo di correre.

della forma. Manca un mese al via, e penso di riuscirci senza particolari problemi o ansie».
Sicuro che sei il pilota più veloce del lotto dei
papabili, e sicuro anche che, se si vuole vincere la Dakar, mantenere la calma, controllarsi, è
un “must”. Come pensi di riuscire a contenerti,
a mantenere la calma per quindici giorni?
«Penso che bisogna lavorarci, ma anche che
contano molto l’esperienza e il fatto di conoscere bene, diciamo molto meglio, la Dakar. In passato ho forse esagerato un pelo, ma già l’anno
passato credo di essere riuscito a gestire molto
bene le risorse, le incognite e il temperamento.
Ho corso e spinto forte quando ce n’era l’opportunità, o la necessità, e amministrato quando era
più opportuno farlo invece di correre dei rischi
inutili. Ho capito una cosa importante. Ci sono
due aspetti dell’essere pilota, l’essere veloce e il
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RESPONSABILE SVILUPPO
EDITORIALE
Andrea Perfetti
CAPO REDATTORE
Edoardo Licciardello
REDAZIONE
Maurizio Gissi
Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Thomas Bressani
Aimone Dal Pozzo
Francesco Paolillo
COLLABORATORI
Nico Cereghini
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Piero Batini
Antonio Gola
Enrico De Vita
Ottorino Piccinato
Antonio Privitera
Alfonso Rago
Massimo Clarke
Marco Delmastro
Max Morri
Federico Iozzi

GRAFICA
Thomas Bressani
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Tutto il materiale contenuto in Moto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM
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vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM
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